Adam Ziemianin, poeta e giornalista polacco, è nato a Muszyna il 12 maggio 1948. Ha studiato presso l’Istituto Superiore per Insegnanti e alla facoltà di Filologia polacca dell’Università Jaghellonica. Nel 1977 ha iniziato a lavorare come giornalista nel periodico Il ferroviere. Ha debuttato nel 1968 sul settimanale Vita letteraria con la poesia San Giovanni di Kasina Wielka. Nella prima metà degli anni ’70 fu legato al gruppo poetico Tylicz. Nel 1975 è uscita la sua prima raccolta di poesie Torna il sereno sulla nostra casa. Il noto critico letterario Ryszard Matuszewski la considerò uno dei debutti più interessanti di quell’anno. Suoi lavori sono stati tradotti in inglese, tedesco, russo e italiano. Ha ricevuto diversi importanti premi letterari.
Ha pubblicato molte raccolte di poesie. Scrive il critico Ryszard Kołodziej: „Ziemianin parla di ciò che per lui è essenziale, che sperimenta nella vita di tutti i giorni. Le sue poesie piacciono per la loro delicatezza e per la simpatia verso il prossimo, nonché per la ricchezza delle associazioni, colorite, quando occorre, da un leggero umorismo, da una ironia senza cinismo e superbia.” Sensibile al dettaglio, dotato del dono dell’osservazione, penetra nella vita della Polonia dei palazzoni, dei tram e degli autobus, della gente semplice che non conosce il lusso. La costruzione trasparente, la chiarezza del contenuto attirano l’interesse dei compositori, e infatti Ziemianin è conosciuto anche come autore di testi di canzoni di successo.
Poesie di Adam Ziemianin tradotte da Paolo Statuti
Preghiera per ridere
Ridere mi serve
in questi strani tempi
un ridere sano
come acqua di fonte
che mi culli
in questo grande viaggio
e mi conduca
in una buffa locanda
Che risuoni e stanchi
fino all’affanno
ridere mi serve
più di ogni cosa
che tremino
dal ridere le pareti
che per sempre
io ne sia ubriaco
non un crudele
non un cinico
un ridere mi serve
molto umano
Siena
Qui gli scaltri uccelli
Cantano in italiano
E sul noce
– Benché sia ancora maggio –
I pugnetti dei frutti
Già si svegliano a Siena
Mi sveglio con loro felice
Nel cielo gli aquiloni italiani
Voglio in silenzio sospirare per Te
Questo soltanto mi viene in mente
Perché un grillo davvero
Si è posato su un ulivo
Guardo – in basso – questa città
Tutta di color mostarda
Dall’alto del sole dell’est
– una lacrima avverto nell’occhio –
E nella testa s’intromette
Quella mia nota quiete polacca
Le lettere bruciano
L’attizzatoio le ultime lettere leggeva
Col lungo naso frugava nella cenere
E volavano nell’aria le parole bruciacchiate
Se ancora significavano qualcosa – non lo so
“…solo vieni alla stazione – ti prego”
Ma la stazione era già carbonizzata
E l’ora del treno incenerita
Brani di lettere volavano come angeli neri
Le parole lette al mattino di nuovo
Erano anch’esse come neri fiocchi di neve
L’attizzatoio sgranava gli occhi
Ma niente di più poteva leggere
“…solo vieni alla stazione – ti prego”
Ma nessuno sapeva più per cosa
Perché si era carbonizzato l’orario e il treno
Ma l’attizzatoio solo lui non desisteva
Una notte così fedele
Una notte così fedele
come una cagna nera
i suoi denti scintillano
folli stelle
La luna a un abete
si è impigliata con un corno
le sarà difficile
rintanarsi dietro il monte
E sul balcone
qualcuno pallido come un cencio
gioca con se stesso
a carte scoperte
La donna di cuori
è caduta dal mazzo
ma bisogna contare
sui venti propizi
Silenzio nella stazione termale
in questa stagione dell’anno
il locale “Al Galletto”
è già quasi vuoto
Tra gli ultimi ospiti
si siede settembre
il villaggio a chiave
hanno chiuso le gru
Il tuo seno
(Per ordine del cuore, del fuoco,
dell’aria e dell’acqua)
Il tuo stupendo seno rigonfio baciavo
I tuoi capelli ondeggiavano nell’erba
L’aria si piegava del tutto
A volte s’inchinava solo su un ginocchio
Nella preghiera le libellule immobili
Meditavano su una foglia o su se stesse
Per ordine del cuore del fuoco dell’aria e dell’acqua
Salivamo insieme le calde scale
Come caprioli spaventati correvano le nostre mani
Perché per mano ci conduceva la bianca ascia del sole
Tagliava i rami ai pini essi in cielo si slanciavano
Sempre più folli nella fuga dalla morte
E a un tratto esplose la radura davanti a noi
Gli occhi spalancati si stupivano loro stessi
Dicevi come nella febbre mostrando le campanule
Che le loro impronte conducono dritte in cielo
La casa verde
La mia casa mi è sempre più lontana
Tutte le chiavi si sono smarrite
La casa dietro il fiume
La casa verde di via del Giardino
Eppure là è rimasto tutto
L’orologio di papà l’anello di mamma
La moneta d’argento con Piłsudski
Il ditale dorato di nonna Anna
E gli incontri sotto il balcone
Quando la vite vergine toccava la testa
Quando arrivavi così bella
Col passo leggermente di maggio
E scoprivamo la lingua delle peonie
Lingua fiorita e rigogliosa
Jan Sopel sonava alla fisarmonica
La nota melodia inebriante
“Questa è l’ultima domenica
Domani ci lasceremo…”
Come faceva poi Jan a sapere
Che sarebbe stata l’ultima
Dall’orto
io newton del villaggio
insegno alle mie mele a cadere
non lontano dall’albero
ed ecco la dorata renetta
che siede nelle pieghe
del manto regale
e i meli selvatici tambureggiano
nel locale di servizio
ma i problemi maggiori
li ho con la renetta grigia
spaventata dal buffone
del re con il racconto
della sorella peccatrice nell’Eden
non riesco a convincerla
che il paradiso non ci sarà più
Soli come le stelle
A volte così umanamente
O Dio ci compatisci
Perché anche Tu
Non sempre puoi aiutarci
Non perché la Tua divinità
O il potere divino hai perso
Ma troppo chiaramente vedi
Che noi siamo così piccoli
Ti metti dunque
Le nostre faccende in tasca
Ed è come se dimenticassi
Che siamo qui sulla Terra
Soli come le stelle
Che mettesti in movimento
O come i fragili rami
Cui il vento ha rubato la forza
E i Tuoi santi precetti
I piani così straordinari
Spesso ci sono incomprensibili
Dunque come rispettarli?
Tu sai benissimo
Perché mandi la tempesta
E sai anche chi è paziente
E chi non sopporta a lungo
C’è tanta pazienza
Nella Tua condotta divina
A volte ci sentiamo persi
Tu lo sai benissimo – o Signore
E il mondo gira
Sempre più folle
Come fosse sfuggito a un tratto
Ad ogni controllo
Colloquio senza parole
Con te anche tacere
E’ così interessante
Quando siedi tutta bella
Con il tuo piccolo caffè
E sollevi la tazzina
Non troppo in alto
Quasi volessi controllare
Se c’è ancora un perché
I tuoi cari capelli
I tuoi occhi color caffè
Come ti ammiro
In questo tacito colloquio
La confessione
L’autunno si confessa con l’alveare
Che sta vuoto ai bordi dell’apiario
Gli è così difficile ricordare qualcosa
Perché quali mai peccati può avere
(C) by Paolo Statuti
proprio una bella voce poetica, molto musicale che scorre allegra come un ruscello di montagna.
Grazie Paolo per queste meravigliose traduzioni
Un abbraccio
Grazie a te Francesco per il tuo puntuale e sincero apprezzamento del mio lavoro.