La poetessa polacca Ewa Sonnenberg (v. nel mio blog alcune sue poesie nella mia versione) nell’autunno del 1999 si trovava a Parigi, usufruendo di una borsa di studio. In tale occasione ha cercato le tracce di Arthur Rimbaud (1854-1891) e di Paul Verlaine (1844-1896) in Rue de Buci, dove i due poeti avevano abitato. Seduta in un piccolo caffè di questa strada, ha scritto la poesia “Rue de Buci”, che ho tradotto ora in italiano. E’ un monologo poetico di Paul Verlaine, tornato a Parigi cento anni dopo. Questa poesia sarà inserita nella raccolta di prose poetiche di Ewa Sonnenberg dal titolo “Guida lirica dell’Europa”, che uscirà molto probabilmente l’anno prossimo. Sia questa mia traduzione anche un modesto omaggio a Verlaine, di cui quest’anno ricorre il centoventesimo anniversario della morte.
Rue de Buci
Questa strada un po’ pazza un po’ monella
vende ciò che ha di meglio
e il marciapiede ha un’unica soluzione
l’edificio tra Eden Park e il caffè Jade
l’ottico Moret in basso e la porta verde
da qui non ci si ritira
quasi dovessi vivere un’altra giovinezza
come se andassi dritto in te e tu non avessi nulla in contrario
infuriato con il cielo che tanto aveva promesso
e merdre ci prese per idioti
un autunno schifoso ma non m’importa
solo che fa freddo manca il calore dai polmoni come i tuoi
(spero che tu sia guarito da quella vecchia bronchite)
Rimb aspetto tutta la domenica ha dimenticato di santificarla
se la spassa col caffè del lato opposto
non servono più l’assenzio bevo una cioccolata calda
alzo la testa come allora: settembre 1871
lo stesso tentativo la stessa speranza
dal tuo lucernario una goccia di sole entra nelle pupille le aguzza
come al solito non sei in casa ti sei dimenticato?
di nuovo sei andato a peccare? tu infantile torturatore?
fa’ buon viso ancora non abbiamo iniziato il gioco
lascia le malate penne unisciti a me
al lucernario hai cambiato le tendine così candide che vergogna!
è mai possibile? ma perché? hai chiesto un prestito a Gavroche?
no preferiresti spenderli in vino
non sono potuto nemmeno salire
lasciare un biglietto sulla porta: tuo Verlaine!
nella fossa delle scale che ci turbava c’è una macchina elettronica
questa porcheria prima non c’era
come te la passi? qui ti rimpiangono più di tutti Judyta Szarlota
ricordano la tua geniale soglia unica nel suo genere
demolitore di buone maniere e di azioni del cuore
madame très Belle ha esposto i gerani è del tutto rincitrullita
comment allez – vous ca ca? chiede con la sua vocetta da soprano
come sempre di ottimo umore
muovi la tendina saprò che ci sono che vivi
quel sacro lucernario dal quale gettavi le mie mutande sporche
qui si vergognano della biancheria sporca ignorano la buona poesia
gettavi quegli stracci per imprigionarmi e trattenermi
che tempi!
una pioggia d’insulti bestemmie implorazioni e che gesti signorili
qui nessuno adesso fa così è in corso un grande lavaggio
un lavaggio meccanico di biancheria sporca e di cervelli
quel profanato lucernario da cui la prima volta chiamasti Paul!
lo sentii lo sento adesso ti cerco nella folla dei ragazzi
vanno e vengono come di solito accade
tu tutto indorato! nessuno di loro come te
guardo annoiato le donne brutte e avvizzite
sono tutte morte le belle prostitute con fantasia
sono rimaste solo quelle smunte malaticce o certe mascoline
le idiote ti falsificano
squallido freddo umido gli uomini conducono le loro donne
con la cinta dei pantaloni come col guinzaglio così buffi seri
intorno a me seduti per il pranzo domenicale
ma te lo immagini?
stendono bianche tovaglie parlano battendo le posate sul piatto
provo sollievo io triste poeta con una borsa di studio di Parigi
finalmente volevo farti visita una volta dopo cento anni
devi sapere assolutamente una cosa
la poesia è finita!
nel mio paese i poeti scrivono versi sui barbieri
nel mio paese i ragazzi siedono in silenzio davanti alla loro birra
allo stesso modo noiosi sia ubriachi che sobri
là dove sono io bisogna chiedere le parole più semplici
là dove sono io non se ne intendono ma sai
finiscono di scrivere i propri inizi e i sicuri insipidi finali
più di tutto il rimpianto della libertà è caduto dai grattacieli
sulla testa sul collo digrigna i denti rosicchia le unghie
cerco di passare il tempo nei musei e nelle sale d’aspetto
fuori aliti profumati provo nausea
da cosa mi sarai ridato?
mezzogiorno di tentazione dai capelli d’oro
velenosi campanili pungono l’aria
qualcuno ha visto Rimbaud?
un cane randagio stordito cerca il padrone tra i tavolini
timide nuvole atlantiche corrono in un cielo straniero
hanno il sapore del mare di Calais ah! poter tornare in Inghilterra!
mi sono rimaste solo due sigarette
una la fumerò una la lascerò per te
tu ed io è solo una questione nostra
e certamente litigheremmo ci azzufferemmo dormiremmo
arriverebbe la polizia l’ambulanza del pronto soccorso
l’opinione pubblica farebbe esercizi di lingue
il sole è geloso di noi fa i capricci e si appanna
come se tu dovessi apparire d’un tratto da dietro l’angolo
darmi la mano e allora questa strada di nuovo soltanto nostra
lanceremmo le bricconate e via di corsa nel rifugio-verso
lo tratteremo come la peggiore sgualdrina
bello e claudicante mi sorride
come se di noi sapesse tutto
e compatisse il vecchio grullo che aspetta la sua giovinezza
il pleure dans mon coeur com’ero così sono rimasto grullo
mi arrampico sulle rocciose rive delle dita
ma non ho ottenuto nessun gesto amichevole
l’ora successiva grida Arthur! mostrati finalmente
il tuo Paul di nuovo piange!
non ti addolcirò più con la mia glassa di ragazzo
fra breve le feste bisogna comprare qualcosa sia come sia passarle
presto è l’anno nuovo non si può così a bocca asciutta
da qualche parte là in alto dai serenità pesci vino carta
quanto più potrai Rimb insopportabile irritante
come al solito tu te ne infischi hai dimenticato l’incontro
sei fatto così
sono arrivati tutti i vecchi conoscenti chiedono di te
che facce faranno quando ci vedranno insieme
quei parnassiani fetenti Merat Chanal Perin Guerin Carjat
avresti un bel da fare! tu già sapevi come agire con loro
lo ammetto io non avevo mai tanto coraggio
Rimb le feste le vorrei bere bere bere senza sosta con te
sì soltanto tu ed io e nessun altro
piuttosto pii desideri per ragazze liceali
nessun limite sporcizia puzzo miseria
l’inchiostro allungato con l’alcol
un furbacchione americano sta fotografando il nostro edificio
la blasfema tana in cui mi sono preso i reumatismi
niente è diverso lo stesso numero slogato
uno per un buon inizio zero per essere umili
sulla nostra strada parcheggiano automobili e harley
un traffico simile ai nostri tempi non c’era
e quell’abbagliante negozio di vini
a pochi metri dal tuo portone
quasi fosse aperto in nostro onore
peccato che soltanto ora lo avremmo vicino
senza di te non si sa che fare nessuna idea per la vita
da quando ho perso le chiavi e il numero di telefono
ho abitato sulle strade arredando il loro freddo
ero tutto: rivelazione vate grafomane
rimatore provinciale beatnik underground
di una grande città e maestro di haiku
c’è un profumo di mughetti no non sono ubriaco
divertente sei tu? vicino o forse accanto a qualcun altro?
no non sono geloso sai che non lo sono mai stato
una ragazza vende orologi si avvicina
propone meccanismi dorati solo cento franchi di quei tempi
niente di simile mi posso permettere
ecco un artista della fine del XX secolo
il battello ebbro è affondato è finito contro la moderna torre di vetro
a Montparnasse le vocali sono sbiadite o sono preda dei daltonici
le interpretano a modo loro
perdona non potevo fare niente
scendi una buona volta si annuncia un buon inizio
ho tanti anni quanti ne avevo allora non farti pregare sono un ideale
non bevo non fumo ho voglia di donne e bevo il tè con lo zucchero
con te questo non mi succedeva
autunno 1999
(Versione di Paolo Statuti)