Ewa Sonnenberg: poetessa di contrasti

Ewa Sonnenberg in una bella foto di Wojciech Małkowicz
Ewa Sonnenberg è poetessa e pianista. E’ nata a Ząbkowice di Slesia il 30 marzo 1967. Nel 1992 ha terminato l’Accademia Musicale a Wrocław e nel 1996 lo Studio Letterario-Artistico presso l’Istituto di Filologia Polacca dell’Università Jaghellonica di Cracovia. Ha debuttato nel 1995 con la raccolta L’azzardo, per la quale ha ricevuto il premio “Georg Trakl”, assegnato da una giuria presieduta dallo scrittore Maciej Słomczyński. Ha scritto nove raccolte di poesie, molte delle quali figurano in antologie polacche e straniere, e sono state tradotte in tedesco, francese, inglese, russo, svedese, sloveno, ungherese, serbo, macedone, e ora anche in italiano. Quest’anno è uscita una bella antologia, in cui è rappresentata tutta la creazione poetica di Ewa Sonnenberg. Nel suo lungo articolo inserito in questo volume, il suo curatore Marcin Czerwiński scrive: «Poetessa di contrasti…Usa il paradosso e l’ossimoro come tasti del pianoforte distanti tra loro, durante una esecuzione piena di tensioni tra gli accordi e la linea melodica principale, e questo paragone non è casuale, dal momento che la poetessa è pianista e spesso accompagna i suoi colleghi poeti».
Ewa Sonnenberg invece si rivolge così ai lettori della sua antologia: «Dedico questo mio ventennale lavoro letterario a quelli che mi hanno amato e grazie ai quali questo libro è nato. Alcuni sono stati come l’alba, altri come il tramonto; grazie a loro ho creduto in me stessa e nella forza della mia poesia. Ma verrà il momento in cui il sole tramonterà per sempre, e allora resteranno le poesie qui inserite e il nome sulla copertina…Forse è la mia ultima raccolta di poesie. Su ognuna di esse potrei scrivere un racconto: come è nata, perché, in quali circostanze. Tutte hanno infatti una propria storia, unica e irripetibile. Essa si lega alle persone che un tempo ho amato e agli incontri che possono verificarsi una volta nel corso di secoli. Ogni poesia contiene un messaggio su come disegnare una mappa della sensibilità e del sapere, come scorgere le cose oltre la portata della vita quotidiana. Paul Klee ha scritto: “L’arte non crea il mondo invisibile, l’arte rende visibile l’invisibile”».
Poesie di Ewa Sonnenberg tradotte da Paolo Statuti
La Gioconda
Al Louvre ha preso alloggio una peccatrice Un ventennale
banale curriculum sfiorato da un sorriso a pagamento
Una sgualdrina dai capelli lunghi e la permanente
con una triste stella nell’oroscopo A gambe larghe
sul proprio destino Nelle bordure dorate di auto
lussuose rispecchia la dissolutezza Il subdolo amore
Le sue labbra hanno attinto lo strano sapore dei baci
In questa stagione non sarà una puttana Cambierà il trucco
e il colore dei capelli Metterà ordine nel modo
di vivere e di pensare Pagherà i debiti
Spedirà qualche lettera arretrata Chiuderà la porta a chiave
Nel modello rinascimentale dell’abito tornerà nel paesaggio
Distante orizzonte dei sogni Come secoli or sono il silenzio
canticchierà l’aria preferita di Leonardo
Le innocenti guance di rosa colorirà la misteriosa
smorfia del Sorriso
primavera 1991
Il mondo spaccato in due
Un sorriso! La principessa che sotto la dinastia
delle rose volle nascere qui!
Vicente Aleixandre
Dunque di me c’era soltanto un po’? la musica e gli alberi
dunque è così il nostro primo stupore
Solo tanto per sapere ciò che ho perso e ottenuto?
ciò che è vicino ciò che è lontano?
I merli splendono tra le foglie
dunque è così questa estranea magia del presentimento?
E’ successo così all’improvviso
non ho avuto neanche il tempo di togliermi i guanti
Farabutta indossi l’abito di Maria Antonietta
e pantofole di raso con le punte acute come suono di cembalo
Se tu non portassi la testa così in alto
potresti notare
I frutteti maturi scoprono il décolletté
La fonte fiorisce senza inizio e senza fine
Scherzosi giochi sotto le dita
dov’è finito l’ombrello bianco?
Qui ci sono soltanto lucertole e rose
così di solito accade tra la terra e il cielo
Sii saggia peccato perdere tempo a scrivere
Il fuoco non inizia dopo una virgola ma prima di ogni parola
Dio pigro come i passeggi francesi ha dimenticato il tempo
Anche lui diplomaticamente socchiude gli occhi e salva le apparenze
Se fosse un ladro ti ruberebbe all’eternità
ma non ha abbastanza fantasia
Dunque è questo il trascorrere?
Dunque tanto meglio.
Perché avere l’eternità che appartiene a tutti
abbiamo la nostra tessuta finemente come merletti
c’è qualcosa di più piacevole del viziare la vita?
spezza finalmente un po’ di marzapane
Sciocca l’eleganza è l’eleganza
ma la strada per l’amore si dovrebbe scorciare
Anche il sangue azzurro è assai caldo
per raffreddarlo basta uno sguardo un po’ più lungo
Non dire niente la confessione alla luce del giorno perde il fascino
pensa che qualunque cosa accadrà sarà soltanto qui e ora
La musica e i giardini
dunque è così l’altra parte dell’esistenza?
Estate 1999
Il tram in fiamme
Non mi davo pensiero di alcun equipaggio.
Quando con i miei bardotti finirono gli strepiti,
I Fiumi mi lasciarono andare dove volessi.
Artur Rimbaud
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
la prima e l’ultima parola non appartengono a me
la diafana circolazione sanguigna della luce gira la ruota
il bambino corre dietro il crespigno i cardi gli scorpioni
inerme la pioggia nutrisce le ferite aperte e il verde
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
chi a chi porge la mano perché a che scopo a che prezzo
inspirazione espirazione specchio avanzi schegge
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
sporche guerre complotti vendette condanne
ricerca di soci di colpevoli di difensori di amici
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
colpite o venti l’altra guancia belli e minacciosi
l’esilio raggiunge lo zenit mette i sandali solari
perdere è essere primo davanti a tutti
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
unire associare intuire
una volta ancora amo
sia pure chi ha emesso per me la sentenza
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
crudele tu crudele cortigiana
sia pure un solo “ah” era gratis?
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
la realtà come ponte spezzato alzo le mani bene in alto
più in alto delle preghiere gotiche più in alto del cielo
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
la conoscenza ingrassa la pietra prima o poi
qualcuno la solleverà e getterà dalla nostra parte
colpo su colpo difficile essere se stessi al centro dell’attenzione
l’innocenza spensierata va alla strage
Non voglio sapere
non voglio supporre niente
dimostrare apprendere scoprire odiare
più agile dell’amore provo a ingannarlo
io tu – tu io sempre uno di noi deve essere imbroglione?
Non voglio sapere
non voglio sapere niente
se denominare sarebbe una cosa insopportabile
nella lamentela risonerà la nostalgia del meglio
il pianto è un sommesso battibecco tra verità e falsità
perfino col pensiero lo raccolgo da terra:
quando mi lasceranno i facchini della morte?
quando dimenticheranno il mio nome?
quando mi lasceranno gli anonimi cacciatori di pensieri?
Quando i traghettatori di ombre rinunceranno alla mia anima?
Non voglio sapere niente
l’aria fiuta il profumo preferito del grido
orribili crudeli belle vanno appaiate: la trattoria del puro dolore
della fame non si può ingannare la luce verso la quale si può andare
sempre andare
l’erba risuscitata non ricorda che è morta molte volte
Wrocław, dicembre 2000
Un giorno di sole nero
Tutto ciò che un tempo era evidente ora è soltanto difficile
conciliare ciò che è perso con la mancanza vedere chi è davvero
porto in me i vantaggi di un animale morso
parole in discordia tra loro subdoli suggerimenti
di tuttii i colori è rimasto solo quello
per il quale bisogna chinarsi e spezzarsi
guardare la terra da vicino
come una lamentela stretta ai ginocchi
aderisce così teneramente come ferita al corpo
per qualche secondo cessa lo scontro
del santo con il drago troppo bene si conoscono
perché uno voglia uccidere l’altro e di nuovo lottano
ripetono fino alla noia l’attimo del pericolo
vergognandosi di non poter vivere l’uno senza l’altro
ancora una volta invano mille volte lo stesso quadro
fisso su di te come lo sguardo di un cieco
e sempre restare
un vecchio non nato
Il viaggiatore
Se cerchi me è come se tu cercasssi te stessa
Sono più del mondo che riguarda la gente
Ciò che mi è nemico imita l’inafferrabile flusso della materia
Ciò che spiega la mia presenza risulta dalle visioni e forma i nostri gesti
A volte è un fiore su una strada nei campi che porta a parole in forma di radice
I tuoi capelli argentati sono come l’infanzia hanno i propri curriculum e
occhiate furtive
Parlano con l’oro della bocca su ripide cascate di stelle nelle braccia di ogni ora
I minuti e i nostri secondi sono il compimento dell’accesso nella singolarità di
ogni uomo
A volte sono un fiore come unione di colore e forma in cui è il significato
dell’esistere
Sorveglio i piedi quale distanza li separa da ogni passo la lega di corpo e terra
Sfuggo alla definizione con cui sono venuto al mondo per essere parte del
sapere
Tramite me dura l’insegnamento d’un maestro invisibile dallo sguardo occulto
Sono un viaggiatore un soprabito blu sulle spalle di chi cerca se stesso
Sono sempre tra per sorvegliare il tempo in cui il viaggio è un messaggero
Trasmetto l’esistenza della soglia affinché chi cerca trovi il successivo
passaggio nell’oltre
Invio una sfumatura di luce come figura in cui la distanza è avvicinamento
A volte sono un fiore contenuto in una chiave dal volto di molti fiori
Le definizioni sono soltanto l’inizio per trasformare l’infanzia nella successiva
infanzia
La maturità è umiliazione e rinvio a qualcuno diverso da me
Mi determino tramite un altro uomo e la sua lotta per il diritto di capire la mia
denominazione
Diseredata della vita
Sono un oggetto simbolico indipendente
Qualcuno sa cosa simboleggio?
Qualcuno un giorno pronuncerà il mio nome?
Qualcuno mi guarderà negli occhi?
Son un oggetto non identificato del futuro
Qualcuno ha sentito parlare di me?
Qualcuno mi localizzerà?
Non derivo da niente
Non ho niente
Sono oltre la materia e nella materia
Sono un’onda d’urto di massima potenza dall’esterno
Sono una combinazione di lettere e cifre
Le parole sono la mia propulsione
Le cifre mi penetrano con la luce delle stelle
Lontano e vicino è l’unica stessa opzione di soggiorno
Lo spazio si trasforma in tempo
Il tempo si trasforma in spazio
Sono un oggetto della bellezza
Qualcuno crede ancora nel bello?
Qualcuno crede ancora nel bene?
C’è qualcuno che dirà la verità?
Evito fortuite finzioni della gente
M’immedesimo in ogni loro passo
Volteggio come uccello di fuoco
Nel becco mi rombano le parole
Diseredata della vita
Gettano un’ombra su quelle passate e quelle future
Io sono un oggetto sessuale illusorio
Sono una donna?
Sono un uomo?
Il mio corpo – due torri distrutte che si chiamano
Amore e Libertà
Un tempo vi stavano migliaia di persone
Adesso non c’è nessuno
Il mio corpo è un veicolo in una nube bianca
Sono solitario come questo viaggio da – a
Sono più sessuale o pieno d’amore?
Wrocław, 06.11.2018
(C) by Paolo Statuti
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