
Icchak Kacenelson, nato nel 1886 e morto nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1944. Poeta, drammaturgo, pedagogo e traduttore ebreo. Scrisse le sue opere nelle lingue jidysz ed ebraica. Tra le mie carte ho ritrovato la mia vecchia traduzione dal polacco di questa sua struggente poesia, che ora pubblico col pensiero rivolto alla guerra scoppiata il 1 settembre di 80 anni fa e ai milioni di morti da essa causati.
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Mostrati, mio popolo, appari, solleva le braccia
Dalle fosse profonde, che fino all’orlo hai colmato di te
Mucchio su mucchio ricoperto di calce e arso dalla brace –
Alzati! Ed esci dagli strati più fondi della tua tomba!
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E accorre trafelato il giovane esploratore – ha le armi e
le distribuisce.
Per me sono sono bastate. Non importa. E’ tutto per me,
Anche se non nella mia mano…Troppo tardi…tutto è in
ritardo…
No! Non è mai troppo tardi; l’ultimo degli Ebrei – se
E’ capace di uccidere l’assassino – il suo popolo difenderà!
Perché si può pur salvare anche un popolo trucidato…
Salvatevi, fratelli – dicevo, così parlai a loro.
E forse li ho confortati. Ho dato forza a loro e a me.
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Tra i Polacchi e i Tedeschi ricercavano i soldati della libertà,
Sui quali ricadeva la minima ombra, l’ombra tremenda del
sospetto
Di essere fedeli al popolo…E ancora di più caddero i Russi
Nelle città e nei villaggi. Quante tombe di partigiani!
Noi invece hanno ucciso diversamente, hanno ammazzato
i bambini nelle culle
E quelli non ancora usciti dal grembo materno.
Ci hanno trasportati coi treni, destinazione – Treblinka,
E là, prima di asfissiarci, ci hanno detto:
“Spogliatevi qui. Mettete i vestiti tutti insieme
E le scarpe appaiate, lasciate tutto qui.
Queste cose vi serviranno ancora – i vestiti,
Le scarpe…Fra poco tornerete qui e vi riprenderete
la vostra roba!
Siete stanchi dal viaggio – eh? Venite da Varsavia?
Da Parigi? Da Praga? Da Salonicco? Andate, vi aspetta
un bagno caldo!”
E ne conducono mille alla camera, e altri mille
Aspettano nudi la morte dei primi mille.
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(Versione di Paolo Statuti)
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