Archivio | dicembre, 2017

Marek Baterowicz

21 Dic

 

 

Del mio amico polacco Marek Baterowicz (v. 7 sue poesie nel mio blog musashop.wordpress.com), poeta, prosatore, pubblicista e traduttore, nel 2010 ho curato la raccolta di 48 poesie “Canti del pianeta” (Ed. Empirìa). Ecco nella mia versione una sua poesia inedita secondo un quadro di Joan Miró.

 

Un poeta scrive una poesia ispirata da un uccello di passaggio (secondo un quadro di Joan Miró)

 

       un uccello migratore

dalle ali canterine

fece il nido

in un colbacco di raggi lunari

si assopì stordito dal loro bagliore

immerso nel profumo di mirra

beccando chicchi saporiti

maturi nei rivoli del sonno

e quando all’alba

la brina gli coprì le piume

cantò il canto del sole

le sue note intrisero il sonno

di rugiada e rosmarino

in essi spegne la sete il poeta

sonando il violino

con l’archetto di fiamma

come spiga d’oro

bruciando tutte le corde.

L’uccello non fa il nido

su ogni albero

– venne a sapere –

per innestare il bene

non basta tagliare il tronco malato

– le radici avvelenano il suolo

 

(dalla raccolta: Un posto nell’atlante)

 

 

Joan Miro: Un poeta scrive una poesia ispirata da un uccello di passaggio

 

 

(C) by Paolo Statuti

Emile Verhaeren (1855 – 1916)

15 Dic

 

 

Non so dove

C’è una parte dei paesi del Nord, non so dove.

C’è una parte di una terra ferrosa,

Dove le bianche unghie della neve

Graffiano la nitrosa parete rocciosa.

 

E c’è un grande gelo, riflesso all’improvviso

Negli stagni d’argento addormentati;

E c’è la brina che aguzza e pizzica

Gli aghi dei boschi diradati.

 

E la mezzanotte sembra un blocco bianco.

Sugli stagni addormentati d’argento,

La mezzanotte pizzica e aguzza

E, come una grande mano, lava

I freddi cristalli del firmamento.

 

E c’è nella lontananza notturna

Una grande campana taciturna

Che cela la sua voce, mortalmente.

 

E c’è ancora del Grande Gelo la liturgia

E canti funebri in lunga processione…

C’è in un vecchio paese del Nord, non so dove,

Ma c’è davvero in una vecchia anima del Nord – la mia.

 

 

(Versione di Paolo Statuti)

 

 

 

Nikolaj Gumiljov – Il sesto senso

7 Dic

Nikolaj Gumiljov

 

Il sesto senso, inserita nella raccolta Il pilastro di fuoco (1921), è l’ultima poesia di Nikolaj Gumiljov e una delle più belle. Oltre ai 5 sensi che sono gli organi biologici, all’uomo è necessario un sesto senso per lo spirito: il senso del bello, del sublime, dell’ideale. Esso non ci è dato dalla nascita, ma origina dalla sofferenza. L’uomo è come una creatura viscida e impotente, il corpo lo tormenta, ma sa che gli cresceranno le ali per elevarsi spiritualmente. Sta a lui usarle o meno. Occorre tempo e il contributo del creato e dell’arte. Il poeta sollecita questo momento, si rivolge al Signore pregandolo di accelerarlo. E’ una poesia profetica di Gumiljov. Nella seconda strofa “l’alba rosata” è la sua ispirazione poetica, i “cieli che si gelano” – il tramonto della sua creazione. Poco dopo averla scritta, venne accusato di attività antirivoluzionaria e il 26 agosto 1921 fu fucilato a San Pietroburgo. Aveva 35 anni.

Il sesto senso

Amiamo il vino che beviamo

E il buon pane che nel forno aspetta,

E la donna dalla sorte data,

Che pur se affligge, poi ci diletta.

Ma che fare dell’alba rosata

Lassù in alto nei cieli gelati.

Dov’è il silenzio e la celeste quiete,

Che fare dei versi immortalati?

Non da mangiare, da bere, da baciare.

L’attimo fugge via con rimpianto.

Ci torciamo le mani, ma di nuovo

Passiamo sempre accanto, accanto.

Come un bambino, lasciato il suo gioco,

Segue una fanciulla al bagno,

E, non sapendo nulla dell’amore,

Prova di segreta voglia un travaglio;

Come una volta nel folto equiseto

Gemeva per la sua impotenza

Una creatura viscida, che delle ali

Non sentiva ancora la presenza;

Così per secoli – sarà presto, Signore? –

Sotto lo scalpello dell’arte e del creato

Grida il nostro spirito, la carne si sfibra,

E l’organo del sesto senso è nato.

1921

Nikolaj Gumiljov

 

Roma

Lupa con le fauci sanguinose

Sulla bianca, bianca colonna,

Ave, eterna lode a te,

Incoronata dalla gloria.

Con te, con le bocche tese ai seni,

I due fratelli bambini.

Non uomini, ma piccoli lupi,

Vestiti di mantelli ferini.

Allo stesso modo tu li amavi,

Da piccoli e da grandi, è vero? –

Quando bruciavano le città,

Ruggendo d’impeto guerriero.

Quando nel regno della quiete

Essi entrarono, come un soffio,

Tu, terribilmente ululando,

Per voi tre scavasti la fossa.

O lupa la tua città gloriosa

E’ la stessa del veloce fiume.

Il marmo delle alte logge,

Delle sue colonne le volute,

E il dolce volto delle Madonne,

E la basilica vaticana,

Saranno qui per sempre,

Finché esisterà la tua tana,

Finché le ruvide erbacce

Cresceranno tra pietre millenarie,

E la luna guarderà sanguigna

Il ferro delle notti romane?!

E la città dei divi cesari,

Dei grandi papi e dei santi,

E’ forte dell’orma delle zampe –

Irsute, ferine, invitanti.

I fondatori

 

Romolo e Remo salirono sul monte,

Dinanzi a loro un aspro e muto colle.

Romolo disse: “Qui sorgerà la città”.

Rispose Remo: “Bella come il sole”.

Romolo disse: “Per volere degli astri

Il nostro onore abbiamo ritrovato”.

Remo replicò: “Guarderemo avanti,

Dimenticando il passato”.

“Qui sorgerà il circo, – affermò Romolo, –

Qui la nostra casa, aperta a tutti”.

Rispose Remo: “E ci saranno accanto

Le cripte dei nostri defunti”.

1908

 

Manlio

 

Manlio buttato giù. La gloria di Roma,

Il potere – sempre quello che era,

E nei secoli incrollabile,

Come la rupe Tarpea.

Roma, come il mare, si agitava,

Le urla solcavano la ressa,

Ma tranquillo sorrideva

Chi veniva gettato ad essa.

Per cosa da una nube a mezzodì,

Da un raggio illuminato,

Appare il cupo Mario

Col brando insanguinato?

1908

 

(Versione di Paolo Statuti)

Anna Achmatova

2 Dic

 

Questa poesia mostra tutta la femminilità e la passionalità della grande poetessa russa. La scrisse nel 1911 quando aveva ventidue anni. Nel 1910 aveva sposato il poeta Nikolaj Gumiljov. Nella poesia si tratta di lui?

 

Strinse le mani sotto la scura veletta…

 

Strinse le mani sotto la scura veletta…

“Perché oggi hai quel viso sbiancato?”

– Perché di amara tristezza

Io senza pietà l’ho ubriacato.

 

Come scordare? Egli uscì vacillando,

La bocca dal dolore storta…

Io corsi, quasi volando,

Gli corsi dietro fino alla porta.

 

Ansimando gridai: “E’ stato tutto

Uno scherzo. Morirò se te ne andrai.”

Sorrise tranquillo e tremendo

E disse: “Rientra, o ti raffredderai”

 

1911

 

(Versione di Paolo Statuti)

Poesia di William Shakespeare

1 Dic

 

 

Soffia, soffia, tu vento invernale

 

Soffia, soffia, tu vento invernale

Tu non sei così sleale

Come l’ingratitudine umana;

Il tuo dente non è così acuto,

Perché tu non sei veduto,

Anche se furiosa tramontana.

 

Ehi-oh! canta nella verde prateria:

Spesso l’amicizia è finzione e l’amore è follia:

E allora ehi-oh, prateria!

Questa vita è piuttosto allegria.

 

Gela, gela, tu amaro firmamento,

Che non mordi con tormento,

Com’è scordare il bene fatto:

Benché le acque fai agitare,

Il tuo pungolo non è siffatto

Com’è un amico dimenticare.

Ehi-oh! canta nella verde prateria:

Spesso l’amicizia è finzione e l’amore è follia:

E allora ehi-oh, prateria!

Questa vita è piuttosto allegria.

 

 

(Versione di Paolo Statuti)