
Ballate di Karel Jaromír Erben tradotte da Paolo Statuti
Un mazzo di fiori
Morì la madre e fu seppellita,
orfani i figli restarono;
ogni mattina essi venivano
e la mammina cercavano.
Dei bambini la madre ebbe pietà,
e allora il suo cuore ritornò
e, trasformatosi in un fiorellino,
con esso la tomba adornò.
Sentirono la madre dal profumo
i figli e presero a ballare;
e il fiore – loro consolazione,
cuordimamma vollero chiamare.
Cuordimamma! caro alla nostra patria,
voi semplici nostre leggende!
Sopra una vecchia tomba ti ho colto
e ti porterò tra la gente.
Io farò di te un semplice mazzo,
ti metterò un nastro e infine,
ti mostrerò la strada per la terra
dove hai una famiglia affine.
Si troverà una figlia di mamma
che il tuo profumo sentirà?
E si troverà un giorno un figlio
che al suo petto ti stringerà?
Il piccolo colombo
Vicino al cimitero
tra i fossi va la strada;
la percorre piangendo
una vedova leggiadra.
Per il suo consorte
piangeva, si doleva;
all’ultima dimora
triste lo conduceva.
Da una bianca dimora,
lungo un verde prato,
cammina un bel giovane,
ha il cappello piumato.
“Oh, non piangere così,
vedova bella e giovane!
Non sciupare i tuoi occhi,
ascolta la ragione.
No, non piangere così,
vedova, bella rosa!
Tuo marito è morto,
sii ora la mia sposa”.
Un giorno ha singhiozzato
soltanto un momento,
poi il suo dolore
pian piano si è spento.
Dopo una settimana
a lui più non pensava;
appena un anno dopo
nuove nozze aspettava.
Vicino al cimitero
la strada scorre lieta,
i due promessi sposi
entrano nella chiesa.
Si svolsero le nozze
allegre e chiassose,
la sposa tra le braccia
dello sposo amorose.
Si svolsero le nozze
con musica e canto,
lui la stringeva a sé,
lei rideva soltanto.
Ridi, ridi, o donna!
il riso ti si addice;
il defunto sepolto
non sente e nulla dice!
Abbraccia il tuo amato.
Oh, non devi temere:
la tomba è così buia
e lui non può vedere!
Bacia, bacia adesso
quelle labbra frementi,
colui che hai tormentato
non torna tra i viventi!
Corre il tempo, corre,
ciò che non era sarà,
tutto col tempo cambia
e ciò che è sparirà!
Corre il tempo, corre,
un anno è un istante;
solo la colpa resta
come pietra pesante.
Tre anni son passati,
da quando il morto giace,
e sopra la sua tomba
l’erba cresce vivace.
Sopra il tumulo l’erba,
una quercia è vicino,
e sulla quercia siede
un colombo piccino.
Siede immobile, siede,
e tuba con tristezza;
si turba chi lo sente,
il suo cuore si spezza.
Ma non si spezza agli altri
come a una donna sola;
i capelli si strappa,
prega col cuore in gola:
“Non ti dolere così,
la tua voce addolora;
il tuo canto crudele
l’anima mi perfora !
Non ti lagnare così,
la testa fai girare;
oppure tuba tanto,
da farmela scoppiare!
Scorre l’acqua e risuona.
L’onda le onde insegue,
e a tratti fra le onde,
una veste si vede.
Ora emerge una gamba
o una pallida mano;
la disperata moglie
cerca la tomba invano!
L’hanno tirata a riva
e sepolta di nascosto,
dove i quieti sentieri
s’incrociano nel bosco.
Né tomba né una croce
in sorte lei tiene:
solo un grande macigno
per sempre il corpo preme.
Ma un masso non schiaccerà
mai la terra, come
la sua tomba è schiacciata
dalla maledizione!
La strega di mezzodì
Vicino al banco il bambino
urlava a squarciagola.
“Smettila una buona volta,
almeno un’ora sola!
Tra poco è mezzogiorno,
papà ritorna ed io
non riesco a cucinare,
sei un castigo di Dio!
Zitto! hai i soldatini –
Gioca! – qui hai il galletto!”
ma ciò che ha sottomano,
getta via con dispetto.
La madre allora esclama:
”Che strazio, basta così!
Adesso ti porterà via
la strega di mezzodì!
Vieni a prenderlo, o strega,
portalo via lontano!”
Ed ecco che nella stanza
la porta s’apre pian piano.
Un fazzoletto in testa,
bassa e di pelle scura,
Le gambe storte e la gruccia –
entra questa figura!
“Dammi il bambino!” – “O Cristo!
Grazia una peccatrice!”
La morte è già nell’aria
e la strega è felice.
La strega come un’ombra
è sempre più vicino;
la madre, terrorizzata,
afferra il suo bambino.
Lo stringe a sé, indietreggia –
oh, guai al bambino, guai!
La strega è vicina al bimbo,
quasi lo tocca ormai.
Già allunga la sua mano,
stringe le braccia la madre:
“Per la passione di Cristo!” –
grida ma sviene e cade.
Ora suona la campana
la dodicesima volta,
la maniglia ha cigolato,
il padre varca la porta.
La madre giace svenuta,
il bimbo al petto è serrato:
la madre riprende i sensi,
ma il bimbo – è soffocato.