Archivio | ottobre, 2013

Poesia e Musica

29 Ott

 

 

   Il grande scrittore e poeta polacco Jarosław Iwaszkiewicz (1894-1980) mi ha dato lo spunto per partecipare insieme con voi a un altro incontro della poesia con la musica. Ho aperto a caso il suo volumetto Aleja Przyjaciół (Il viale degli Amici, Varsavia 1984) e nel capitolo dedicato a Jan Lechoń (1899-1956), uno dei cinque poeti che assieme allo stesso Iwaszkiewicz, Tuwim, Słonimski e Wierzyński, crearono intorno al 1916 il noto gruppo “skamander”, ho letto quanto segue:

 

   Questa mattina ho acceso la radio alle 8.00, Eichlerówna recitava le poesie di Jan Lechoń, accompagnate dalla musica di Karol Szymanowski. Qualcuno sonava alla perfezione i preludi e gli studi. Eichlerówna era stupenda (manteneva il ritmo e osservava scrupolosamente la punteggiatura). Era una delle trasmissioni più belle che avessi mai ascoltato. Le poesie di Lechoń acquistavano un timbro diverso, un significato diverso, nel momento in cui si era concluso il suo tragico e triste destino, ed erano in perfetta sintonia con la musica di Szymanowski… Ricordai la sua poesia dell’emigrazione intitolata Il cielo:

 

Il cielo

 

Ho sognato il cielo: l’ho riconosciuto subito

Dal profumo del trifoglio e dal canto del merlo,

Dal cri-cri nell’erba, dal prato che ondeggiava,

E so che era presente Dio, pur senza vederlo.

 

 

Non vedevo gli angeli, ma le cicogne frusciavano

Con le bianche ali sopra i campi di frumento,

E c’erano anche i platani gli aceri e i faggi

E sonavano come un organo nel brusio del vento.

 

E più tardi come una lucciola gigante

L’argentea luna illuminò l’Acropoli in rovina,

Sulla quale in alto vedevo Paweł Kochański

Che sonava l’”Aretusa” in quella quiete divina.

 

   E mentre ascoltavo quella trasmissione ho visto in modo chiaro e tangibile le affinità tra questa musica e questa poesia. Qualcosa che hanno decisamente in comune.

 

Jan Lechoń morì suicida a New York l’8 giugno 1956, gettandosi dal  dodicesimo piano dell’hotel “Hudson”.

Irena Eichlerówna (1908-1990), famosa attrice drammatica polacca, paragonata a Eleonora Duse.

Paweł Kochański (1887-1934), illustre violinista polacco.

   Per quanto riguarda la “Fonte Aretusa” ho consultato Wikipedia:

«…Io non cerco che dissonanze Alfeo,

qualcosa di più della perfezione.

…Non un luogo dell’infanzia cerco,

e seguendo sottomare il fiume,

già prima della foce di Aretusa,

annodare la corda spezzata dell’arrivo»

(Salvatore Quasimodo in Seguendo l’Alfeo)

 

 

   La “Fonte Aretusa” è uno specchio d’acqua nell’isola di Ortigia, nella parte più antica della città siciliana, luogo di incontro tra realtà e leggenda, uno dei più bei monumenti di Siracusa. Nella “Fonte Aretusa” è ambientata la leggenda di Aretusa e Alfeo, uno dei miti più affascinanti di questa città. La bellezza visiva di una fonte d’acqua dolce che giunge per via sotterranea fino all’isola, per poi riversare le sue acque in mare, ha ispirato molti poeti e scrittori come: Pindaro, Mosco, Ovidio, Virgilio, D’Annunzio, John Milton nel Licida e Alexander Pope nel Dunciad, storici: Timeo, Pausania, Diodoro Siculo, Strabone, Cicerone. Inoltre è stata raffigurata dai monetieri siracusani Cimone ed Eveneto e musicata dal compositore polacco Karol Szymanoski.

 

 

(C) by Paolo Statuti

 

 

 

Jan Lechoń

Jan Lechoń

 

 

Jarosław Iwaszkiewicz

Jarosław Iwaszkiewicz

 

Una foto storica della Fonte Aretusa

Una foto storica della Fonte Aretusa

Paweł Kochański

Paweł Kochański

Karol Szymanowski

Karol Szymanowski

Irena EichlerównaIrena Eichlerówna

2 novembre – Giorno dei Morti

28 Ott

 

 

 

Rapian gli amici una favilla al Sole

A illuminar la sotterranea notte,images (30)

Perché gli occhi dell’uom cercan morendo

Il Sole; e tutti l’ultimo sospiro

Mandano i petti alla fuggente luce.

 

Ugo Foscolo (1778-1827)

Dei Sepolcri:  vv. 119-123

 

 

   Con questa reminiscenza liceale desidero iniziare il mio omaggio poetico a tutti i defunti che il 2 novembre di ogni anno rivivono nel nostro ricordo. E’ il giorno in cui tanti amici, parenti, conoscenti tornano col pensiero a qualcuno che li ha preceduti nel “grande silenzio”. Il 2 novembre i cimiteri si accendono di luci e di fiori e le tombe vengono indorate dalle foglie autunnali. Il culto dei Morti è antichissimo e vive tuttora, perché è legato al rispetto e alla gratitudine verso quelli che ci hanno amato. Ho scelto per loro e per tutti quelli che amano i propri defunti, alcune poesie nella mia versione. Vorrei che contribuissero a creare nel cuore di ciascuno di noi quel calore e quella serenità, che soprattutto in questo giorno doniamo ai nostri cari scomparsi e riceviamo da loro.

 

 

 

 

 

Jan Twardowski (1915-2006)

 

Sempre presenti

 

Diceva che davvero bisogna amare i defunti

perché proprio loro sono ostinatamente presenti

non si addormentano

hanno il tempo tondo quindi non hanno fretta

tranquilli perché non hanno esaurito niente

neanche in caso d’incendio salterebbero in piedi

non mandano giù come noi il senso intimorito

non si fingono né migliori né peggiori

non pronunciamo su di loro migliaia di sentenze

sempre gli stessi come l’ontano verde fino all’ultimo

conoscono perfino l’indirizzo privato di Dio

non declamano sull’amore

ma aiutano a trovare gli oggetti smarriti

non invecchiano ringiovaniti dalla morte

non spaventano con un vuoto pieno di erudizione

non uniscono santità e appetito

più vicini di quando se ne andavano per un attimo

passando accanto con il corpo non visto

hanno salvato assai più di un’anima

 

 

 

 

 

 

 

 

Halina Poświatowska (1935-1967)

 

   Essi ci amano, i cimiteri solitari, essi che sono tanto con noi, che sono quasi dentro di noi. Paradosso reversibile, perché forse siamo noi dentro di loro. Delineando con un dito il contorno del proprio corpo, consideriamo il geranio piantato in basso e la clessidra posta a capo del letto. Il sussurro della betulla inclinata, l’intreccio delle sue avide radici, il succulento verde delle foglie. E baciando per la buona notte la tua fronte sul sopracciglio sinistro, penso alla piccola cappella con la croce di legno messa di traverso. Odore di terra…

 

 

Paolo Statuti

 

Morte di un amico polacco

 

Caro Zbyszek,

qui dove frusciano i ricordi

e il sasso geme

sotto il piede amico,

improvviso sei giunto

e subito cortese, esitante,

hai chiesto d’unirti

al coro dei silenzi,

ma immaginarti silenzio

io non posso:

troppo umana e schietta

era la tua voce.

 

 

 

Kazimiera Iłłakowiczówna (1888-1983)

 

Morti…conosciuti…amati

 

Vengono da me soltanto sui viburni,

sui pruni, sui violacei mirtilli,

i morti, i conosciuti, gli amati.

Vengono da me soltanto sui fruscii

impigliati tra vortici ansanti:

“Tu qui?…Ah, che tempo…”

Per le brine – le sopracciglia grigie,

le giovani ciglia stranamente pesanti…

E li accarezzo benché sappia che – non vivono…

I conosciuti…quelli che amavo:

Jaś, bruciato col suo aereo

e Kazio, che morì più tardi,

Pawełek coperto dall’oceano,

Tadzio, fucilato dai banditi…

Giovani, pensosi, sprecati,

vengono da me, vengono sui viburni

i conosciuti, i morti, gli amati.

 

Jan Brzechwa (1900-1966)

 

Il Giorno dei Morti

 

Quando con la ruggine ramata

Delle gialle foglie d’autunno appassiscono le nubi

Indoviniamo cosa le nubi vogliono da noi,

Rattristate nella loro alta distesa.

Sulle ciocche grigie si stende l’estate di san Martino,

Sulle tombe i lumini guizzano alle anime defunte,

Presto, presto toccherà a noi,

Anche le nostre anime verso quei lumini andranno.

Se la vita è un filo – esso si può troncare,

E andare sopra una nube come su una zattera d’argento…

Ah, come facile, ah, come facile sarebbe vivere,

Se non vivere fosse ancora più facile!

 

 

(C) by Paolo Statuti

 

Alcune immagini del cimitero monumentale “Powązki” a Varsavia, che nel Giorno dei Morti si riempie di noti attori e attrici che fanno la questua per il restauro della storica necropoli, dove sono sepolti nomi illustri della storia e della cultura polacca.

 

 

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Il salone delle illusioni

26 Ott

Di Wiesław Brudziński (1920-1996),  satirico e autore di aforismi polacco ho il piacere di pubblicare nella mia versione il breve racconto “Il salone delle illusioni”, tratto dalla antologia di racconti grotteschi “Duchy na dachu” (Spiriti sul tetto, Varsavia, ISKRY 1974).

 

A volte solo l’autopsia mostra che qualcuno aveva le ali.

                                                                            (Wiesław Brudziński)

 

Il salone delle illusioni

 

   Prima della partenza del treno avevo circa tre ore a disposizione, ma per visitare la città era già buio, perciò decisi di andare a teatro. Il più vicino si trovava in un grande edificio, costruito in uno stile monumentale. La cassa sembrava già chiusa, anche se gli spettatori continuavano ad arrivare. Infilai nella mano della maschera una banconota ed entrai nella sala. Proprio in quel momento si spensero le luci e si alzò il sipario; intorno cessò il brusio del pubblico incuriosito. Mi sedetti nel primo posto libero che trovai e rivolsi lo sguardo al palcoscenico.

   Apparve un attore comico sdentato e anzianotto, e molto popolare tra gli spettatori, considerato l’uragano di applausi che lo accolse, e in modo abbastanza divertente cominciò a recitare il monologo di Amleto. Non era una parodia di alto livello, ma la figura dell’attore aveva una forza comica irresistibile. Nella sua interpretazione Amleto tartagliava, pronunciava male le parole, si grattava la testa e aveva un’aria così afflitta, che ben presto scoppiai in una sonora risata.

   Ma subito tacqui spaventato, perché tutte le teste si girarono dalla mia parte. I miei vicini mi guardavano con indignazione e ripugnanza. Solo allora mi resi conto che, malgrado gli applausi iniziali, il pubblico manteneva un silenzio di tomba e che soltanto il mio giudizio sulla recitazione, espresso con quella risata inopportuna, si differenziava in modo eclatante dal giudizio di tutta la platea. Temendo ulteriori spiacevoli reazioni, approfittai volentieri dell’intervallo per lasciare il teatro.

   Tuttavia dovevo aver sbagliato porta, perchè all’improvviso mi ritrovai nell’aula di un tribunale. Stava parlando l’avvocato della difesa, sforzandosi chissà perché di salvare dalla forca un tetro malandrino che sembrava uscito dal Trattato del Lombroso. Da tanto tempo non avevo sentito un’arringa così pietosa. L’avvocato nel suo fervore si contraddiceva e con ogni frase peggiorava la situazione del suo cliente, allontanando del tutto la possibilità di una mite sentenza.

   Per questo restai a bocca aperta dallo stupore, allorché la corte dopo il consiglio emise un verdetto di assoluzione, e la famiglia dell’accusato, contentissima, non la smetteva più di congratularsi con l’inetto difensore.

   Uscendo dalla sala espressi la mia opinione sull’arringa dell’avvocato. Un anziano signore brizzolato mi guardò severamente e mi chiese:

   – Nell’ufficio del personale non le hanno detto niente?

   – Nell’ufficio del personale? – chiesi meravigliato.

   – Forse lei sostituisce qualcuno?

   – Non capisco.

   – Allora come mai si trova qui? – gridò il brizzolato.

   – Per pura combinazione – spiegai cercando di restare calmo. – Sono uscito dal teatro e devo aver sbagliato porta.

   – Ah, lei ha la parte di spettatore!

   – Ma quale parte? Avevo un po’ di tempo prima della partenza del treno, perciò sono andato a teatro. E’ una cosa tanto strana?!

   L’anziano signore si  rasserenò alquanto.

   – Capisco – disse. – Ma come ha fatto a entrare senza la tessera?

   Feci un gesto eloquente con la mano. Il brizzolato annuì mestamente.

   – Già, già… siamo un ente statale e quindi improduttivo, il nostro personale viene pagato poco…

   Ne avevo abbastanza di tutto quel mistero.

   – Mi può spiegare una buona volta cosa significa tutto questo?!

   L’anziano signore mi sorrise amabilmente.

   – Molto volentieri. Sono il direttore dell’ente statale denominato il SALONE DELLE ILLUSIONI. Il nostro compito è quello di aiutare, dietro modico compenso, i lavoratori a riuscire in qualcosa. Abbiamo alcune centinaia di impiegati che creano un’atmosfera di successo ai nostri clienti. Alcuni lavorano come spettatori di teatro, altri sono giudici, accusati, redattori di riviste, pazienti, lettori, clienti timidi e folla entusiasta, dipende dalle richieste. La nostra clientela è assai differenziata: medici senza pazienti, attori senza parti, ex pezzi grossi che non fanno più paura a nessuno…

   – Allora quell’avvocato era un cliente, e i giudici, l’accusato, il procuratore, e tutto il resto è il vostro personale?

   – Naturalmente. Per questo mi sono innervosito quando lei ha manifestato il suo disprezzo per il discorso dell’avvocato. Il nostro personale ancora non è addestrato a dovere, con esso abbiamo avuto molti problemi. All’inizio fischiavano durante gli spettacoli, spiegando che non potevano applaudire qualcosa che non avevano gradito. E’ stato necessario prolungare l’addestramento, perché imparassero a reagire correttamente. Adesso battono subito le mani, appena qualcosa non piace loro. Devo aggiungere, per giustificarli un po’, che c’è stato un periodo in cui venivano da noi soltanto veri artisti, poiché i mediocri avevano successo nella vita. Capitano anche clienti molto presuntuosi, perché ritengono di avere nella vita un successo troppo grande e si prendono da noi una porzione di fischi, per non diventare insensibili al gusto del successo.

   – Un momento, ma allora perché quel parodista che ho visto prima è stato accolto così freddamente? Non ho visto neanche un sorriso.

   – Giusto. Perché non era affatto un parodista, ma un attore tragico.

   Riflettei un istante.

   – Mi scusi ma io nel vostro ente non potrei essere ad esempio per un paio d’ore amante cinematografico o campione del mondo di pugilato? Dovrebbe essere molto interessante…

   – Mi sembra che lei non abbia capito il senso della nostra istituzione. Siamo un’azienda con una ben precisa funzione sociale, non un lunapark. Ogni persona per non abbattersi deve avere di tanto in tanto nella vita un qualche successo nella sua professione. Noi gli offriamo questo successo a prezzi fissi. Poi per un certo tempo può di nuovo sopportare l’insuccesso. Tutto qui.

   Ringraziai il mio informatore per l’interessante chiarimento.

   – Un’ultima domanda…Non succede mai che vengano da voi a volte noti scrittori o attori famosi?

   – No. Per lo più loro hanno i propri saloni delle illusioni.

(C) by Paolo Statuti

 

 

 

   

Aneddoti e facezie nell’arte

25 Ott

 

 

   Presento qui ai miei lettori un certo numero di aneddoti e facezie che ho scelto dal libro del polacco Janusz Nowosad Sztuka na wesoło (L’arte in allegria) (v. nel mio blog dello stesso autore: Aneddoti nella musica e La musica che scorre dai versi)

 

   Un giorno un certo conte visitò lo studio di Marc Chagall (1887-1985). Guardò i quadri, chiese il prezzo e poi disse:

   – Potrebbe darmi qualcosa di meno caro?

   – Sì – rispose l’artista e consegnò al nobile una scatoletta di sardine.

 

   Una volta il domestico informò Salvador Dalì che un uomo desiderava parlargli.

   – Cosa vuole? – chiese il pittore.

   – E’ il rappresentante di una Società di Assicurazioni. Vorrebbe farle una polizza sulla vita.

   – Non serve. Digli che sono immortale.

 

   Il pittore e grafico polacco Władysław Daszewski (1902-1971) tornando di notte da una festa, fu abbordato da uno straccione che gli chiese cinque zloty.

   – Per cosa le servono questi soldi? Per bere?

   – Non bevo.

   – Per le sigarette?

   – Non fumo.

   – Allora vuole comprare un regalo alla sua ragazza?

 

   – Non ho la ragazza.

   – Sa che le dico? Le do cento zloty, se lei verrà con me. Voglio che mia moglie veda coi propri occhi, come finiscono quelli che non hanno vizi!

 

   Dopo un’asta in cui fu venduto un quadro di Edgar Degas (1834-1917) per quattrocentomila franchi, un giornalista si avvicinò al pittore e gli chiese:

   – Maestro, non la irrita il fatto che lei non riceverà nulla di questa enorme somma?

   L’artista dopo aver riflettuto un po’ rispose:

   – Caro signore, sono come un cavallo da corsa che, malgrado abbia vinto il derby, deve accontentarsi di una porzione di avena.

 

   Lo scultore polacco Ksawery Dunikowski (1875-1964), che visse 89 anni, raccontava spesso ai conoscenti che nel 1912 un medico, dopo averlo visitato, gli disse:

   – Al massimo ancora un anno di vita.

   – E allora? – chiese uno dei conoscenti.

   – E in effetti, un anno dopo il poveretto se n’è andato.

 

   Un critico si rivolse un giorno a Vincent van Gogh (1853-1890) con questa osservazione:

   – In natura non ho mai visto i suoi colori.

   – Dipingo ciò che vedo io e non ciò che vede lei. Madre natura non si spoglia per tutti nello stesso modo!

 

   Katsushika Hokusai (1760-1849) dipinse un quadro intitolato Foglie autunnali di un acero sul fiume Tsutaya. Quando gli chiesero con quale tecnica avesse dipinto delle foglie di acero così belle, rispose:

   – Prima ho comprato un pollastro, poi ho immerso le sue zampe in una tinta rossa, poi gli ho gridato qualcosa. Il pollastro correndo sulla tela, ha lasciato le impronte a forma di foglia. Il resto l’ho dipinto io.

 

   Durante un vernissage del pittore russo astrattista Vasilij Kandinskij (1866-1944), una dama che si riteneva una grande intenditrice d’arte gli si avvicinò e gli disse:

   – Mi scusi maestro, ma questo quadro non mi dice proprio niente.

   – Oh, lei ha capito bene la mia intenzione!

   – Vuol dire che…

   – Appunto. Questo quadro dovrebbe tacere, perché rappresenta il silenzio.

 

   Un noto banchiere un giorno confidò a Max Liebermann (1847-1935):

   – Ma sa che da bambino sognavo di diventare un famoso brigante?

   – Lei è un uomo fortunato! Non a tutti si realizzano i sogni dell’infanzia!

 

   Lo scultore, pittore e grafico belga Constantin Meunier (1831-1905), un giorno litigò con una sua vecchia amica. Dopo un violento scambio di vedute, lei volendo dire l’ultima parola, gridò:

   – Oh, se io fossi tua moglie, verserei il veleno nel tuo bicchiere!

   – Ah, e se io fossi tuo marito, lo berrei senza esitazione!

 

   Un allievo un giorno si rivolse a Michelangelo (1475-1564) dicendo:

   – Maestro, lo scultore Torrigiano mi ha detto che il suo casato risale al diluvio.

   – E’ possibile, infatti nell’arca di Noè c’erano anche un paio di asini

 

   Un critico che stava visitando una mostra di Pablo Picasso (1881-1973), a un certo punto disse ad alta voce:

   – Se questa è arte, io sono un idiota!

   – Sono perfettamente d’accordo con lei. Questa è arte! – rispose l’artista.

 

   Una dama dopo aver visto il suo ritratto dipinto da Pablo Picasso, disse:

   – Maestro, chiedo scusa, ma io non sono così!

   – Ma lei dovrebbe essere così!

 

   Una volta Raffaello (1483-1520) dipinse due ritratti del papa Giulio II. In uno di essi il papa aveva il volto pallido, mentre nel secondo lo aveva rosso. Quando il papa li vide si risentì. L’artista si giustificò dicendo:

   – Volevo immortalare due istanti diversi della vita di Sua Santità, e cioè il momento del ritorno dalla messa e il momento del ritorno dalla vigna.

 

   Un giorno Joseph Vernet (1714-1789) fu presentato a Voltaire (1694-1778), che lo accolse con queste parole:

   – Signor Vernet, lei diventerà immortale. Lei ha i colori più belli e più duraturi!

   – I miei colori non possono uguagliare il suo inchiostro – rispose il pittore.

 

   Un appassionato di arte ordinò a James Whistler (1834-1903) un quadro che doveva raffigurare una chiesa. Terminato il lavoro, il pittore lo mostrò al cliente, il quale a un certo momento osservò:

   – Lei ha completamente dimenticato la gente nel suo quadro!

   – Sono tutti a messa!

   – Bene. Comprerò questo quadro quando la gente uscirà dalla chiesa!

 

   Una certa dama ordinò il suo ritratto a Jacek Malczewski (1854-1929). Dopo aver visto il quadro già terminato, disse assai scontenta:

   – Vedo che non si è sforzato troppo.

   – Per la verità è la natura che non si è sforzata troppo.

   In un negozio di souvenir il signor Rossi si rivolge al commesso:

  – Recentemente lei mi ha venduto una figura del XVI secolo come avorio, mentre un mio conoscente storico dell’arte afferma che è di plastica!

   – Ma mi scusi, come poteva un elefante avere le zanne di plastica nel XVI secolo?!

 

   Una aristocratica si rivolse al pittore risentita:

   – Ma cosa ha dipinto? Qui sembro un scimmia!

   – Cara signora, doveva pensarci prima di ordinare il suo ritratto!

 

   La signora Rossi ordina il suo ritratto a un giovane pittore. Mentre posa si rivolge all’artista:

   – La prego caldamente di non farmi brutta sulla tela!

   – Non si preoccupi signora. Ancora non mi è mai successo di fare un ritratto somigliante!

 

   Un giovane pittore sta dipingendo un paesaggio. Un agricoltore che passa di lì per caso chiede:

   – Cosa dipinge?

   – Dipingo ciò che vedo.

   – Peccato che lei non veda ciò che dipinge!

 

   Un giovane artista mostrò un suo quadro a un noto critico per un giudizio. Il critico dopo averlo osservato a lungo, disse:

   – Ragazzo, una cosa simile potrai dipingerla solo quando sarai famoso, fino a quel momento bisogna dipingere bene!

 

   Un banchiere di origine ebrea ordinò a un noto pittore un grande quadro raffigurante il Passaggio del Mar Rosso. Dopo aver preso un buon anticipo, l’artista non si fece vivo per un anno. Alla fine dopo molti solleciti del banchiere, il pittore si presentò nella residenza di quest’ultimo, con una grande tela rossa.

   – E questo cosa sarebbe?

   – Il Mar Rosso.

   – E dov’è l’esercito del faraone?

   – E’ annegato.

   – E dove sono gli Ebrei?

   – Sono già passati.

 

   Uno scozzese chiede a un pittore:

   – Quanto costa un ritratto a olio dipinto da lei?

   – Dieci sterline.

   Lo scozzese ci pensa un po’ e poi dice:

   – E se porto io i colori, quanto costerebbe?

 

   Una donna incontra una vecchia compagna di ginnasio e dice:

   – Ho sentito che hai sposato un pittore astrattista, come va?

   – Benissimo! Lui dipinge i quadri e io preparo i pranzi. Poi indoviniamo: io – cosa lui ha dipinto, e lui – cosa io ho cucinato!

 

   Un ragazzo chiede alla ragazza:

   – Chi mi consigli di diventare: un pittore o un poeta?

   – Un poeta.

   – Hai letto le mie poesie?

   – No, ho visto i tuoi quadri.

 

   In un museo un gruppo di visitatori si sofferma davanti alla statua di un guerriero romano privo di braccia e di gambe. La guida dice:

   – Lo scultore ha chiamato questa sua opera Il vincitore.

   – Se quello è il vincitore, immagino come doveva sembrare lo sconfitto – osserva uno del gruppo.

 

   La moglie di un pittore chiamò il medico per il marito. Dopo averlo  visitato il medico disse:

   – Troppo tardi mi ha chiamato, signora. Suo marito ha già delle macchie violacee sulle mani.

   – Ma dottore, mio marito ha quelle macchie, perché ha dipinto un quadro coi colori a olio!

   – In tal caso è fortunato, perché se non fosse un pittore, sarebbe già morto!

 

   In una città dell’Unione Sovietica fu deciso di erigere un monumento al grande compositore russo Piotr Čajkovskij. Durante la solenne inaugurazione del monumento, agli occhi dei presenti apparve Josip Stalin seduto in poltrona.

   – Doveva essere un monumento a Čajkovskij – disse meravigliato uno degli spettatori.

   – Infatti! – rispose l’autore del monumento. – Legga la scritta: Il compagno Josip Stalin ascolta la musica di Piotr Čajkovskij.

 

 

 

 

 

 

Weekend ad Amsterdam (11-14.10.13)

15 Ott

 

 

   Amsterdam: 740.000 abitanti, 600.000 biciclette, 165 canali, 1281 ponti, 22 dipinti di Rembrandt, 206 dipinti di van Gogh…una città straordinaria, dove i ciclisti sono più numerosi e pericolosi delle automobili, sbucano e sfrecciano da tutte le parti, incuranti dei pedoni, del vento, della pioggia, sono gli intrepidi e “prepotenti” padroni della città.

   Venerdì 11.10. Pomeriggio interamente dedicato a van Gogh, approfittando anche della chiusura del museo alle ore 22.00. Un dovuto omaggio al grande pittore, rinviato a lungo, un vecchio sogno che finalmente si realizza. Quanta gente! Oh, Vincent! Se tu vedessi la folla che fa la fila per ammirare i tuoi quadri! Piangeresti di gioia o di rammarico? Caro genio incompreso e infelice, ci hai lasciato i tuoi sospiri, le tue gioie, i tuoi pianti. Vincent mi ha accolto come un vecchio amico e mi ha subito rivelato alcuni segreti della sua pittura. Una cosa, infatti, è guardare le riproduzioni, e un’altra cosa è leggere da vicino , dal vivo, la sua anima, quei tocchi di pennello strisciati e fitti, ripetuti con ostinazione, scoprire quelle luci nascoste, quel delirio di colori. Davanti ad alcuni quadri mi sono fermato a lungo, come incatenato dalla musica e dalla poesia che emanavano da essi. Pittore di suoni colorati, poeta della tavolozza!

   Rembrandt mi ha ricevuto il giorno dopo con le sue luci e ombre misteriose e inquietanti, i volti inquisitori e austeri, la magica armonia dei gruppi di personaggi. 

   Nel pomeriggio la gita in battello lungo i canali: una passeggiata nelle viscere della città, una scoperta della sua vita intima tra le belle case di differenti stili e e differente storia, come quella in cui  Anna Frank scrisse il suo celebre diario.

   Domenica 13 una parentesi musicale, dopo tanta pittura: il concerto alla Concertgebouw. In programma un trio di Haydn, uno di Schumann e un quartetto di Fauré.

   E la poesia? In un certo senso neanche essa è mancata…perché mia moglie ed io alloggiavamo nell’albergo “The poet”, situato nella zona dei musei in via Jan Luyken (1649-1712), poeta e disegnatore olandese. Sulle pareti della nostra piccola stanza alcune fotografie in bianco e nero, un grande specchio e tre frasi del complesso pop inglese “Depeche mode”: “Canta come se nessuno ti sentisse”, “Balla come se nessuno ti vedesse”, “Ama come se non fossi mai stato ferito”.

   Ma è difficile raccontare questa città, essa va scoperta personalmente. Ciò che io vi ho trovato mi accompagnerà per tutto il resto dei miei giorni. Grazie Amsterdam, grazie van Gogh, grazie Rembrandt!

                                                                                                 (Paolo Statuti)

 

Ecco alcune fotografie scattate durante questo breve soggiorno

Rijksmuseum

Rijksmuseum

 

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La casa di Anna Frank

La casa di Anna Frank

Con mia moglie (sullo sfondo un megaparcheggio per biciclette)

Con mia moglie (sullo sfondo un megaparcheggio per biciclette)

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Megapercheggio per bici

Megaparcheggio per bici

Alle vittime di Lampedusa

5 Ott

 

L’Italia! Lampedusa!

Sono arrivati

sfiniti affamati

ma felici

si abbracciano

sorridono

piangono di gioia

vogliono lavorare

vogliono vivere!

Sognano un’officina

un cantiere

una pizzeria

un supermercato

sono in tanti

su quel barcone sgangherato

e tutti vogliono

la stessa cosa:

un sorso d’acqua

un po’ di pane

ora la terra

è a portata dei sogni

è così vicina

incredibilmente vicina

eppure…no…

è lontana

ancora lontana

troppo lontana

inaspettatamente lontana…

lontaaa…looonnn…

looooo…

lll…aaa…!

 

4.10.2013       Paolo Statuti