
Alcuni anni fa, in preda al fascino autunnale, ho scritto questa breve poesia:
Amo la primavera,
ma mi commuove l’autunno,
che nasce
dal caldo grembo dell’estate
e muore
nel freddo abbraccio dell’inverno.
Ma come me, quanti poeti sono stati ispirati da questa romantica, dolce e malinconica stagione! Guardo il mio tiglio che pian piano si spoglia, mostrandomi i mille bracci nudi e promettendomi che tornerà a vestirsi in primavera. Guardo la nebbia al mattino, squarciata dalle frecce del sole, non più spavaldo e aggressivo come d’estate, ma più modesto e tranquillo. Tra le citazioni lette sull’autunno, queste tre mi hanno colpito in modo particolare:
“Lascia che la vita sia bella come i fiori d’estate e la morte come le foglie d’autunno” (Rabindranath Tagore)
“In autunno non andate dai gioiellieri per ammirare l’oro, andate nei parchi”
(Mehmet Murat Ildan)
“Tutti dovrebbero trovare il tempo per sedersi e guardare le foglie che cadono” (Elizabeth Lawrence)
Ho deciso di riunire in un unico post tutte le poesie sull’autunno che ho tradotto e pubblicato nel mio blog nel corso degli anni. Ecco come questa stagione ha ispirato tanti poeti, fornendo loro spunti e impressioni diverse:
Poesie sull’autunno tradotte da Paolo Statuti
Anna Achmatova (1899-1966)
I tre autunni
I sorrisi dell’estate io vedo confusi
E d’inverno non troverò segreti,
Ma osservavo quasi senza errore
Tre autunni in ogni anno compresi.
Il primo come disordine festivo
Per dispetto all’estate di ieri,
Come pezzi di notes – di foglie un turbinio,
E l’odore del fumo come dolce incenso,
Intorno – umido e sgargiante, un luccichio.
E prime a danzare sono le betulle,
Indossata la veste trasparente,
Scosse le lacrime fugaci su una vicina
Oltre la siepe prontamente.
Ma ciò accade – appena iniziato il racconto.
Un solo minuto – ed ecco sornione
Giunge il secondo, incurante, come coscienza,
Fosco come aerea incursione.
Tutte sembrano più bianche e più anziane,
È devastata l’estiva intimità,
E la marcia lontana delle trombe dorate
Nella profumata nebbia scorre e va…
E nelle fredde onde del suo incenso
È racchiusa la volta arcana,
Ma il vento si leva, si spalanca –
E a tutti è chiaro: fine del dramma,
E non è il terzo autunno, ma la morte che chiama.
1943
Josif Brodskij (1940-1996)
Canto di ottobre
La quaglia impagliata
sulla mensola del camino.
Il vecchio orologio che batte preciso,
rallegra di sera le membrane schiacciate.
L’albero dietro la finestra – cupa candela.
Da quattro giorni il mare romba contro il molo.
Metti da parte il libro, prendi l’ago;
rammenda i miei panni, senza accendere il lume:
la luce è nell’angolo
dai tuoi capelli d’oro.
1971
Marija Furmanskaja
Storia di un’anima
“Un giardino in autunno…Una panchina bagnata.
E le foglie spazza via a fatica
Lo stanco custode nel suo giaccone liso,
E sotto la panchina c’è un’anima attrappita…
Sì, sì – un’anima come tante, solo che
E’ bagnata e il freddo la fa tremare,
E ricorda il proprietario che aspramente
Disse: «Anima, tu non mi fai campare…
Tu soffri per ogni zanzara uccisa,
Ti contrai per il pianto di un bambino,
Al primo gatto dai la mia colazione –
Vivere con te è un triste destino…
Da tempo sono stanco di piangere.
Ti prego, va’, senza te io felice sarei».
E se ne andò nel fango di settembre,
E la pioggia piangeva assieme a lei.
Vagava a lungo nei cortili bagnati,
Nelle finestre e negli occhi guardava.
L’autunno batteva su di lei coi rami,
E sonoro con la sorte il maltempo litigava.
Un giardino in autunno. Una panchina bagnata.
E le foglie di nuovo frusciano cadendo…
Il custode nel giubbotto ha finito il lavoro,
E sotto la panchina l’anima sta morendo…”
Konstanty Ildefons Gałczyński (1905-1953)
Ecco vedi, di nuovo arriva l’autunno
Ecco vedi, di nuovo arriva l’autunno –
si vorrebbe solo dormire beatamente…
Metti il tuo anello di smeraldo:
la luce verde brillerà piacevolmente.
L’estate come condannata si piega
sotto la scure dell’autunno insanguinata –
ma noi vediamo la primavera nella gemma,
sul tuo dito, nell’anello incastonata.
1937
Ivan Gruzinov (1893-1942)
Autunno. Boscaglia. Vago senza meta…
Autunno. Boscaglia. Vago senza meta.
Si fa sera. Si spegnerà presto
L’arco giallo del tramonto.
Oltre il burrone si fredda il deserto.
Al di là – i campi arati. Il corpo della terra
Dondola col ventre arrossato.
Fruscia col cupo fogliame
Un vecchio ontano dimenticato.
Odore di resine. Batte ritmica la pala.
Stringendo il cappio cadrò.
Madre-terra! non spunterò come il grano.
Una stellina sul campo non accenderò.
Che m’importa di chi mi segue!
Per loro la pena di vivere non vale.
Ecco soltanto io col fardello terra
All’ultimo funesto cavezzale.
1925
Julia Hartwig (1921-2017)
Novembre
Le gambe immobili dei salici sull’acqua
mentre i rami immersi vorrebbero scorrere via
qualcuno invisibile suona il flauto
ma sul ponte non si vede nessuno
A che scopo tornare qui dopo anni
e come sopportare questo equilibrio di bellezza
questo vasto cielo che sulle spalle reggono
le distinte case dell’Isola di San Luigi
Sul fiume naviga un battello con lieve ronzio
un acrobata prova un difficile salto sulla riva
vibra la pelle toccata dal sole
e un blando respiro dell’aria ti accompagna
attraverso novembre e la sua scia di foglie
Non parlare di ciò che qui hai lasciato
non parlare di ciò che ricordi
in questo fiume sono annegati migliaia di cuori
con la nebbia dei ricordi si potrebbe spartire un continente
Milada Kowalewska (1918-2011)
Fuga nell’autunno
A Danka Wiśniewska
Là dove
ottobre
in società col vento
la sua moneta
conia senza tregua
per una carezza
– appena imbrunisce –
frusciando, sul fondo
della zecca scivolano
le anime degli animali
verso la dimora
— — — — — — —
(E’ piuttosto difficile
accogliere un’ombra
in modo che la gioia della visita
sia reciproca)
E così ogni sera
finché
invece delle foglie
comincerà a cadere la neve
(Delle segrete forze della neve
parlerò altrove)
Natal’ja Kugusheva (1899-1964)
* * *
Caro, mio caro, l’autunno
Il corno ha sonato forte.
Cielo e terra ha dipinto Vrubel’
E condannato a morte.
Caro, mio caro, già il sole-falco
La sua preda attende.
E la sera piume scarlatte
Per l’oracolo, solerte prende.
Caro, mio caro, il cui arco
A guardia di frecce roventi sta,
Verso quali paesi la via
L’altrui mira ci mostrerà?
Caro, mio caro, l’autunno
Ci suona un corno sventurato.
E il tamburello di rame del vento
Tra le strade ha indugiato.
Michail Lermontov (1814-1841)
Sole d’autunno
Io amo il sole d’autunno, quando
Tra nuvole e nebbie si fa largo,
E getta un pallido morto raggio
Sull’albero cullato dal vento,
E sull’umida steppa. Io amo il sole,
C’è qualcosa nello sguardo d’addio
Del grande astro simile all’occulta pena
Dell’amore tradito; non più freddo
Esso è in sé, ma la natura
E tutto ciò che può sentire e vedere,
Non provano il suo calore; così è
Il cuore: in esso è ancora vivo il fuoco,
Ma la gente un giorno non lo capì,
E da allora negli occhi brillare non deve,
E le guance non sfiorerà in eterno.
Perché di nuovo il cuore sottoporre
A parole di dubbio e allo scherno?
1831
Apollon Majkov (1821-1897)
* * *
Le foglie d’autunno volteggiano al vento,
Le foglie d’autunno urlano di spavento:
“Tutto muore, tutto muore! Sei nero e spogliato,
La tua fine è giunta, o bosco tanto amato!”
Non ascolta lo spavento loro il bosco maestoso.
Sotto l’azzurro cupo del cielo rigoroso
Egli viene avvolto da sogni così grandi
Che per la nuova primavera avrà forze bastanti.
1863
Peretz Markish (1895-1952)
Autunno
Là le foglie non frusciano in segreta angustia,
E, arricciate, giacciono e sonnecchiano al vento,
Ma ecco una dal sonno si è mossa sulla strada,
Come un topo dorato – a cercare la sua tana.
E il giardino non vigila – entri pure chi vuole,
Là bufere, freddo, pioggia sghemba e sferzante,
E – nessuno. Solo la tristezza qui le lacrime sparge,
Ma ecco esitante mi giunge un ronzio.
Un’ape cammina in fretta sulla soffice rena.
Dal pesante cerchio il ventre è stretto,
E striscia tra un monticello e un ceppo
E con spasimo a un tratto si rizza sulla testa,
E le alucce a un tratto solleva di traverso,
Come ombrello rotto, esse si protendono,
E la morte già si sente nel ronzio affrettato…
Per l’autunno il silenzio passa nel giardino.
1948 (Dalla versione di A. Achmatova)
Nikolaj Ogarjov (1813-1877)
In autunno
Com’erano cari nella delizia primaverile –
La soffice freschezza delle erbe verdeggianti
E i profumati germogli delle giovani foglie
Dei querceti destati sulle fronde oscillanti,
E del giorno i caldi e soavi splendori,
E il dolce intreccio di accesi colori!
Ma siete voi tinte d’autunno le più amate,
Quando il bosco stanco le foglie dorate
Con un sussurro spazza via dal campo falciato,
E il sole più tardi dall’altezza abbandonata,
Guarda, pieno di luminoso sconforto…
Così tace e illumina un placido ricordo
I sogni passati e la felicità passata.
1857
Boris Pasternak (1890-1960)
Bosco autunnale
Il bosco autunnale s’è chiomato.
In esso ombra, sonno e quiete.
Scoiattolo, picchio e civetta,
Dal suo sonno non lo desterete.
E il sole per i viottoli autunnali
Entrando in esso a fine giornata,
Intorno sbircia con apprensione,
Se non ci sia una tagliola celata.
In esso pantani, tremule e gibbosità,
E muschi e macchie d’ontano,
E là, oltre il terreno fangoso,
Cantano i galli da lontano.
Un gallo il suo grido strombazzerà,
Poi di nuovo una lunga interruzione,
Come fosse intento a meditare
Che senso abbia quella intonazione.
Ma in un cantuccio remoto
Un vicino prenderà a chicchiriare.
Come sentinella nella garitta,
Il gallo la sua risposta vuole dare.
Essa risonerà come un’eco,
Ed ecco che insieme tutti i galli,
Segneranno con la gola come biffa,
I quattro punti cardinali.
Dopo l’appello del gallo
Si aprirà il bosco alle estremità,
E i campi, la distanza e il blu dei cieli
Come fossero cosa nuova esso rivedrà.
1956
Maria Pawlikowska-Jasnorzewska (1891-1945)
Autunno
Va con uno scialle rosso e splendente.
Si specchia nell’ovale dello stagno.
Ma è malato. E non sa minimamente
che in quello scialle lo seppelliranno.
1924
Wacław Rolicz-Lieder (1866-1912)
Quando le campane svizzere eseguono una sinfonia: Oremus!
A Grindelwald-Lauterbrunnen, sulle radure delle Alpi Bernesi gli uccelli di neve,
in uno stormo grande come il mondo intero, si appigliano ai cigli delle rocce
scheggiate, e si sciolgono nelle cascate e nelle rapide montane.
I sentimenti di mia Sorella sono bianchi come gli uccelli di neve.
I pastori scendono a valle dietro gli armenti, e le mucche avanzano facendo
risonare la musica di vetro delle campanelle appese ai loro colli.
Mille Zingari battono piatti d’argento.
Da ogni parte scendono i pastori riunendosi tra loro, la mandria s’ingrossa sempre più, cresce di unità, di decine, di centinaia, come valanga che cade
dalla vetta della Jungfrau.
Gli obelischi di Memnone salutano il sorgente Faraone della luce.
Mille mucche procedono sulla larga strada; la strada che percorrono odora
di stalla; ad esse si aggiungono altre mille e ancora mille.
Le facce degli alberi sono chiazzate di rosso.
Un sordo scampanellio riempie l’aria; gli abitanti dei villaggi adiacenti gremiscono le facciate, attirati dall’orchestrina delle mucche.
Mille calici di cristallo suonano in omaggio ai profumi dell’Autunno.
Sui beni terreni regna la libertà.
Interlaken.
Robusti odori profumano l’aria.
Una fiera passione divora i nati in Autunno.
Bagliori rossodorati, cadendo dagli alberi, emettono un suono metallico.
I nomi delle pensioni non hanno l’anima.
Le rovine dei ricordi sono piene d’impiccati!
I pastori della comunità religiosa favellano nella valle, canuti vescovi sono
in mezzo a loro.
Mille Zingari battono piatti d’argento.
Il cielo è malcoperto di rame.
Una donna statuaria mi bacia sulle labbra.
Ville abbandonate e chiuse fanno pensare a un cuore dopo l’ultimo Amore.
Gli obelischi di Memnone salutano il sorgente Faraone della luce.
Un numero enorme di armenti inonda i dintorni.
La luce pomeridiana è come il sorriso di una moglie adultera che muore.
Bambini rubizzi raccolgono castagne color mogano.
Mille calici di cristallo suonano in omaggio ai profumi dell’Autunno.
Passo per i giardini marocchini dell’infanzia.
Chi dipingerà il paesaggio? Colui che dirà una parola che riassume tutto.
Il patriarca dei pastori, poggiate le mani su un bastone, racconta la morte
di suo figlio.
Bagliori rossodorati, cadendo dagli alberi, emettono un suono metallico.
Mille Zingari battono piatti d’argento.
Tappeti di magnati ricoprono i prati.
Le narici delle donne, che hanno nervi, fremono al ricordo del petto peloso
di un uomo.
Gli obelischi di Memnone salutano il sorgente Faraone della luce.
E’ triste per un pastore morire nello scampanellio delle mucche svizzere.
Nei bazar di Bagdad sono distesi i tappeti davanti ai clienti.
Le mucche con sguardo filosofico osservano le valli.
Le giarrettiere delle mie amate si sono inebriate di amore dell’Autunno.
Mille calici di cristallo suonano in omaggio ai profumi dell’Autunno.
E chi non s’inginocchia davanti alla sincerità, stia lontano dalla Poesia.
Il vento arruffa il nero boa di una dama che passa.
I pastori prendono il formaggio dai cestelli, coi coltellini tagliano tonde fette
di pane.
La gente in momenti diversi professa fedi diverse: Io ho la fede del Silenzio.
Mille Zingari battono piatti d’argento.
La famiglia si mette a tavola alla luce di una lampada.
E chi nell’anima artificiale dell’Autunno con violenza i propri sensi non introduce – non toccherà l’epico petto dell’amante.
Gli obelischi di Memnone salutano il sorgente Faraone della luce.
Sento il profumo del vapore che si diffonde da un piatto di patate schiacciate.
Bacerei l’Autunno attraverso le labbra di una donna, che in questo istante
volesse essere mia.
Mille calici di cristallo suonano in omaggio ai profumi dell’Autunno.
Magnifico è il poeta nel paganesimo dei propri sentimenti.
La più grande preghiera dell’Autunno è vezzeggiare una donna avvolta nella
pelliccia.
Nell’Universo un’enorme musica di accompagnamento:
Primo violino – un lungo soffio di vento.
Contrabbassi – il corso di torrenti impetuosi.
Violoncelli – la mia mente e il mio cuore.
Flauto e clarinetti – la voce lontana di bambini.
Tamburello – le campanelle delle mucche svizzere.
Tromba cromatica – il jodler dei pastori.
Organo – il rombo di lontane cascate.
Viole d’amour – il metallico fruscio degli alberi.
Vox humana – sento la voce della mia amata…
Vox humana – la Natura intera, la Natura!
– Osanna!
Boris Ryžij (1974-2001)
Autunno
Le rape dal campo erano già raccolte,
bietole, patate, tutto era già ammassato.
Sullo sfondo del cielo che si distendeva
cadeva la prima neve e il cuore era turbato.
Seguivo la neve, pensando a
chissà cosa, le betulle mi seguivano.
Con l’azzurro si mescolava l’argento,
argento e azzurro si mescolavano.
1999
Fjodor Tjutčev (1803-1873)
Sera d’autunno
Nel chiarore delle sere autunnali
C’è un dolce misterioso incanto:
Il tetro brillìo degli alberi screziati,
Il mesto fruscìo delle foglie amaranto.
L’azzurro offuscato e silenzioso,
Sulla terra che orfana diventa,
E, come presagio di vicine bufere,
A volte un freddo impetuoso vento.
Stanchezza, sfinimento – e su tutto
Il mite sorriso dell’appassire,
Che in un essere ragionevole si chiama
Il nobile pudore del soffrire.
1830
Susanna Ukshe (1885-1945)
* * *
Il balcone è coperto di foglie appassite,
Tra gli alberi un fruscio misterioso,
E il caro aroma degli amati fiori
Non disperderà il pensiero penoso.
Presto l’autunno, come freddo ospite,
Verrà guardando il vecchio balcone,
E una patina porporina coprirà
Le foglie di vite sulle colonne.
Anneriranno le fragranti erbe dei prati,
Le mie rondini dovranno migrare. –
Il triste inverno sotto il peso delle nevi
In qualche modo si dovrà passare.
1917
Vilém Závada (1905-1982)
Autunnale
L’autunno è quasi senza soldi.
Già ottobre attinge dagli ultimi.
Alla fine organizza un ballo
e di nuovo sarà un tripudio.
Foglia con foglia giunge truccata
e volteggia come sul parquet.
Vedi le spalle nude di donne
nel chiassoso abito da ballo?
I capelli arruffati sul capo,
dall’alto cadono, ma cadono
e scompaiono nel buio sull’erba,
prima che termini la mascherata.
Come cadono le foglie autunnali
sempre chissà dove qualcosa cade.
Come pietrine sonore risuona
anche quella serenata per piano.
Di folle musica geme il bosco.
Come metallo tintinnano le foglie.
Dall’alto percuote i tasti
la mano focosa del pianista.
Maria Zientara-Malewska (1894-1984)
Silenzio d’autunno
Oh, come io amo il silenzio autunnale,
Che in una coppa d’oro i sogni mi porta
E la triste anima culla nelle braccia,
Sussurrandole all’orecchio: ricorda.
E le nuvole disperde negli occhi,
Nel cuore porta una gioia infinita,
E risveglia promesse di letizia,
Sbiadite nelle incertezze della vita.
Per le ferite ha un balsamo benefico,
E le lacrime asciuga in fondo al cuore,
Che pace! – non c’è guerra nell’anima,
Da dietro le nubi esce di nuovo il sole.
Il mio spirito in estasi si solleva e brucia,
Avidamente beve il silenzio rinato,
Che procede lungo i solchi dei campi,
Che nel bosco respira in un tempo fatato.
Il mondo ha i colori dell’arcobaleno,
Sento nel silenzio le foglie posarsi,
Formando tappeti con disegni diversi,
Tra i quali odo i sospiri placarsi.
Lieve si piega un ramo nel bosco,
Nel campo un corvo fievole gracchia
E il convolvolo si arrampica e piange
Lacrime di rugiada nella macchia.
Jakub Zonszajn (1914-1972)
Motivo autunnale
Non leggerà neanche un sapiente
nel grigio cielo d’autunno
ciò che scriveva il sole
coi colori dell’estate
Sediamo qui in due e in silenzio
nel vaso si estingue il fiore
Sul tavolo nudo
un triste verso
l’ultima traccia di giorni di sole
Le gocce battono alla finestra
la tortuosa scrittura della pioggia sul vetro
Sul tetto i colombi bagnati
come ratti
(C) by Paolo Statuti
Grazie, Paolo, di questa bella mostra di poeti che cantano l’autunno o in sua occasione.
Ho letto con piacere i tuoi interessanti lavori di traduzione, ma con maggior piacere i tuoi versi, che ho rubato per il Domenicale del 26 marzo.
Grazie caro, mai furto è stato più gradito! 🙂
Grazie per queste traduzioni, sono belle poesie.