Stanisław Korab-Brzozowski nacque nel 1876 a Lakatia in Siria e morì a Varsavia nel 1901. Poeta e traduttore, rappresentante del fin de siècle nella letteratura della Giovane Polonia. E’ considerato uno dei principali creatori del decadentismo, maestro della forma e dello stile poetico. Della sua breve vita si sa ben poco. Figlio del poeta romantico Karol Brzozowski e fratello di Wincenty Korab-Brzozowski, anche lui poeta. Apparteneva alla cerchia della bohème di Stanisław Przybyszewski (1868-1927), romanziere, drammaturgo e saggista, una delle figure più controverse di tutta la storia della letteratura polacca. Di se stesso Przybyszewski scrisse: “Sono soltanto una meteora che per un istante brilla, per un istante minaccia e spaventa l’umanità, e poi improvvisamente scompare – ma sono felice di vivere con questa convinzione”. Sulla sua tomba sono scritte le parole “Meteora della Giovane Polonia”. Stanisław Korab-Brzozowski era legato alla rivista Chimera. Nel 1901 il poeta mise in atto un suicidio d’effetto, forse per una delusione amorosa legata a un tragico triangolo con la bella norvegese Dagny, moglie di Stanisław Przybyszewski e il giovane Władysław Emeryk, che poi uccise Dagny, suicidandosi a sua volta. Tadeusz Boy-Żeleński (1874-1941) ricorda: “Poco prima di morire vendette i suoi modesti beni e organizzò una cena, alla quale invitò un gruppo di amici. Alle prime luci dell’alba lasciò i suoi ospiti, per non fare più ritorno. Quando cominciarono a cercarlo, lo trovarono morto sul pavimento. Si era avvelenato.
La sua creazione poetica è concentrata nel simbolismo. Spesso creava i cosiddetti paesaggi mentali, si serviva della sinestesi e della sintesi delle arti, tipica del modernismo. Dopo la morte le sue poesie sparse in diverse riviste furono pubblicate con il titolo Prima che il cuore taccia (1910). Tradusse tra gli altri Baudelaire e Verlaine.
Poesie di Stanisław Korab-Brzozowski tradotte da Paolo Statuti
Il vuoto
Un albero solitario, spoglio,
Alza le sue scarne braccia,
Manda aspri inni di sconforto
Al cielo color acciaio del vuoto.
Sotto l’albero una croce corrosa,
Su di essa Cristo agonizza,
Levando i suoi occhi disperati
Al cielo color acciaio del vuoto.
Sotto la croce la mia anima sofferente
Dal nero abisso del suo nulla
Invia i suoi folli desideri
Al cielo color acciaio del vuoto.
La filatrice
Sulle corde tese della pioggia
Il vento sospira, geme e singhiozza;
Sui morbidi sudari di ragnatele
La principessa singhiozza.
La sua mano leggera e vivace,
Rapida come volo di bianche nubi,
Compone il filato dei miei desideri
In un disegno mirabile.
E i fiori tolti alla mia primavera,
Il verde dei prati già morti,
Di nuovo ardono risuscitati con amore
Dalla magia delle sue mani.
Oh, vieni!
Oh, vieni in autunno –
indossa una veste leggera, bianca, vaporosa,
come ragnatela;
getta sui tuoi capelli d’ebano
perle di rugiada,
splendenti di freddi colori
come arcobaleno.
Oh, vieni in autunno –
avvolta nel mesto, malinconico lamento
delle gru,
che volano lontano nel grigio abisso dei cieli,
che profuma
come i fiori, che il gelo
fa sanguinare.
Oh, vieni in autunno –
nell’istante assonnato, incerto dell’imbrunire –
e le tue mani
diafane, morbide. odorose
sulle sofferenti
tempie posami
o Morte!…
Preghiera
O Dio, infondimi forza e coraggio!
Davanti a me il nero abisso della morte si apre;
Il mio spirito crolla e l’anima vacilla
Alla vista dei vili demoni della vittoria.
Dio, io Ti adoro non con le parole
Che ogni giorno ripetono le folle;
Nei Tuoi templi un sacerdote non mi assolve,
E davanti a una statua io la testa non chino:
Ma Tu sai Signore, che ti prego
Con una prece ardente, anche se non è un pater,
Sulle ali la mia anima tende a Te,
Anela a Te nella fredda tomba della vita!
Tu sai, o Dio, che io amo la gente,
Che per essa potrei sacrificarmi sul rogo,
Come i martiri ispirati dalla Tua fede;
Sai che la sofferenza non sopirà il coraggio!
Ma Tu sai anche, come soffre il mio cuore,
Se nessuno crede nell’amore e nel sacrificio;
Sai, quanto soffro, se la coppa dell’amarezza
E’ offerta da beffardi che per giunta ridono!
Non conosce Dio
Chi non ha conosciuto l’ora cupa della nostalgia
E le lotte interiori con l’uragano dell’anima;
Chi non ha provato nell’anima i dardi del dolore
E non ha tremato davanti al vulcano degli affetti:
Non conosce Dio!
Chi non ha pianto alla vista di un disperato
E non ha asterso le lacrime a un fratello che piange;
Chi non ha guardato le tombe di un cimitero
E chi non ha i ricordi di un triste fiore:
Non conosce Dio!
Chi al di là di se stesso non vede più il mondo;
Chi non si è riconosciuto nell’Armonia universale
Come tono che dallo spirito del Gran Maestro si leva,
E risuona di gioia, o agonizza tra i lamenti:
Non conosce Dio!
Chi sopporta le catene del servilismo;
Chi con paura striscia ai piedi del tiranno,
E con le vergognose parole dello schiavo
Imbriglia l’alto slancio del suo spirito:
Non conosce Dio!
Chi non ha chiesto consiglio alla voce del cuore,
E soltanto dalla ragione si fa guidare;
Chi agli altri non ha portato vita, ma terrore
E chi è sicuro di non poter mai sbagliare:
Non conosce Dio!
(C) by Paolo Statuti