Adam Ziemianin

19 Feb

Adam Ziemianin

 

Adam Ziemianin, poeta e giornalista polacco, è nato a Muszyna il 12 maggio 1948. Ha studiato presso l’Istituto Superiore per Insegnanti e alla facoltà di Filologia polacca dell’Università Jaghellonica. Nel 1977 ha iniziato a lavorare come giornalista nel periodico Il ferroviere. Ha debuttato nel 1968 sul settimanale Vita letteraria con la poesia San Giovanni di Kasina Wielka. Nella prima metà degli anni ’70 fu legato al gruppo poetico Tylicz. Nel 1975 è uscita la sua prima raccolta di poesie Torna il sereno sulla nostra casa. Il noto critico letterario Ryszard Matuszewski la considerò uno dei debutti più interessanti di quell’anno. Suoi lavori sono stati tradotti in inglese, tedesco, russo e italiano. Ha ricevuto diversi importanti premi letterari.

Ha pubblicato molte raccolte di poesie. Scrive il critico Ryszard Kołodziej: „Ziemianin parla di ciò che per lui è essenziale, che sperimenta nella vita di tutti i giorni. Le sue poesie piacciono per la loro delicatezza e per la simpatia verso il prossimo, nonché per la ricchezza delle associazioni, colorite, quando occorre, da un leggero umorismo, da una ironia senza cinismo e superbia.” Sensibile al dettaglio, dotato del dono dell’osservazione, penetra nella vita della Polonia dei palazzoni, dei tram e degli autobus, della gente semplice che non conosce il lusso. La costruzione trasparente, la chiarezza del contenuto attirano l’interesse dei compositori, e infatti Ziemianin è conosciuto anche come autore di testi di canzoni di successo.

 

Poesie di Adam Ziemianin tradotte da Paolo Statuti

 

 

Preghiera per ridere

 

Ridere mi serve

in questi strani tempi

un ridere sano

come acqua di fonte

 

che mi culli

in questo grande viaggio

e mi conduca

in una buffa locanda

 

Che risuoni e stanchi

fino all’affanno

ridere mi serve

più di ogni cosa

 

che tremino

dal ridere le pareti

che per sempre

io ne sia ubriaco

 

non un crudele

non un cinico

un ridere mi serve

molto umano

 

Siena

 

Qui gli scaltri uccelli

Cantano in italiano

E sul noce

– Benché sia ancora maggio –

I pugnetti dei frutti

Già si svegliano a Siena

 

Mi sveglio con loro felice

Nel cielo gli aquiloni italiani

Voglio in silenzio sospirare per Te

Questo soltanto mi viene in mente

Perché un grillo davvero

Si è posato su un ulivo

 

Guardo – in basso – questa città

Tutta di color mostarda

Dall’alto del sole dell’est

– una lacrima avverto nell’occhio –

E nella testa s’intromette

Quella mia nota quiete polacca

 

Le lettere bruciano

 

L’attizzatoio le ultime lettere leggeva

Col lungo naso frugava nella cenere

E volavano nell’aria le parole bruciacchiate

Se ancora significavano qualcosa – non lo so

 

“…solo vieni alla stazione – ti prego”

Ma la stazione era già carbonizzata

E l’ora del treno incenerita

Brani di lettere volavano come angeli neri

 

Le parole lette al mattino di nuovo

Erano anch’esse come neri fiocchi di neve

L’attizzatoio sgranava gli occhi

Ma niente di più poteva leggere

 

“…solo vieni alla stazione – ti prego”

Ma nessuno sapeva più per cosa

Perché si era carbonizzato l’orario e il treno

Ma l’attizzatoio solo lui non desisteva

 

Una notte così fedele

 

Una notte così fedele

come una cagna nera

i suoi denti scintillano

folli stelle

 

La luna a un abete

si è impigliata con un corno

le sarà difficile

rintanarsi dietro il monte

 

E sul balcone

qualcuno pallido come un cencio

gioca con se stesso

a carte scoperte

 

La donna di cuori

è caduta dal mazzo

ma bisogna contare

sui venti propizi

 

Silenzio nella stazione termale

in questa stagione dell’anno

il locale “Al Galletto”

è già quasi vuoto

 

Tra gli ultimi ospiti

si siede settembre

il villaggio a chiave

hanno chiuso le gru

 

                 Il tuo seno

   (Per ordine del cuore, del fuoco,

            dell’aria e dell’acqua)

 

Il tuo stupendo seno rigonfio baciavo

I tuoi capelli ondeggiavano nell’erba

L’aria si piegava del tutto

A volte s’inchinava solo su un ginocchio

 

Nella preghiera le libellule immobili

Meditavano su una foglia o su se stesse

Per ordine del cuore del fuoco dell’aria e dell’acqua

Salivamo insieme le calde scale

 

Come caprioli spaventati correvano le nostre mani

Perché per mano ci conduceva la bianca ascia del sole

Tagliava i rami ai pini essi in cielo si slanciavano

Sempre più folli nella fuga dalla morte

 

E a un tratto esplose la radura davanti a noi

Gli occhi spalancati si stupivano loro stessi

Dicevi come nella febbre mostrando le campanule

Che le loro impronte conducono dritte in cielo

 

La casa verde

 

La mia casa mi è sempre più lontana

Tutte le chiavi si sono smarrite

La casa dietro il fiume

La casa verde di via del Giardino

 

Eppure là è rimasto tutto

L’orologio di papà l’anello di mamma

La moneta d’argento con Piłsudski

Il ditale dorato di nonna Anna

E gli incontri sotto il balcone

Quando la vite vergine toccava la testa

Quando arrivavi così bella

Col passo leggermente di maggio

 

E scoprivamo la lingua delle peonie

Lingua fiorita e rigogliosa

Jan Sopel sonava alla fisarmonica

La nota melodia inebriante

 

“Questa è l’ultima domenica

Domani ci lasceremo…”

Come faceva poi Jan a sapere

Che sarebbe stata l’ultima

 

Dall’orto

 

io newton del villaggio

insegno alle mie mele a cadere

non lontano dall’albero

 

ed ecco la dorata renetta

che siede nelle pieghe

del manto regale

e i meli selvatici tambureggiano

nel locale di servizio

 

ma i problemi maggiori

li ho con la renetta grigia

spaventata dal buffone

del re con il racconto

della sorella peccatrice nell’Eden

 

non riesco a convincerla

che il paradiso non ci sarà più

 

Soli come le stelle

 

A volte così umanamente

O Dio ci compatisci

Perché anche Tu

Non sempre puoi aiutarci

 

Non perché la Tua divinità

O il potere divino hai perso

Ma troppo chiaramente vedi

Che noi siamo così piccoli

 

Ti metti dunque

Le nostre faccende in tasca

Ed è come se dimenticassi

Che siamo qui sulla Terra

 

Soli come le stelle

Che mettesti in movimento

O come i fragili rami

Cui il vento ha rubato la forza

 

E i Tuoi santi precetti

I piani così straordinari

Spesso ci sono incomprensibili

Dunque come rispettarli?

 

Tu sai benissimo

Perché mandi la tempesta

E sai anche chi è paziente

E chi non sopporta a lungo

 

C’è tanta pazienza

Nella Tua condotta divina

A volte ci sentiamo persi

Tu lo sai benissimo – o Signore

 

E il mondo gira

Sempre più folle

Come fosse sfuggito a un tratto

Ad ogni controllo

 

Colloquio senza parole

 

Con te anche tacere

E’ così interessante

Quando siedi tutta bella

Con il tuo piccolo caffè

 

E sollevi la tazzina

Non troppo in alto

Quasi volessi controllare

Se c’è ancora un perché

 

I tuoi cari capelli

I tuoi occhi color caffè

Come ti ammiro

In questo tacito colloquio

 

La confessione

 

L’autunno si confessa con l’alveare

Che sta vuoto ai bordi dell’apiario

Gli è così difficile ricordare qualcosa

Perché quali mai peccati può avere

 

 

(C) by Paolo Statuti

2 Risposte a “Adam Ziemianin”

  1. Francesco Casuscelli febbraio 19, 2018 a 10:42 PM #

    proprio una bella voce poetica, molto musicale che scorre allegra come un ruscello di montagna.
    Grazie Paolo per queste meravigliose traduzioni

    Un abbraccio

    • Paolo Statuti febbraio 20, 2018 a 7:22 am #

      Grazie a te Francesco per il tuo puntuale e sincero apprezzamento del mio lavoro.

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