Nikos Chadzinikolau, poeta, prosatore, autore di testi di canzoni, storico e traduttore della letteratura greca antica e moderna nella lingua polacca e traduttore dal polacco in greco, è nato a Trifilli in Grecia il 1 ottobre 1935 ed è morto a Poznań il 6 novembre 2009. Nella città natale terminò la scuola elementare e due anni di ginnasio. Dopo la guerra civile (1946-49) si ritrovò in Jugoslavia, dove conobbe il poeta e romanziere Ivo Andrić, futuro Nobel per la letteratura nel 1961. Andrić conosceva il polacco, per aver studiato all’Università Jaghellonica di Cracovia. Egli parlava spesso della Polonia al giovane greco, tanto da far nascere in lui il desiderio di conoscere personalmente questo paese. Vi si trasferì all’età di quindici anni. Dapprima a Szczecin, dove terminò il ginnasio e la scuola di musica. Poi si laureò in filologia polacca presso l’Università Adam Mickiewicz di Poznań. Per lunghi anni insegnò in un liceo di questa città. Scrisse le prime poesie in greco. Debuttò sulla stampa greca nel 1956 e sulla stampa polacca nel 1958. Nel 1961 uscì la sua prima raccolta di poesie I colori del tempo. Egli stesso confessò: “Sono contento che la mia origine, la conoscenza della lingua greca dalla culla e della lingua polacca per elezione, della psicologia della gente del sud e del nord, nonché il dono del pensiero poetico, mi permettono di realizzare i miei ambiziosi progetti, di consolidare l’antico ponte che unisce la Grecia alla Polonia”.
Tradusse in polacco tra l’altro il bestseller di Nikos Kazantzakis Zorba il Greco, le favole di Esopo, gli erotici di Saffo, i drammi di Sofocle, l’Iliade e l’Odissea. In greco tradusse ad esempio le Fiabe polacche e la poesia di Szymborska e di Miłosz. Libor Martinek, traduttore dei suoi versi in ceco, scrisse della sua poesia: “…ha un sapore aspro-salmastro. Tale è l’aria greca, tale è il sapore delle olive, il sale che si posa sulle pale dei mulini a vento e sulle labbra dopo l’amore con le ragazze di quella terra. Ogni poesia è una goccia di sale sulle labbra”. Pubblicò più di 100 libri, di cui oltre 30 raccolte poetiche. e ricevette diversi prestigiosi premi.
Il poeta e critico letterario Dariusz Tomasz Lebioda in un bell’articolo sulla poesia di Nikos Chadzinikolau intitolato Il respiro del mare, scrive: “La lirica di Chadzinikolau è straordinariamente raccolta in se stessa, piena di tensioni e reticenze interiori, ha in sé come un ritmo ipodermico, una pulsazione di elementi naturali. Le figure che si muovono in queste poesie vivono in un mondo di colori e di suoni idealmente puri…Il poeta vuole risolvere l’enigma dell’esistenza, vivendo in armonia con la natura, pronunciando parole di alleanza con la smeraldo del mare e con l’azzurro del cielo che riempie il vuoto…Nel suo mondo di delicate immagini e di belle metafore non solo i colori, ma tutto proviene dal sole…Il sole – prima e grande ossessione e nostalgia di Chadzinikolau – che porta sollievo, ma che è anche in grado di distruggere. La seconda sua grande ossessione è il mare. Quando si sente perso, quando ha bisogno di aiuto, il poeta si rivolge al mare, trova soccorso nel respiro del mare, nella sua folle forza e infantile tenerezza. Allora egli dice: Mi basta un solo giorno tra le profondità delle onde e i baci salati.
Nel 2014, cinque anni dopo la morte del poeta, il figlio Ares Chadzinikolau, nato a Poznań nel 1973, poeta, pianista, compositore, per onorare la memoria del padre ha curato e pubblicato una raccolta di circa 1400 poesie scritte dal genitore tra il 1960 e il 2009. Nella postfazione a questo volume la poetessa, giornalista e critico Danuta Bartosz scrive tra l’altro: “Nikos Chadzinikolau da cinque anni non è più tra noi. Il vento diffonde le sue poesie nelle foglie che cadono nei nostri cortili. Le fiamme della memoria sono sempre più alte, anche se nello specchio del tempo i volti si cancellano. Il profondo legame tra padre e figlio, tra i due cuori, resterà per sempre immutato. Ares è in Lui dappertutto, nei preludi, nelle miniature per pianoforte, nelle rapsodie greche, nel concerto Tributo a Nikos Chadzinikolau…”. Ecco una poesia di Ares dedicata al padre:
A mio padre
Sempre più spesso parli del mare,
di annegati gettati sulla riva,
di viaggi incompiuti.
Nella memoria hai il canto delle sirene
e la zattera di Ulisse,
sulla quale io adesso vado alla deriva.
Parli sempre della burrasca,
delle onde dal volto umano,
degli scogli,
sui quali muore il vento.
L’insonnia del faro
nelle tue braccia tese.
(Versione di Paolo Statuti)
Poesie di Nikos Chadzinikolau tradotte da Paolo Statuti
Inverno
In via Staff nevica,
fiocchi come frammenti di cielo,
dietro la finestra il rimpianto si cela
come strano senso nel nonsenso.
Il vento spazza via tutte le ombre,
lascia piccole ferite.
Dai comignoli il fumo si libra in aria
come nuvola irreale.
Un cane abbaia bonariamente,
una ragazza corre sulla neve
con prudenti fiocchi sui capelli.
In via Staff nevica
morbidamente come soffice cordialità.
E malgrado le finestre delle case siano chiuse,
non ci sono segreti.
Tienimi per mano
Tienimi per mano.
Troppi segnali stradali,
troppe svolte, gobbe.
Tienimi per mano.
I passi indecisi tra oblio
e speranza.
Non basta guardare.
Così tanti oscuramenti.
Neanche il filo di Arianna
conduce fuori dal labirinto del mondo.
Tienimi per mano.
Troppe avversità,
troppe fragili ore,
strade biforcate.
Tienimi per mano
come la terra il melo,
perché non si laceri
fino al cuore.
Il poeta
Mio figlio mi ha chiesto
cos’è la poesia.
Gli ho mostrato un uccello con le ali distese.
eppure vedevo uccelli spennati.
Gli ho mostrato un albero coi rami verdi.
Eppure vedevo rami attorcigliati come cappio.
Gli ho mostrato una donna col bambino.
Eppure vedevo donne
che si reggevano il ventre trafitto da un pugnale…
Fedele all’amore
Non mi vergogno dei miei affetti
e nessuna donna ho dimenticato –
esse sono la mia libertà e schiavitù.
Tornano nei sogni come estasi, dolore,
nuvola che cerca la patria,
come riva verso la quale navigo.
Non chiedermi altre parole.
L’affetto più bello –
è amare fino alla morte
e vivere ancora.
Ritorno
Non stupirti,
se nei miei versi
c’è un rammarico solare.
Torno ai suoni
dell’infanzia,
al fiume che scompare.
Icaro
mi ha dato i suoi sogni,
Sisifo
il macigno da portare.
L’insonnia del mare
Il mare non permette di addormentarsi.
Spumeggia in autunno.
Pesa nella memoria,
esige un riscatto.
Ma insegna ad amare la notte
solcata da un corale di rauchi gabbiani
e da un lamento.
Neanche tu puoi addormentarti
sprecando i pensieri con le punte delle dita
sul viso della notte.
Di sale frusciano i nostri corpi.
Poesia
La poesia è una finestra aperta.
Il sole entra come alba di puri carati,
lega il cielo nella stanza.
La gente guarda dentro,
vede la tavola e il pane.
Il vento chiude la finestra.
La luce diventa ricordo.
La gente cerca la cifra,
bussa.
Non vede in profondo,
sente soltanto parole piene di cicatrici.
La poesia è una finestra aperta.
La donna e il tempo
Chiama il falegname, disse,
il bosco nel nostro tavolo si frantuma.
Chiama il pittore, disse,
il cielo si scolora sulle pareti.
Chiama l’idraulico, disse,
dai rubinetti gocciola acqua amara.
Chiama il vetraio,
nei vetri s’incrinano i nostri volti.
Chiama, chiama, disse…
Il cane zoppo
Apri la finestra.
Non importa se quelle dei vicini sono chiuse.
Essi guardano attraverso le tende.
Vedono soltanto ciò che è davanti alla casa.
E là in alto gli uccelli si amano,
danzano sulle funi del vento.
Un cane zoppo nel cortile aspetta il suo padrone.
Non scodinzola, perché non ha la coda.
Non può correre,
si rizza il suo pelo come erba calpestata.
Apri la finestra.
Sorridi al cane zoppo
come in sogno,
anche lui sorriderà a Dio
ululando.
Gli ulivi
Stanno in silenzio nel semicerchio del mare
assorti, ansiosi,
come le madri dei marinai,
le quali nelle onde pescano il proprio riflesso.
Stanno in silenzio nel semicerchio del mare
ricurvi e umili
come scogli dolenti,
che non possono piangere.
Stanno in silenzio nel semicerchio del mare
tristi come il boscaiolo che taglia gli alberi,
cantano con un sussurro, con un breve respiro.
Per me?
La tomba della poetessa
La strada è segnata dalle penne degli uccelli.
Il cimitero del bosco livido di silenzio.
L’iscrizione: “Anna Andrejevna Achmatova
1889 – 1966”.
E soltanto l’eco di un vecchio canto
si dibatte sul dignitoso abete,
sulla croce di legno
incavata dai segreti.
Il lontano settentrione odora di muschio
che pende dai rami del buio.
Palude e cielo hanno il colore dei suoi occhi
come versi trasmessi con un sussurro.
Ricordarli come perduto amore.
(C) by Paolo Statuti