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Roman Jasiński: Il giovane Skrjabin

14 Set
Aleksandr Skrjabin

Aleksandr Skrjabin

Di Roman Jasiński (1900-1987) ho già pubblicato nel mio blog il feuilleton “Storia abbastanza curiosa del Concerto per violino di Robert Schumann”, tratto dal suo volume Spigolature musicali. Da questo stesso libro ho tradotto ora il feuilleton “Il giovane Skrjabin”, che ho il piacere di proporre ai miei lettori. Con l’occasione ricordo cosa disse Boris Pasternak su questo compositore: “Più di tutto al mondo ho amato la musica, più di tutti in essa – Skrjabin”.

Dotato non solo di un talento straordinario, ma anche di una eccezionale intelligenza e sensibilità, il giovane Skrjabin suscitava dovunque apparisse un generale interesse e una grande simpatia. Perfino i suoi professori del Conservatorio di Mosca, persone di regola austere ed esigenti, come ad esempio Safonov o Taniejev, erano soggiogati dal sorprendente talento del giovane, e facevano di tutto per aiutarlo nel suo cammino musicale così promettente.
Soltanto Arenskij non apprezzava il suo geniale allievo, mentre il celebre Bielajev, il milionario mercante di legname, mecenate dei musicisti e fondatore di una grande casa editrice di musica russa a Lipsia, era addirittura infatuato di Skrjabin. Non solo pubblicava tutte le sue compasizioni, ma lo presentava nei più noti centri musicali europei, organizzandogli costosi concerti. In tali occasioni Bielajev rivelava una curiosa debolezza: durante le esecuzioni di Skrjabin sedeva accanto al pianoforte, su un seggiolino appositamente predisposto per lui. Per i soldi che spendeva, voleva almeno mostrare in modo così ostentato e insolito il suo ruolo di munifico mecenate.
Il giovane Skrjabin era di natura delicata e sognatrice, come la sua musica di quel periodo, ora affascinante per la sua dolcezza, ora singolare per il suo impeto giovanile e appassionato, e spesso esprimente un intenso lamento amoroso o una dolorosa confessione. Come il giovane Chopin, che egli del resto adorava, anche Skrjabin aveva la sua Musa, il suo Ideale. Era la giovane e graziosa Nataša Siekierina. Quando la conobbe egli aveva soltanto quindici anni, mentre lei era di quattro anni più giovane. Nataša frequentava il ginnasio, prendendo contemporaneamente lezioni private di musica dal professor Zvieriev, il bizzarro vegliardo che aveva tra i suoi allievi a pensione da lui, anche i giovanissimi Skrjabin e Rachmaninov.
Egli si innamorò di Nataša con tutta la forza del suo primo sentimento amoroso giovanile. Era il momento della maturazione e della formazione del suo talento. Scriveva molto e un gran mumero di composizioni di quel periodo nacquero proprio da quel sentimento. Egli stesso era solito dire che “le migliori idee musicali gli venivano in mente di solito dopo gli incontri con Nataša”. Creava perfino quando erano insieme. Ecco cosa scrive a tale proposito nei suoi preziosi ricordi di Skrjabin la sorella di Nataša, Olga:
“Una sera, tornando a casa tardi, trovai Aleksandr Nikolajevič seduto al tavolo vicino al pianoforte. Davanti a lui un foglio pentagrammato sul quale scriveva qualcosa, provandolo subito al piano e fornendo al tempo stesso a mia sorella alcuni chiarimenti. Alla mia domanda: “Quali mai fantasie state creando?” – rispose: “Nataša Valerianovna crea l’atmosfera, mentre io creo una Sonata”.
“Aleksandr Nikolajevič raccontava – continua Olga Siekierina – che spesso le idee musicali nascevano nella sua mente all’improvviso, in una forma così chiara e perfetta, che riportarle subito sulla carta era una necessità assoluta. Probabilmente anche quella volta era avvenuta una cosa simile, perché un paio di giorni dopo egli portò il manoscritto della sua Sonata-Fantasia, trascritta su una bella carta da musica, ed ogni pagina era ornata di ghirlande di fiori”.
Era probabilmente uno schizzo del primo tempo della Sonata-Fantasia op. 19, che compose, elaborò e terminò nel corso di cinque anni, dal 1892 al 1897. Proprio il primo tempo Andante, pervaso di un tono lirico delicato e toccante, similmente alla Romanza: Larghetto del Concerto in mi minore di Chopin, è il più fedele specchio di quel sentimento giovanile, nonché degli umori, dei desideri e dei sogni di quella fase della sua vita.
L’amore per Nataša durò dal 1891 al 1895. La conobbe che era ancora un allievo del Conservatorio e, quando si separarono, cominciava già ad essere famoso. Lei aveva appena terminato il ginnasio, aveva diciannove anni e sembrava che nulla avrebbe potuto ostacolare la loro reciproca felicità. Dunque perché si separarono? Per molto tempo ciò è rimasto un mistero. A distanza di anni fu pubblicata per la prima volta una lettera di Nataša Siekierina, che rivela la triste fine del loro lungo amore:
“Ora che l’uomo da me amato giace da molto tempo nella tomba, e i nostri capelli sono bianchi come la neve al mattino, voglio dire ciò che non ho mai detto ancora a nessuno. Tra me e Skrjabin in realtà non ci fu una vera e propria rottura, ma egli cominciò a frequentarci sempre più di rado, dopo aver avuto con lui un colloquio molto serio che mi provocò una profonda crisi nervosa.
Un giorno, quando tornavamo da Nina, Aleksandr Nikolajevič mi chiese nuovamente di diventare sua moglie. Gli risposi: Non sono degna di sposarti, mi sembra di amarti meno di un tempo. Egli accolse le mie parole tranquillo e in silenzio, ed io tornai a casa con il cuore lacerato e i pensieri a tratti paralizzati. A nessuno ho mai detto di quel colloquio, perché non si pensasse che a Skrjabin era stata rifiutata la mia mano. Ma fu davvero una conclusione? Semplicemente fu il timore che non sarei riuscita a rendere felice l’uomo che amavo. E che moglie potevo essere di un tale genio? Adesso penso che allora il mio subcosciente mi suggerì la giusta strada”.
Più o meno nel periodo del suo amore per Nataša, il compositore creò il Preludio e il Notturno per sola mano sinistra. Non fu un caso che Skrjabin scrivesse per la mano sinistra queste composizioni, ma piuttosto la conseguenza di una determinata circostanza. Dopo aver sforzato la mano destra con esercizi pianistici troppo intensi, Skrjabin voleva creare qualcosa adeguato alle sue possibilità di esecuzione temporaneamente limitate. Ciò accadde durante i suoi studi al Conservatorio di Mosca, nella classe di Safonov, studi che terminò nel 1892 con l’assegnazione della medaglia d’oro. Della malaugurata sforzatura della mano si legge nei ricordi del pianista Pressman, compagno di Skrjabin:
“Nella classe del professor Safonov c’era con noi il pianista Josif Levin – un vero fenomeno dal punto di vista delle capacità tecniche, il quale già come allievo del conservatorio aveva stupito con la sua tecnica i nostri professori, tra i quali c’erano virtuosi del calibro di Siloti e Pabst. (…) Levin sonava allora in modo splendido Islameya di Balakiriev e la Fantasia dal Don Giovanni di Liszt.
Skrjabin si propose di brillare a tutti i costi come Levin nell’arte pianistica e in segreto, di nascosto al professor Safonov, durante le vacanze estive cominciò ad imparare la difficilissima Fantasia di Liszt dall’opera Don Giovanni. (…) Tuttavia non disponendo di notevoli e innate capacità virtuosistiche, così facendo sforzò la mano destra. Quando Safonov lo vide ridotto così, restò allibito!”
Aggiungiamo che soltanto una lunga cura e la prudente esecuzione di speciali esercizi, riportarono le sue mani ad uno stato relativamente normale. Relativamente – perché per tutta la vita egli risentì degli effetti di quella sforzatura.

Storia abbastanza curiosa del Concerto per violino di Robert Schumann

9 Apr
Robert Schumann

Robert Schumann

   Roman Jasiński (1900-1987), pianista di talento e critico musicale, prima della guerra professore presso il conservatorio di Varsavia, e nel dopoguerra direttore musicale della Radio Polacca. Autore tra l’altro di un volume intitolato “Spigolature musicali” – una scelta dei suoi quasi 1000 feuilleton radiofonici, nei quali invitava gli ascoltatori a interessanti e singolari incontri con personaggi noti e meno noti del mondo della musica. Da questo libro ho scelto e tradotto per i lettori del mio blog il feuilleton intitolato “Storia abbastanza curiosa del Concerto per violino di Robert Schumann”.

 

   Una delle composizioni che hanno eccitato la mia immaginazione in modo quasi ossessivo, è il Concerto per violino di Schumann, opera non di prima grandezza nella creazione di questo geniale compositore, ma che tuttavia non è priva di un suo fascino particolare.

   Come si sa, fu una delle ultime composizioni di Schumann, nata tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1854, quattro mesi prima che si ammalasse gravemente. Dopo la sua morte, questo Concerto fu giudicato dalla moglie Clara – grande pianista – e dal famoso violinista Joseph Joachim un’opera mediocre e indegna del genio di Schumann. Joachim, al quale il compositore aveva pensato scrivendo questo Concerto, guidato dal suo giudizio stranamente severo e sicuramente ingiusto, senza pensarci troppo lo chiuse in un armadio, dove restò dimenticato per lunghi anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 1907.

   Ma neanche allora fu pubblicato, infatti gli eredi di Schumann vendettero il manoscritto alla Biblioteca Statale di Berlino, con la clausola che sarebbe stato possibile stamparlo solo cento anni dopo la morte del compositore, vale a dire nel 1956. Si pensò che sarebbe rimasto là fino al termine stabilito, ma nel frattempo accaddero alcuni fatti singolari.

   All’inizio degli anni ’30 l’ambasciatore svedese a Londra – il barone Eryk Palmstierna – organizzò nella sua residenza una seduta spiritica, nella quale si presentò lo spirito di Schumann. Egli riferì alla violinista ungherese Jelly d’Aranyi, presente alla seduta, e nipote del grande Joachim, che sarebbe stato felice se avesse studiato e suonato il suo Concerto per violino. La violinista non sapeva dell’esistenza di tale Concerto, e quando espresse allo spirito i suoi dubbi, esso bussò le parole: “Ricorda cosa ti ho detto! Prendi contatto con Tovey”.

   Sir Donald Tovey era allora un famoso pianista, compositore e musicologo inglese. D’Aranyi gli chiese del Concerto, ed egli la informò che esso in effetti esisteva e che si trovava nella Biblioteca Statale di Berlino. La violinista fortemente incuriosita da tutta quella storia cercò subito di ottenere una copia dell’opera. Non fu un’impresa facile, e soltanto dopo quattro anni di ripetuti tentativi, ella riuscì nell’intento.

   Nello stesso periodo in cui d’Aranyi aveva ricevuto una copia del Concerto, l’ambasciatore Palmstierna organizzò di nuovo una seduta spiritica, alla quale invitò anche la violinista ungherese.  Anche quella volta si presentò lo spirito di Schumann, che si intrattenne cordialmente con d’Aranyi. Il compositore era assai contento che il suo Concerto fosse tanto piaciuto alla violinista e, approfittando di questa eccezionale occasione, le fornì perfino dei suggerimenti riguardanti l’interpretazione dell’opera: “La parte lenta deve essere eseguita con grande ardore, con una sfumatura di nostalgia per intenti sublimi. E’ come una preghiera per la concordia dell’umanità, continuamente lacerata dal sentimento dell’odio”. Al tempo stesso il compositore, comunicando alla violinista una serie di varianti della parte solista, definì il carattere dell’ultima parte del Concerto “una danza piena di lieto slancio”.

   La storia non finì qui, ma ebbe un seguito sorprendente. Quando nel 1937 d’Aranyi suonò in privato il Concerto a Tovey, egli subito e senza riserve si dichiarò convinto che tutte le modifiche e le varianti della parte per violino da lei apportate, provenivano senza dubbio dallo stesso Schumann, cioè dal suo spirito.

   La notizia fece scalpore. Sulla stampa apparvero numerosi articoli pieni di scetticismo. Tovey tuttavia in una lunga lettera pubblicata dal “Times” di Londra il 23 settembre 1937, si rivolse agli increduli, scrivendo tra l’altro: “Sono profondamente convinto che lo spirito dello stesso Schumann abbia ispirato Jelly d’Aranyi nella sua interpretazione del Concerto per violino.

   Tuttavia questa straordinaria storia non avrebbe forse meritato attenzione e sarebbe stata considerata un vaneggiamento, in parte morboso e in parte umoristico, se i principali protagonisti non fossero state persone così illustri e serie. L’ambasciatore Palmstierna descrisse del resto questa storia con grande precisione nel suo libro “Gli orizzonti dell’immortalità”, mentre una autorità di fama mondiale come Sir Donald Tovey, professore all’Università di Edimburgo, non esitò a pubblicare la sua lettera sul “Times”.

   D’Aranyi tuttavia non riuscì ad eseguire per prima il Concerto di Schumann davanti al pubblico. Nel frattempo l’editore Schott ne aveva inviata una copia al giovanissimo, ma già celebre violinista americano Yehudi Menuhin. Ma neanche a quest’ultimo fu dato di eseguire il Concerto per primo, perché le autorità naziste, non volendo permettere che il primo esecutore dell’opera fosse un non-ariano, si affrettarono a organizzare la prima in Germania, con la partecipazione del violinista Georg Kulenkampff.

(C) by Paolo Statuti