Archivio | marzo, 2022

Preghiera di Paolo Statuti

25 Mar

Signore degli astri e dei cieli

dove regni sovrano

noi Ti preghiamo

scendi tra di noi

da’ un’occhiata in giro

c’è una tale confusione

l’uomo ha perso la ragione!

Banditi e terroristi

drogati e spacciatori

mafiosi e camorristi

ladri e sfruttatori

assassini e furfanti –

trasforma tutti in santi.

I grandi della Terra

si credono potenti

e campioni di saggezza

di’ loro che la giustizia

è verità e non furbizia.

In quanti focolari

c’è la fame più nera

e non è mai primavera

dagli il pane quotidiano

e nessuno possa dire

“meglio assai meglio morire”.

Ci sono gli arsenali –

le fornite dispense

per l’inferno della guerra

fanne un mare di concime

per i campi e di quattrini

per scuole ospedali e giardini.

E là dove si combatte

un miracolo compi:

muta granate e bombe

in fuochi d’artificio

in raffiche di fiori

e in tripudio di colori.

C’è tanta gente infine

che ha creduto nell’amore

e ormai non crede più

fagli capire o Signore

che l’amore esiste

ma fiorisce solo al calore.

Se tu farai questo per noi

Signore del Creato

sapremo che ci sei

e che ci hai salvato.

(C) by Paolo Statuti

Nikolaj Gumiljov (1886-1921): “Il tram che si è smarrito” tradotto da Paolo Statuti

22 Mar

    Oggi pubblico nella mia traduzione la poesia “Il tram che si è smarrito”, scritta da Nikolaj Gumiljov nel 1920, un anno prima della sua uccisione, perché accusato di attività antirivoluzionarie. È un’opera simbolica ricca di metafore. In essa il poeta affronta il tema della rivoluzione e della realtà post-rivoluzionaria, verso la quale aveva un atteggiamento di insoddisfazione e di timore. In tono elegiaco la poesia esprime i pensieri cupi dell’autore sulla sua epoca.

   Secondo gli studiosi, il tram indicherebbe il furore della rivoluzione, in cui il poeta si trova coinvolto a malincuore (non sa come sia saltato sul predellino). Egli implora il conducente di fermarsi, ma non è possibile arrestare la corsa sfrenata verso la stazione dove ora vendono teste morte. Sono le teste di chi ha cercato di “nuotare controcorrente”, e qui la poesia si fa profetica, prevedendo la morte del poeta un anno dopo. Mashenka è una metafora della Russia che Gumiljov considera defunta. Nelle ultime strofe egli esprime l’idea che la vera libertà arriva solo dopo la morte, quando una persona va in paradiso, “da dove la luce proviene”. L’opera si conclude con una dichiarazione d’amore rivolta alla Russia-Mashenka.

Il tram che si è smarrito

Camminavo in una strada sconosciuta

e a un tratto un corvo gridare ho udito,

e i suoni di un liuto, e tuoni lontani,

un tram davanti a me volava spedito.

Come di colpo saltai sul predellino,

fu per me un vero mistero,

nell’aria, benché in pieno giorno,

esso lasciava di fuoco un sentiero.

Correva come cupa tempesta,

nell’abisso dei tempi s’era perso…

Fermate, conduttore,

fermate la vettura, adesso.

Troppo tardi. Superato un muro,

un boschetto di palme passammo,

e attraverso la Nevà, il Nilo e la Senna

su tre ponti noi tonammo.

E balenò a un tratto al finestrino,

guardandoci con occhio insistente,

un vecchio pitocco, – di certo lo stesso

morto a Beirut l’anno precedente.

Dove sono? Così languido e turbato

il cuore battendo mi ha detto:

vedi la stazione, dove per l’India

dello Spirito puoi comprare il biglietto?

Un’insegna…le lettere insanguinate

dicono – verdure, – le ho vedute

ma invece di cavolo e navone,

ora teste morte sono vendute.

In camicia rossa, la faccia come poppa,

il boia anche a me tagliò la testa,

essa giaceva insieme alle altre,

sul fondo di una viscida cassetta.

E in un vicolo un recinto di legno,

una casa col tetto sconnesso…

Fermate, conducente,

fermate la vettura, adesso!

Mashenka, tu qui vivevi e cantavi,

per me, tuo sposo, una maglia hai ricamata,

dov’è ora la tua voce e il tuo corpo,

è mai possibile che tu sia spirata?!

Come gemevi tu nella tua stanza,

e all’Imperatrice io mi sono presentato

con una treccia incipriata

e non ti ho più incontrato.

Adesso ho capito: la nostra libertà

è solo da dove la luce proviene,

persone e ombre all’entrata dello zoo

dei pianeti stanno insieme.

E subito il vento è dolce e familiare,

e oltre il ponte in un guanto di acciaio

vola su di me la mano di un cavaliere

e due zoccoli del suo cavallo.

Come fedele fortezza dell’ortodossia,

Isacco nell’alto dei cieli è messo,

là celebrerò una funzione per la salute

di Mashenka e un requiem per me stesso.

Eppure per sempre il cuore è cupo,

Vivere duole, fatico a respirare…

Mashenka, non avrei mai creduto

di poter tanto soffrire e tanto amare.

1920

(C) by Paolo Statuti

Vladimir Orlov: “La casa sotto il tetto celeste” (Trad. Paolo Statuti)

11 Mar

“Cortigiani vil razza dannata…” (G. Verdi: Rigoletto)

Ecco come i poeti russi hanno a cuore la Pace e come possono dare a tutti una lezione di Amore!!!

Vladimir Orlov

La casa sotto il tetto celeste

Come un tetto sulla Terra –

la volta celeste.

E sotto il tetto –

fiumi, monti e foreste.

Oceani, navi,

fiori e radure.

Tutti i paesi e tutte le nazioni

e naturalmente noi due pure.

La nostra enorme casa-sfera

ruota nella celeste volta.

Sotto lo stesso tetto celeste

la nostra vita è raccolta.

La casa sotto il tetto celeste

è grande e vasta.

Per te, i vicini

e i proprietari essa basta.

Siamo responsabili

di uno stupendo bene.

Perché sul pianeta

tutto a te e a me appartiene:

i soffici fiocchi di neve,

le nubi e il torrente,

i sentieri e i fili d’erba

e l’acqua di una sorgente.

La casa ruota intorno al sole,

perché al caldo si possa stare,

perché ogni nostra finestra

esso possa soleggiare.

Per poter vivere nel mondo

senza minacce, senza improperi,

come buoni vicini di casa

o come amici veri.

 

 

 

 

Il’ja Eremburg: “Una bomba distrusse una casa…” tradotta da Paolo Statuti

9 Mar

Jl’ja Erenburg

* * *

Una bomba distrusse una casa come niente.

Fino all’alba ogni morto fu estratto.

Mentre il vento sollevava un drappo,

per un caso fortuito rimasto intatto.

Ai sogni iniziali tornarono le masserizie.

Irriconoscibile, causando apprensione,

alla luce del giorno, solenne e vago,

ci guardava un ozioso polverone.

Tutto intorno: un morto, frantumi di vetro,

cenere, pezzi di bronzo e ghisa perfino.

A un tratto vedemmo sopra un ripiano

un bicchiere con ancora un dito di vino…

Inutile dire che il porfido è resistente,

solo il verde dell’erba si salverà, lui solo,

quando tutti i secoli sono abbattuti

e le parole, come rondini, cadono al suolo!

1940

Valerij Brjusov (1873-1924) tradotto da Paolo Statuti

8 Mar

Pace ai morti!

Pace ai morti! Dormano sereni

Nel silenzio muto e tenebroso.

Su di noi splende il sole dorato,

Davanti – è in fiamme ogni maroso.

Pace ai morti! La cui memoria è sacra,

Ad ogni cuore saranno vicino.

Ma ancora fanno cenni, come un tempo,

Nel loro tenue fumo gridellino.

Pace ai morti! Essi sono arsi,

Le loro labbra un bacio ha bruciato.

Che anche noi allo stesso fine

Conduca pure un sogno insensato!

Pace ai morti! Ma non si levi

Davanti a noi l’ombra desolata!

Ciò che è stato non oscuri

Adesso l’ora infiammata!

Pace ai morti! Ma noi respiriamo,

Finché il sangue pulsa nel cuore,

Noi sentiamo i richiami della vita

E il tuo santo appello, o Amore!

Pace ai morti! anche per noi verranno

Gli ultimi istanti inesorabili,

Ma qui, finché ci resterà lo sguardo,

I nostri occhi cerchino occhi affabili!

(1914)

Il tramonto bussò alle rosse finestre…

Il tramonto bussò alle rosse finestre

E, come battendo sui tasti,

Intonò le sue arie appassionate;

E il vento con furia di violinista

Già melodie di pioggia scrosciante,

Battendo coi rami preparava.

La sinfonia di tristezza e oro,

Di fuochi e suoni un coro compatto,

Sembrava un altro istante divisa:

E il ritmo, in gara col cantante,

Un potente invisibile direttore

Con colpi di martello segnava.

Il flutto batteva negli anfratti,

Frangendo gli scogli, rozzo e ubriaco;

E tutto: i suoni dolci del tramonto,

Lo scintillio del vento, la fontana

Gorgogliante racconti di neve,

L’Oceano copriva con sordo bussare!

(C)by Paolo Statuti

Poesie russe per la pace tradotte da Paolo Statuti

6 Mar

(da: yandex, Стихи о мире)

Nel sito russo yandex ho trovato un ciclo di poesie dal titolo Стихи о мире (Poesie per la pace). Ho scelto e tradotto queste sei. Consideratelo una specie di bombardamento poetico sulle teste ottuse di coloro, ignari che anche i Russi amano la pace e sono contro la guerra. Spero cessi al più presto questa assurda e ingiustificata “caccia alle streghe e agli stregoni” russi, indice di stupidità e d’ignoranza. 

Terentij Travnik

Pro Pace

Non vi sembra sia ora di far pace,

O Slavi, di cessare tanto rancore?

Smettete di uccidervi a vicenda

E affidatevi a parole d’amore!

Anche non lottare è un’arte!

E chi mai ve la negherà?

Nelle menti giuste e sagge

Essa scorre e sempre scorrerà!

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Poeta sconosciuto

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Per l’amicizia, i sorrisi e gli incontri

In retaggio ricevemmo questo pianeta.

Ci hanno detto di custodire la pace

E di far sì che la Terra fosse lieta!

Non lasceremo che finisca in cenere

Ciò che tutti chiamano bellezza.

Che sia placido il cielo sulla Terra

E sia eterna dei bimbi l’allegrezza!!!

Ol’ga Maslova

Che regni la pace

Siamo stanchi di guerre e tormenti,

Muoiono soldati e bambini innocenti,

Geme la terra se scoppiano le granate,

E piangono le madri addolorate.

Si ha voglia di gridare: «Gente,

Fermate la guerra, vivete degnamente,

Muore la natura e muore il pianeta,

Chi mai tutto questo rallegra???»

La guerra è dolore, pianto, ecatombe,

Rose e tulipani sulle fraterne tombe.

Nel mondo in fiamme, coperto di brace,

Dove infuria la guerra, nessuno ha più pace.

Io vi scongiuro, a tutti è necessario,

Vinca l’amicizia, cessi ogni sparo,

Regni per sempre una pace radiosa,

Mai più la guerra, così triste e dolorosa!!!

Elena Shalamonova

Non ci serve la guerra-sciagura

Abbiamo soldati in famiglia:

Il bisnonno, il nonno e papà mio.

C’erano dei nonni in guerra,

Dai soldati andrò anch’io.

Ma non per combattere,

Basta guerre e ammazzati!

Io proteggerò il nostro mondo –

Viva il paese dei moderati!

Sulla terra fioriscano i giardini,

Che i bambini crescano sani,

Non ci serve la guerra-sciagura,

Ma la pace – a piene mani!

Natal’ja Najdenova

Che sia la pace

Che sia la pace senza il crepitio

Dei mitra e il rombo delle cannonate,

Che nessun fumo si levi in cielo,

Che il cielo sia come d’estate,

Che i bombardieri che lo solcano

Non volino contro qualche città,

E non muoiano paesi e persone…

La pace alla Terra sempre servirà!

Michail Pljazkovskij

Perché il sole sorrida

Che le guerre spariscano per sempre,

Perché i bambini della terra intera

Dormano sereni nel loro letti,

E per loro sia sempre primavera,

Perché il sole sorrida

Riflesso nelle finestre illuminate

A tutte le persone,

A me e a te!

(C) by Paolo Statuti

Cyprian Kamil Norwid: Il nostro epos, Il passato, L’oscurità

1 Mar

In aggiunta alle poesie di Norwid da me tradotte e pubblicate nel mio blog, propongo oggi la mia traduzione di queste altre tre poesie: Il nostro epos, Il passato, L’oscurità

Cyprian Kamil Norwid

               IL NOSTRO EPOS

                         1848

                             I

Dalle tue gesta a leggere ho imparato,

O cavaliere! – e a te leverò il mio canto.

Alto, le spalle rivolte al sole

Che, sulla corazza guizzando,

Indora la tua figura rattristata,

E gioca con la staffa abbandonata…

                             II

I tuoi tratti cantare non posso –

In molti hai riversato il tuo aspetto.

Ma il cuore? – anch’io sento l’ansia

Dell’eroismo…amico mio diletto!

Delle tue gesta l’ardore e lo zelo

Io ancora sento e ad essi ancora anelo.

                             III

Da bambino, sul foglio ingiallito

(Il suo colore non ho scordato)

Chino, con la testa tra le mani,

Oh! quanto etere ho aspirato

Dalla lettura, dal libro che leggevo!

E quando la candela si spegneva,

O qualcuno dei grandi chiamava,

Che tristezza intorno nasceva!

O quando solo poche righe ancora

Mancavano per la fine della storia!…

                              IV

Se ti amavo e se scrivo il vero,

Te lo dice la memoria che ho nutrita,

Io scrivo poco e poco pecco creando:

Scrivo e canto fedele alla mia vita…

                               V

Proprio così!… di nuovo mi stai davanti

Come allora, con la corrosa armatura,

E risvegli mestizia, che irrita come serpe,

Ah! Dulcinea – mia dolce creatura!

                               VI

Proprio così!…qui non vien da ridere, no! –

Forse a chi guarda, forse ai lettori,

Ma a noi? noi che con entrambe

Le mani lottiamo coi malfattori,

Liberando la principessa virtuosa –

Resta il dolore, l’afa e la strada tortuosa.

                               VII

E il riso? – poi nella storia – i posteri

Ridano pure di noi così limitati,

Mentre loro sono felici e immensi,

E puri e di splendore adornati…

                              VIII

E loro? – non traditi da nessuno,

In paradiso volano raggianti

Con le loro Beatrici – innamorati –

Con le corone e i preziosi manti,

Sorridono agli astri affabilmente,

E un Osanna! per loro si sente.

                               IX

Benedicili, o Signore.  .  .  .  .  .  .  .  .

                                X                         

                     …e noi – cavalieri erranti,

Senza scudieri, fascia rossa sul petto,

Per umidi boschi e boschi di querce,

Tiriamo da lontano il nostro carretto

Impigliato: in grate di ferro rugginoso,

In porte aperte come cannone furioso…

                                XI

Un giorno un branco di draghi si scalda

Su zolle e avvelenate radici;

Un altro un nano con uno sterpo

Stuzzica a un cavallo le narici;

Altrove una fanciulla invoca aiuto;

E altrove un grigio serpe biforcuto…

                                XII

Per così tanti sentieri io andavo

Con la grande lancia che spezza i rami,

Solo tu lo sai, o Don Chisciotte,

Tu che questo mio ricordo ami,

Perché la marmaglia dalle cento facce

Riderà indegna delle tue tracce!

                                XIII

E la mia Dulcinea – oh! cavaliere

Intrepido – la sua persona così amata

Non mi si è mai rivelata;

– A meno che brezze gentili e lievi

Il velo dal viso non scosteranno,

E un serto di stelle mostreranno

Sui capelli, o l’anello di opale,

O una scarpina che gioca con la ruta

In fiore, piccola, così piccola,

Come una conchiglia mai veduta…

                                XIV

È tutto!… gli uccelli spesso mi cantavano

Che già risvegliata e senza più malia,

Esce dalla torre in mezzo ai draghi;

Che regge una lampada, e i mostri,

Non sopportando la luce fuggono,

Sbattono le ali in antri desolati

E imprecano, gridano, ululano…

                                XV

E allora? – gli uccelli, posatisi

Sullo scudo o sul mio elmo cantano

Ciò che vogliono – ma lo spirito sa

Che mentono, la verità è soltanto

Per noi Don Chisciotti, noi gli eletti –

Contro draghi, veleni, e proietti.

                      L’OSCURITÀ

                                 I

Tu lamenti l’oscurità del mio linguaggio;

– Hai mai acceso una candela tu stesso?

O il tuo servo ti ha sempre portato

La luce?… – ascoltami allora adesso.

                                 II

Lo stoppino, acceso dalla scintilla, brucia

E riscalda la cera, che come sfera s’è alzata,

E al suo polo la fiamma a un tratto annega;

La sua luce si fa pallida – velata –

                                 III

Ora – pensi, ora si spegne, perché dal basso

Il fluido riscaldato ingoierà la luce –

Fede ci vuole – cenere e scintilla non bastano…

Hai avuto fede?… allora guarda come brucia!…

                                 IV

Così sono le mie parole, o bonuomo,

Ma tu neghi loro un briciolo di attenzione,

Prima che riscaldino la freddezza dell’epoca –

Lanciano in cielo una fiamma… in espiazione.

                        IL PASSATO

                                  1

Passato, morte e dolore non li ha creati Dio,

Ma chi la legge vuole stracciare,

E quindi vive nel timore

E, sentendo il male, vuole dimenticare!

                                  2

Ma non è come un bambino che sul carro

Grida: “Oh! la quercia dove

Corre?… corre nel bosco…”

– Mentre sta ferma ed è il carro che si muove.

                                   3

Il passato è anche l’oggi, anche se l’oggi lontano:

Dietro le ruote un villaggio vedrai,

Non qualcosa da qualche parte,

Dove la gente non è stata mai!…

Santa pace

1.

Ancora solo qualche nube greve

Dalle froge del cavallo non spinta via,

Ancora solo qualche ripida altura,

E poi già sole e armonia…

Ancora solo qualche piuma dall’elmo

Gettata nel vuoto del vento –

Ancora solo un dardo spezzato,

Un solo lampo – un solo tuono –

E poi niente più c’è stato!…

2.

Così è nella vita – il gorgo dei tempi

Sull’ippogrifo inchioda il cavaliere,

Gli fa strappare un drappo di lutto,

Saltare inesistenti bare nere.

Dietro il nero delle bare la pace albeggia,

Ricompensando giustamente;

E sempre ancora solo uno stento,

Uno sforzo solo – un solo portento,

E poi più niente!…

(Traduz. di Paolo Statuti)