Archivio | novembre, 2015

Wystan Hugh Auden (1907-1973)

9 Nov

 

Wystan Hugh Auden

Wystan Hugh Auden

Blues funebre

Fermate tutti gli orologi, i telefoni staccate,

Un bell’osso per non abbaiare ai cani gettate,

Azzittite i pianoforti e coprite i tamburi,

Fate uscire la bara con gli amici dai volti scuri.

Gli aerei traccino un triste cerchio e sia scorto

In alto nel cielo il messaggio Egli è Morto,

Mettete il crespo sui colli dei piccioni nostrani,

E indossino guanti neri di cotone i vigili urbani.

Egli per me era i quattro punti cardinali,

La mia settimana di lavoro e i riposi domenicali,

Il mio meriggio, la mezzanotte, ciò che cantavo;

Io credevo che l’amore fosse per sempre: sbagliavo.

Spegnete tutti gli astri: nessuno ora sarà cercato;

Imballate la luna e il sole sia smontato;

Svuotate l’oceano e spazzate via il bosco,

Perché niente che sia buono ora io conosco.

 

Voltaire a Ferney

Del tutto felice ora, guardava la sua proprietà.

Un orologiaio-emigrato lo salutò mentre passava

E riprese il lavoro. Dove un ospedale cresceva in fretta,

Un falegname si tolse il berretto. Un giardiniere riferì

Che alcuni alberi da lui piantati crescevano bene.

Le bianche Alpi scintillavano. Estate. Egli era grande.

Lontano a Parigi, dove i suoi nemici

Mormoravano che egli era meschino, su una rigida sedia

Una vecchia cieca aspettava la morte e le lettere. Le scrisse,

“Niente è migliore della vita.” Ma era così? Sì, la lotta

Contro la falsità e l’ingiustizia

La valeva sempre. Perciò coltivava il giardino. Civilizzare.

Blandendo, sgridando, urlando, il più bravo di tutti.

Egli aveva condotto altri bambini alla guerra santa

Contro gli infami adulti; e come un bambino, era scaltro

E umile, sapeva proteggersi nella doppiezza,

Mentire per sentirsi sicuro,

Ma paziente come un contadino aspettava che cadessero.

Come d’Alembert, non ha mai dubitato di vincere.

Soltanto Pascal fu un grande nemico. I restanti

Erano topi già avvelenati. Ma restava molto

Da fare, e poteva contare solo su se stesso.

Il caro Diderot era tardo, ma fece del suo meglio.

Rousseau, l’aveva sempre saputo, piangerà e cederà.

Come di guardia, non dormiva. La notte fu piena di torti,

Terremoti ed esecuzioni: presto morirà,

E ancora sovrastavano l’Europa le orribili bambinaie

Che volevano far bollire i loro bambini. Solo i suoi versi

Forse potevano fermarle: Egli doveva scrivere. In alto

Le stelle senza lamentarsi componevano il loro limpido canto.

(Versione di Paolo Statuti)

I bambini che muoiono ammazzati

4 Nov
Nazim Hikmet

Nazim Hikmet

Due poesie del grande poeta Nazim Hikmet (1902-1963) per i bambini che soffrono e muoiono nel mondo. Dedico a loro la mia traduzione.

 

La bambina morta

Sono io che busso alla tua porta

– alle porte dove mi sono fermata

ma nessuno può vedermi –

la morte mi ha oscurata.

Sono morta a Hiroshima

è successo dieci anni fa

io adesso ho sette anni –

una bimba morta non crescerà.

Diventai un pugno di cenere:

prima i capelli sono bruciati

poi gli occhi hanno preso fuoco

e il vento con sé li ha portati.

Per me non voglio niente

chi è morto per sé non pretende.

Io busso alle vostre porte

zii e zie per un vostro appello

perché mai più un bambino sia

bruciato ma abbia questo e quello.

Diamo il mondo ai bambini per un giorno

 

Diamo il mondo ai bambini per un giorno

per giocarci come un pallone lucente e colorato

lasciamoli giocare cantando tra le stelle

diamo il mondo ai bambini

come enorme mela come calda pagnotta

che almeno per un giorno abbiano abbastanza

diamo il mondo ai bambini

che almeno per un giorno il mondo impari l’amicizia

i bambini prenderanno il mondo dalle nostre mani

e pianteranno alberi immortali

(Versione di Paolo Statuti)

(C) by Paolo Statuti

La Festa dei Morti

1 Nov

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Oggi i Morti sono assai indaffarati:

all’alba sono già svegli

si fanno gli auguri a vicenda

si baciano e si abbracciano

si presentano ai nuovi abitanti

poi si preparano ad accogliere

con gioia chi li viene a visitare

coi fiori in mano

e il passo incerto

Oggi i Morti rivivono con noi:

ascoltano i nostri sospiri

leggono i nostri desideri

asciugano le nostre lacrime

o fotografano i nostri sorrisi…

pregano con noi

Poi quando ce ne andiamo

e il silenzio torna ad avvolgere

i marmi le fronde e i lumini accesi

ancora per un po’ ci pensano

poi si riaddormentano felici

cullati dai nostri ricordi.

 

(2015)

 

(Paolo Statuti)