Bella Achmadulina (1937-2010)
La mazurca di Chopin
Quale sorte ci aspettava,
che fortuna ci è toccata,
quando il disco rotante
solo lui ci separava!
All’inizio con sibilo, esilmente,
come biscia tolta alle pietre,
ma il viso di Chopin mostrava
sempre più evidente.
Ed esile come provetta
che contiene acqua azzurra
era lì la fanciulla-mazurca
e scoteva la testa.
Ma come così fragile e perché,
con quel bianco visino polacco,
lei comprese le mie tristezze
e le prese tutte su di sé?
Tendeva le braccia e lontano
scompariva lasciando
concentrati quei suoni
nel disco rigato dall’ago.
(Versione di Paolo Statuti)
Aleksandr Revič (1921-2012)
La casa di Chopin
Un vecchio albero,
La terra più vecchia,
Il mattino più saggio della sera,
Anche grigio
nelle umide nubi,
Con la tramontana
sui funghi
degli alberi.
Albero polacco
sul campo avvallato,
Da quanti,
Quanti anni
di questo sono malato.
Da una sonora goccia
dell’inizio di aprile
Nella lontana infanzia
per sempre ferito,
E come ritorno
di quel dolore –
Questo albero
e questa campagna.
Vecchio parco di Żelazowa Wola.
Dietro la siepe il campo avvallato.
Non c’è ferro qui
né granito,
Solo il rame risuona
della polonése,
Solo i tigli – a coppie –
Scorrono nel vecchio viale,
Solo un albero,
solo una betulla
La nudità cela pudica,
Sullo stagno facendosi le trecce,
Betulla, dolce betulla,
fanciulla viva.
Scusate, cara signora, –
A voi non sussurro parole,
come in un romanzo,
A voi, innamorata di Chopin –
Giovane, magro e castano.
Mi vergogno che con tali parole
A un tratto mi umilio
davanti a voi
così altera,
Io, innamorato dalla nascita
di questo tremolante riflesso
Degli esili rami
sul freddo specchio.
Datemi la mano, per amor di Dio,
Datemi la mano,
date la mano
Come segno d’incontro
e di addio.
1968
(Versione di Paolo Statuti)
Anna Achmatova (1889 – 1966)
Ascoltando la musica
Di nuovo mi giunge la polonése di Chopin,
O mio Dio! – quanti ventagli
E occhi abbassati e dolci volti,
Ma è vicina e fruscia l’infedeltà.
L’ombra della musica è balenata
Ma non ha turbato il verde lunare.
Oh, quante volte qui mi sono sentita gelare
E qualcuno terribile alla finestra mi salutava.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E’ pauroso lo sguardo delle statue senza nasi,
Ma lasciami e per me non lottare
E non pregarmi così amaramente.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E una voce dell’anno tredici
Di nuovo grida: sono qui, di nuovo tuo…
A me non serve la fama e la libertà,
Troppe cose conosco…ma tace la natura
E aleggiò una tombale umidità.
Komarovo 1957
(Versione di Paolo Statuti)
(C) by Paolo Statuti