In questa poesia da me tradotta del poeta russo emigrato Vladimir Smolenskij, morto a Parigi nel 1961, si sente il suo legame spirituale con la “grande prigione” delle città sovietiche, e la consapevolezza della propria “angusta libertà”. Dal suo buio al buio della patria il poeta lancia il suo grido di rovina e di speranza:
* * *
A volte dalla Russia,
Dal mio lontano paese,
Le voci giungono sorde,
Come dal cielo discese.
Ascolto. – Un fioco appello,
O forse un canto o un lamento…
Ma il brusio si fonde col batticuore
E le parole no, io non le sento.
Ma il senso è nelle parole? –
Io capisco tutto dal suono –
Il loro odio e tormento,
Il loro angosciato tono.
Le sento da molti anni,
(Ora più sorde di prima).
Al buio dal buio io lancio
Un grido di speranza e rovina.
E la mia voce si confonde
Con le voci delle cttà,
Sulla loro immensa prigione,
Sulla mia angusta libertà.
(19??)