Paolo Statuti: Le lettere di Teodoro

17 Nov

     Ogni mattina, alle undici in punto, in un grazioso paesino circondato dai monti, immerso nel verde e attraversato da un piccolo e chiassoso fiumicello, il postino iniziava il suo lavoro sonando di porta in porta. Era un uomo gentile, coscienzioso e diligente, stimato da tutti, pronto a congratularsi se i compaesani ricevevano notizie liete, o a spendere una parola di conforto, se il contenuto delle lettere si rivelava spiacevole o triste. Soprattutto i bambini avevano un debole per lui, perché egli pescando nelle tasche della divisa trovava sempre una caramella o un cioccolatino che porgeva ai piccoli ghiottoni, dopo aver chiesto loro con voce profonda e fintamente severa:

     – Te lo meriti davvero?

     È chiaro che i bambini ogni volta rispondevano di sì, e quindi egli non poteva far altro che sorridere, pensando al tempo stesso: «Bisogna essere proprio ingenui per fare simili domande». Si chiamava Franco, ma data la sua professione e la familiarità con cui lo trattavano, i bambini lo avevano ribattezzato Francobollo, soprannome che egli aveva accettato senza protestare e senza offendersi, considerandolo anzi come un segno di simpatia e di affetto.

     Aveva un carattere tranquillo e bonario, e solo una volta gli era capitato di arrabbiarsi e di alzare la voce. Fu quando alcuni ragazzacci venuti dalla città, approfittando di un suo momento di distrazione, gli avevano sottratto la borsa piena di corrispondenza, e soltanto verso sera lo avevano informato che essa si trovava sull’albero che cresceva accanto a una casetta abbandonata, in un vicolo del paese. Sì, quella volta era andato su tutte le furie – e ne aveva tutte le ragioni, ma la cosa non s’era più ripetuta, perché i monelli erano stati scoperti e severamente puniti e avevano capito la lezione.

     Durante le ore di servizio Francobollo aveva dunque l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere e di scherzare un po’ con la gente. Ma quando finiva il lavoro o tornava a casa, o nei giorni di festa, diventava di colpo malinconico e pensieroso, perché viveva solo. Infatti non si era sposato, e spiegava la cosa dicendo:

     – Purtroppo ho perso l’occasione buona al momento giusto.

     Inoltre in quel paese non aveva neanche un parente o un amico che gli dedicasse un po’ di tempo. Anche i parenti che vivevano lontano lo avevano dimenticato, e così non riceveva mai né una lettera, né una cartolina. A poco a poco questa privazione era diventata un’idea fissa, e più ci pensava, più si rammaricava che il destino gli negasse quel gran piacere della vita che è appunto la corrispondenza. Si sentiva come defraudato di un sacrosanto diritto, e si paragonava ora a un orologiaio che non possieda nemmeno un orologio, ora a un calzolaio senza scarpe o a un cuoco costretto a mangiare patate e soltanto patate…

     Una sera il postino era particolarmente giù di corda. Anche quel giorno aveva consegnato numerose lettere, rendendo felici tante persone, e come al solito non aveva trovato nulla per sé, neanche una cartolina con i soli saluti. All’improvviso ebbe come un lampo di genio e si disse: «Da domani comincerò a scrivermi da solo». Si ricordò che da piccolo era molto affezionato a un cugino che si chiamava Teodoro, e quindi decise che sarebbe stato proprio lui il mittente delle lettere e cartoline che avrebbe ricevuto. Si sentì di colpo leggero e sereno, come se si fosse tolto una grossa pietra dal cuore e se ne andò a dormire, pensando al contenuto della prima lettera da imbucare il giorno dopo.

     E così cominciò quella strana, immaginaria corrispondenza, con cui Francobollo cacciava via la solitudine, riempiendo il vuoto che sentiva nell’animo. Erano lettere dal contenuto più svariato, nelle quali il postino esprimeva i suoi desideri, le sue gioie e contrarietà, ma soprattutto il bisogno di compagnia che provava quando era libero dal lavoro. Erano lettere brevi e semplici, ma piene di calore umano, di quel calore che in fondo ogni uomo, anche il più indurito e insensibile, segretamente desidera. Ecco alcuni esempi presi a caso:

     Caro Franco,

     mi congratulo molto per l’aumento di stipendio che hai avuto. Finalmente potrai comprarti quel vestito che sognavi. Cosa fai domenica? Con questo bel tempo è un peccato restarsene in casa. Perché non vieni a trovarmi? Faremo una bella gita insieme e festeggeremo l’aumento ricevuto con un goccetto di quel vino rosso di cui vai matto…

     Allora ti aspetto. A presto, ti abbraccio,

                                                                                                                        tuo Teodoro

     Carissimo Teodoro,

     oggi ho avuto una giornata piena di piacevoli sorprese, ma la più bella è stata naturalmente la tua lettera. Sei sempre molto gentile e le tue parole non solo mi fanno tanta compagnia, ma sono anche un grande conforto. Sei riuscito poi a trovarmi quel cuccioletto che ti avevo chiesto?…

     Dammi presto tue notizie, ti abbraccio,

                                                                                                                           tuo Franco

     Mio caro cugino,

     ho appreso con grande dispiacere che sei stato molto male, ma sono contento che che tu ti sia ristabilito. Purtroppo non ho potuto farti visita, perché ho dovuto terminare un lavoro assai importante e urgente. Ti occorre qualcosa? Posso esserti utile in qualche modo?… Ti penso spesso,

                                                                                                                        tuo Teodoro

     Il tempo passava e Francobollo aveva già riempito cinque cassetti, e una cassapanca di lettere e cartoline. Da qualche anno non sapeva più cosa fossero malinconia e solitudine, e viveva contento e soddisfatto. Inaspettatamente però, qualcosa venne a turbare quel suo mondo placido, stravagante e fantastico. Fu nel giorno del suo sessantesimo compleanno, che coincideva con l’inizio della pensione. Francobollo era ormai libero dagli obblighi professionali e avrebbe avuto tutte le giornate a disposizione per riposarsi, leggere, fare lunghe passeggiate e, naturalmente, continuare ad occuparsi della sua corrispondenza. Ma stranamente, anziché rallegrarsene, si sentì di colpo smarrito e abbattuto, scontento e deluso. «Perché?» – si chiese. E cercò di rispondersi facendo un bilancio della sua vita. «Cosa ho fatto in fondo? – si disse – ho percorso a piedi centinaia e centinaia di chilometri, consumando tante paia di scarpe. Sempre e soltanto le stesse cose, consegnando migliaia e migliaia di lettere e cartoline, come una macchina a gettoni… Quante vere gioie ho avuto? Ben poche. Se non avessi escogitato questa stupida…» – voleva aggiungere: «corrispondenza con Teodoro», ma si morse le labbra e scoppiò a piangere.

     Quella sera andò a dormire con la bocca amara e col profondo rammarico di non aver fatto nella vita qualcosa di diverso, di più importante, qualcosa d’infinitamente più grande. E con questi pensieri si addormentò e fece un sogno.

     Sarebbe troppo lungo raccontarvelo tutto, ma posso assicurarvi che fu esattamente ciò che quella notte Francobollo sognava di vivere – un’avventura meravigliosa, piena d’imprevisti, di pericoli e di atti di coraggio per recapitare una lettera a un famoso alchimista che viveva in un castello lontano e inaccessibile, e che era l’unico al mondo a conoscere la formula della medicina che avrebbe salvato l’intero paese da una terribile epidemia. Francobollo era tornato sano e salvo con la ricetta dell’alchimista, e per questa sua eccezionale impresa era stato sommerso di medaglie e diplomi e proclamato eroe nazionale. In suo onore avevano sparato anche una salva di ventun colpi di cannone, ma tutto quel frastuono improvviso finì con lo svegliare l’eroe. Aprì gli occhi, ancora sotto l’impressione del trionfo, e capì subito che purtroppo si era trattato solo di un sogno. Si alzò di malavoglia, s’infilò le pantofole e si accinse a prepararsi un tè. Per recarsi in cucina doveva passare per il soggiorno, e così facendo notò sul tavolo al centro della stanza un vaso con un gran mazzo di fiori. Si avvicinò e allora vide che accanto al vaso c’era una lettera. «Che strano –  pensò – non ricordo di averla scritta…» L’aprì e cominciò a leggere, sgranando gli occhi e impallidendo:

     Caro Franco,

     tanti sinceri auguri per il tuo compleanno e complimenti per il tuo eroismo! Hai fatto davvero un bel sogno di gloria, ma a cosa ti è servito? Cosa ne hai ricavato? Niente! – sei ancora più avvilito di prima. E senza alcun motivo. Non ti basta la riconoscenza e la stima che ti sei guadagnato con la tua vita semplice, ma onesta e utile a tutti i tuoi compaesani? Credimi, non hai nulla da invidiare al valoroso protagonista del sogno, perché ciò di cui oggi tu puoi vantarti è la cosa più difficile e preziosa che un uomo possa desiderare: la coscienza di aver fatto sempre il proprio dovere. Continuerò a scriverti, per tenerti compagnia e per toglierti dalla testa pensieri strani, inutili e nocivi. Ti stimo e ti abbraccio,

                                                                                                                        tuo Teodoro

     Francobollo si sedette sentendosi tremare le gambe, prese un foglio di carta e scrisse a caratteri traballanti:

     Caro Teodoro,

     grazie… hai ragione tu… verrò presto a trovarti e parleremo di questa e di altre cose… a proposito, hai ancora un goccio di quel rosso che tu sai? Ne ho proprio bisogno… A presto,

                                                                                             tuo affezionatissimo cugino

     Poi Francobollo imbustò la lettera e scrisse l’indirizzo:

     Al carissimo cugino Teodoro

e sorridendo la mise in un cassetto assieme alle altre.

2 Risposte a “Paolo Statuti: Le lettere di Teodoro”

  1. antonio sagredo novembre 18, 2019 a 5:37 am #

    Caro Paolo,
    la decrizione di rapporti amicali fra due persone che si rispettano supportata da atmosfere diafane e tenerezze di sentimenti è un piccolo capolavoro. Scrivere così semplicemente in pienezza, come si dice, di cuore e passione, è stato il mio nascosto sogno, che non mi è mai riuscito.

    antonio

    • Paolo Statuti novembre 18, 2019 a 7:39 am #

      Grazie Antonio, considero il Tuo commento come la più bella lettera del cugino Teodoro.

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