Archivio | gennaio, 2022

Konstantin Simonov (1915-1979): Aspettami ed io tornerò…

25 Gen

Il poeta e la fidanzata

Aspettami ed io tornerò… nella versione di Paolo Statuti

     Konstantin Simonov, poeta, romanziere e drammaturgo russo, scrisse questa struggente poesia nel 1941, quando era corrispondente in prima linea per il quotidiano Stella rossa. È dedicata alla sua fidanzata, l’attrice Valentina Serova ed è senz’altro la sua lirica più famosa. Fu pubblicata dalla Pravda nel febbraio del 1942, quando le forze naziste furono respinte da Mosca. I soldati la copiavano e la spedivano alle loro mogli e fidanzate. Simonov venne sommerso da migliaia di lettere; in una di queste un soldato gli scrisse: «Tutti conosciamo a memoria “Aspettami”, dice esattamente come ci sentiamo». Simonov è conosciuto principalmente per la sua creazione sulle sofferenze che la guerra provoca, sia agli uomini al fronte che alle loro famiglie. Il suo romanzo più noto è Giorni e notti (1944) che tratta dell’eroismo delle forze sovietiche durante l’assedio di Stalingrado. Vinse per sei volte il Premio nazionale di Poesia russa.

Aspettami ed io tornerò…

Aspettami ed io tornerò.

Aspettami con fermezza,

Quando una gialla pioggia

Ispirerà la tristezza,

Aspetta se la neve infuria,

Se l’afa ti toglie il fiato,

Se gli altri non si aspettano,

Dimenticando il passato.

Aspetta se da lontano

Uno scritto non arriverà

E se chi aspetta con te,

Di aspettare si stancherà.

Non augurare il bene

A colui che sa a memoria

Che aspettare è vano,

E di scordare è ormai ora.

Che mio figlio e mia madre

Credano ormai ben poco

Che io sia ancora vivo.

Se gli amici intorno al fuoco

Berranno l’amaro vino

Per l’anima mia, aspetta,

Di brindare insieme a loro

No, tu non avere fretta.

Aspettami ed io tornerò,

In barba alle morti, a ognuna,

E chi non mi aspettava più

Dica pure: – Che fortuna!

Chi non mi avrà aspettato

Non potrà mai capire,

In che modo la tua attesa

Non mi ha lasciato morire.

Come sono sopravvissuto,

Lo sapremo noi due soltanto, –

Perché hai saputo aspettare

Come nessun altro ha fatto.

1941

(C) by Paolo Statuti

Nikolaj Zinov’ev e Grigorij Khubulava

22 Gen

Due poeti russi viventi conosciuti per caso e da me tradotti

Nikolaj Zinov’ev (1960 – )

La poesia deve avere un senso occulto,

Perché ogni verso in essa sia pungente

E perché una donna con la secchia

Si rechi al pozzo serenamente.

Perché i versi siano senza tristezza,

E rattristino fino al pianto,

E perché ci siano alle spalle

La morte stessa e Cristo accanto.

Perché dèstino lamento e canto

E il fogliame che fruscia sulla via,

E perché ci sia in essi l’incapacità –

Quella che supera la maestria.

*  *  * 

Nella steppa, di polvere coperto,

Sedeva e piangeva un poveretto.

Passando di lì il Creatore

Si è fermato e poi gli ha detto:

“Io sono amico di poveri e umiliati,

Io proteggo la misera gente,

Io conosco molte magiche parole.

Io sono il tuo Dio Onnipotente.

A me affligge il tuo triste aspetto,

Da che pena ti posso liberare?”

E l’uomo disse: “Io sono russo”,

E Dio con lui prese a singhiozzare.

Grigorij Khubulava (1982 – )

*  *  *

Nel cuore dorme una scheggia di ghiaccio,

La neve scricchiola rumorosa,

Al crepuscolo da un granello di gelo

Sul vetro è nato un cristallo-rosa.

Sulle labbra i respiri si fermano,

Come vapore nel silenzio dissolti.

Vedi? Il cristallo arde e non si consuma

Nel fuoco solare dai mille volti.

E per nome ti chiama con voce

Che l’essere ha trafitto,

Eterno, solo, onnipresente

Chiaramente nella sua fiamma sentito.

Attraverso lo spazio, inondato di luce,

Il riflesso dell’alba si nasconde,

Tu tremi, finché in questo splendore

In te qualcosa ora si fonde.

Senti nell’aria azzurra e fredda

Una forestiera piccante calura,

Il mondo è colmo di un’eco antica:

«Seguimi, tu che non hai paura!»

*  *  *

Non ci sono salde promesse,

Rifugio non potrai trovare:

Né solide rocce o eterni edifici,

Dalla barca sull’acqua avanzare –

Dov’è più sicuro. Troppo facile

Tradire se il cuore è ignorato…

Io sono Cefas – Tuo fedele Apostolo

Che Ti ha rinnegato.

*  *  *

Listen to the hummingbird

Don’t listen to me…

Leonard Cohen

Ascolta il frullio di lievi ali

Quando il tramonto appare,

Il sospiro che ho scordato –

Loro, non me devi ascoltare.

Ascolta il flauto della libellula

Sul tuo giardino-orto,

Basso blu scuro di temporale,

A lui presta ascolto.

Che raccontino l’amore,

Ascolta con attenzione.

A che ti servono le mie parole? –

Imponderabile confusione.

(C) by Paolo Statuti

Il Requiem tedesco di Johannes Brahms

13 Gen

Ein Deutsches Requiem (Requiem tedesco)

di Johannes Brahms

   La più famosa musica funebre di tipo non liturgico è senza dubbio

il Requiem tedesco op. 45 di Johannes Brahms, completato nel 1868.

La morte della madre, nel febbraio del 1865, diede l’impulso decisivo

per la composizione. È sicuramente l’opera corale di Brahms più bella

e significativa. Per il testo il compositore si rifece alla traduzione di

Lutero dell’Antico e del Nuovo Testamento. Egli associò liberamente

le parti scelte: dall’esaltazione degli afflitti alle riflessioni sulla vanità

della vita terrena, alla consolazione della vita eterna che ci è stata

promessa, fino alla esaltazione dei morti nel Signore. La tromba non

chiama al Giudizio, ma annuncia la Resurrezione. Questo Requiem

che io chiamerei “dell’umanità”, anziché “tedesco”, non ha nulla di

funereo. È, al contrario, un meraviglioso inno alla speranza e un profondo

canto d’amore per Dio. Se dovesse capitarvi di essere depressi, sfiduciati,

tristi, ascoltate attentamente questa musica, seguendola con il testo che

ho preparato, servendomi della Bibbia edita dalla Libreria Editrice

Fiorentina, nella traduzione di Fulvio Nardoni. La numerazione del CD,

indicata a destra dei brani della Bibbia, coincide con la suddivisione fatta

da Brahms. Esistono molte belle esecuzioni. Io ho quella della New

Philarmonia Orchestra diretta da Lorin Maazel.

                               (Paolo Statuti)

Johannes Brahms – Requiem tedesco

Mt. 5,4          Beati gli afflitti, perché saranno consolati.          I   –   1

                                                                                                            (coro)      

Sal. 126,        Chi va, se ne va piangendo, portando

5-6                  il seme da gettare; chi torna, ritorna

                        cantando, portando i propri covoni.

1 Pt. 1, 24      Poiché ogni carne è come l’erba e la sua           II   –   2

                        gloria è tutta come il fiore dell’erba. Si               (coro)

                        secca l’erba e cade il fiore.

Gc. 5, 7         Siate dunque pazienti, o fratelli, fino alla

                       venuta del Signore. Osservate: il contadino

                       attende il frutto prezioso della terra, e con

                       pazienza aspetta, finché non abbia ricevuto

                       le piogge della prima stagione e quelle della

                       stagione più tarda.

1 Pt. 1, 24      Poiché ogni carne è come l’erba e la sua

                        gloria è tutta come il fiore dell’erba. Si

                        secca l’erba e cade il fiore. Ma la parola

                        del Signore dura in eterno.

Is. 35, 10        E coloro che sono stati liberati dal Signore            II   –   3

                        torneranno e verranno a Sion con canti

                        e con gioia indistruttibile sui loro volti; gioia

                        e letizia giungeranno, e fuggiranno dolore

                        e lamento.

Sal. 39,           Fammi conoscere la mia fine, Signore, e                III  –   4

5-8                  qual è il numero dei miei giorni, perché             (baritono

                        sappia quanto fragile io sono. Ecco, a palmo        e coro)

                        a palmo Tu mi hai dato i miei giorni e la mia

                        vita è come un niente davanti a Te. Sì, tutto

                        parvenza è ogni uomo che vive! Passa l’uomo

                        come un fantasma, parvenza è il suo agitarsi:

                        ammassa beni e non sa a chi toccheranno.

                        Ed ora che cosa aspetto io, Signore? La mia

                        speranza è in Te.

Sap. 3, 1         Le anime dei giusti sono in mano di Dio e              III  –  5

                        nessun tormento li tocca.

Sal. 84            Quanto son care le Tue dimore,                                IV  –  6

2-3, 5              o Signore delle Schiere!                                              (coro) 

                       Brama e langue l’anima mia

                       desiderando gli atri del Signore;

                       il mo cuore e le mie membra esultano

                       pensando a Iddio vivente.

                       Beati quelli che stanno nella Tua Casa!

                       di continuo Ti posson lodare.

Gv. 16,           Così anche voi siete nella tristezza; ma io                V  –  7

22-23             vi vedrò di nuovo e ne gioirà il vostro cuore         (soprano

                       e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia.       e coro)

Sir. 51,           Ecco, guardate: per breve tempo ho avuto

35                   fatica e lavoro, e ho trovato grande

                        consolazione.

Is. 66, 13        Come qualcuno viene consolato dalla madre,

                        così Io vi consolerò.

Eb. 13, 14       Non abbiamo infatti qui una stabile dimora,          VI  –  8

                         ma siamo in cerca di quella futura.                         (baritono

                                                                                                                  e coro)

1. Cor. 15,       Ecco che a voi dico un mistero: Tutti certo              VI  –  9

51-55               non saremo già morti, ma tutti saremo

                          trasformati, in un attimo, in un batter

                          d’occhio, al suono dell’ultima tromba.

                          Squillerà, infatti, la tromba e i morti

                          risorgeranno incorruttibili e noi saremo

                          trasformati… Allora avrà compimento la

                          parola che fu scritta: «La morte è stata

                          assorbita in vittoria. Dov’è, o morte, la tua

                          vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?»

Ap. 4, 11          Degno Tu sei, Signore e Dio nostro, di ricevere        VI  –  10

                          la gloria, l’onore e la potenza, perché Tu hai

                          creato tutte le cose e per la Tua volontà erano

                          e sono state create.

Ap. 14, 13        Beati i morti che fino ad ora son morti nel               VII  –  11

                          Signore! Sì, dice lo Spirito, affinché si riposino          (coro)

                          dalle loro fatiche, poiché le loro opere li

                          accompagnano.