„Guernica” di Pablo Picasso è uno dei simboli più drammatici delle atrocità del XX secolo e, considerando i tragici avvenimenti di questa prima parte del XXI, non cessa di gridare il suo monito contro la guerra. Fu commissionato al grande pittore dal governo repubblicano spagnolo nel 1937, durante la guerra civile (1936-1939), per essere mostrato alla Esposizione internazionale di Parigi dello stesso anno. Fu un omaggio alla città basca di Guernica, bombardata il 26 aprile 1937 dall’aviazione tedesca. Il quadro raffigura un locale, dove in alto è appesa una lampada. Forse è una cantina, dove la gente si rifugia prima del bombardamento, o forse una stalla, data la presenza degli animali. Questi ultimi possono simboleggiare il dolore e la paura della gente durante la guerra. Il quadro è una potente allegoria della sofferenza. Terminato il conflitto bellico, Picasso volle che “Guernica” tornasse in Spagna al termine del regime di Franco. Esso com’è noto, finì nel 1975, alla morte del dittatore. Il quadro tornò a Madrid nel 1981 da New York, dove era rimasto tutti quegli anni. E’ custodito ora nel Museo della Regina Sofia. Ho trovato e tradotto questa poesia del poeta polacco Andrzej Gliwiński.
Andrzej Gliwiński
Guernica di Pablo Picasso
Questo non è una quadro che canta,
perché il grido non può avere forma di inno.
Forte è lo schiocco delle lingue
degli animali fermati dal fuoco. I tori
con il ventre tagliato,
le teste dei cavalli separate dal tronco
– si sente ancora il furioso calpestio
degli zoccoli nell’arena della corrida.
Quella uccisione aveva una diversa misura.
Gente che scava con le unghie, coi gomiti,
– il cumulo fumante dell’incendio.
Mancano gli stendardi – stupisce anche
che nessuno canti. C’è il sole
che sovrasta la città in fiamme –
come favo o fetta di limone.
Si penserebbe che Delacroix
non avesse ancora raggiunto il grado
di incredulità di Picasso – credeva
nel rosso drappo della libertà,
che rivoluzione e tempo hanno dissanguato.
(C) by Paolo Statuti
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