Joanna Maria Kulmowa è nata a Łódź il 25 marzo 1928. Della sua infanzia parla con tenerezza, anche se afferma che essa avrebbe avuto un corso più felice se “lei fosse stata meno piagnucolona”. Si ricorda come anima solitaria, amante della natura e “bambina eternamente sconsolata”. Trascorse gli anni della guerra prima a Varsavia e poi a Milanówek. Nel 1945 tornò a Łódź. Sognava la carriera teatrale. Conseguito il diploma all’Accademia d’Arte Drammatica nel 1952, studiò regia all’Accademia Teatrale di Varsavia fino al 1955. Nel 1954 la censura le impedisce di pubblicare i suoi testi. Per puro miracolo non viene espulsa dalla scuola superiore per avere eseguito i canti di Natale durante il campeggio invernale studentesco. Un’altra volta viene redarguita da membri del partito, per aver recitato all’Accademia la poesia A un uomo semplice di Julian Tuwim (v. nella mia versione in musashop.wordpress.com).
Durante gli studi lavorò come aiuto regista nei teatri Contemporaneo e Nazionale e come regista nel Teatro Polacco di Poznań e nel Teatro di Danzica. All’inizio degli anni ’60 fondò col musicologo Stefan Sutkowski la Sala da Camera presso la Filarmonica Nazionale.
Come lei stessa ricorda, cominciò a scrivere versi quasi per gioco, quando dettò una poesiola per la nonna malata; la dettò, perché ancora non sapeva scrivere. La sua prima composizione poetica uscì nel 1945 sulla rivista di Łódź L’Amico con il titolo Storiella di un moscerino che nella minestra nuotava. Ma lei considera come suo vero debutto poetico gli Appunti di Zakopane dedicati a Tuwim (Nuova cultura, 1954).
Nel 1952 conobbe il suo futuro marito Jan Kulma, regista, filosofo e musicista. La Kulmowa ricorda: “Facevamo passeggiate nel parco e poi esse si trasformarono in relazione amorosa”. Oltre alla comune passione per il teatro, li univa l’attaccamento allo stesso libro: Il vento tra i salici di Kenneth Grahame, nell’infanzia lui era stato il Tasso e la piccola Joanna il Topo.
Nel 1961 i due coniugi si trasferirono nella campagna di Strumiany, nei pressi di Szczecin. La Kulmowa scrive: “Io amavo il bosco, Jan cercava silenzio e tranquillità per la sua filosofia”. Descrisse così questo periodo della sua vita nel libro Passeggiate a Strumiany: “Anche 35 anni di permanenza in un luogo sono una passeggiata, se non nello spazio – nel tempo. Nel 1968 rischiarono la confisca della loro casa, quando la poetessa si rifiutò di sottoscrivere la decisione del partito di espellere dall’Unione dei Letterati Polacchi lo storico e saggista Paweł Jasienica e lo scrittore e compositore Stefan Kisielecki. Nel 1996 Joanna e Jan lasciarono Strumiany e si trasferirono a Varsavia, donando alla Biblioteca dell’Università di Szczecin molti preziosi ricordi: libri, quadri, mobili antichi.
Nel periodo dello stato di guerra prese parte col marito al boicottaggio degli attori e per questo persero l’unica fonte di sostentamento – la regia. Allora Jan trovò lavoro presso il suo parroco come organista. Negli anni 1996-1998 Joanna Kulmowa fu presidente della Associazione degli Scrittori Polacchi.
La sua creazione comprende 24 raccolte di poesie, in gran parte per bambini,
più di 20 testi drammatici e radiofonici e 5 libri di prosa, tra i quali ricordiamo i romanzi metafisici e ricchi di fantasia poetica Arri, Leocadia! (1965) e La stazione “Mai nella vita” (1967), nei quali esprime ai giovani lettori le sue riflessioni sui contenuti fondamentali dell’esistenza umana e sugli aspetti del mondo contemporaneo. Ma i numeri non rendono la ricchezza del suo linguaggio, la straordinaria semplicità e originalità, né il lirismo, il calore e l’arguzia di Joanna Kulmowa. Scrive Jan Miodek, linguista e professore di scienze umanistiche: “Con assoluta certezza annovero Joanna Kulmowa tra i maggiori maestri polacchi della parola, per la sua ricerca di parole uniche, irripetibili, autentiche. Tutta la sua creazione poetica è come un lavoro artigianale che il poeta deve eseguire abilmente, proprio come un artigiano”.
Tra le poesie per adulti ricordiamo in particolare: Poesie scelte (1988), Il mio supplemento (1990), Richiesta d’infinito (2015), 37 Joanna Kulmowa (2017). In essi la poetessa cerca di conoscere l’Inconoscibile, di esprimere l’Inesprimibile e di toccare l’Intangibile.
Come autrice per l’infanzia Joanna Kulmowa è definita dai critici la Astrid Lindgren polacca. In quasi ogni sua opera la scrittrice esalta la vita e la forza dell’immaginazione, incantata dal mondo naturale e cercando in esso le impronte divine. In uno dei suoi libri scrive: “Io fin dall’inizio sentivo, e poi sapevo, che la mia vita sarebbe stata una lunga serie di miracoli, e ogni giorno mi sveglio con un presentimento metafisico, e ogni sera mi addormento con la stessa fede infantile che domani accadrà qualcosa di straordinario. E ciò accade! Continuamente faccio la conoscenza di persone non comuni, prendo parte ad avvenimenti inattesi”.
Nel 1968 in una sua lettera allo scrittore Kornel Filipowicz, Wisława Szymborska scriveva a proposito di Joanna Kulmowa: “…una mia cara amica e una poetessa grossolanamente sottovalutata”. Oggi questa scrittrice e poetessa è giustamente apprezzata non solo in Polonia per i suoi notevoli meriti letterari, e può vantare il titolo di “first lady” polacca nel campo della letteratura per l’infanzia e per la gioventù. Ha ricevuto diversi prestigiosi premi e riconoscimenti, e le sue opere sono tradotte in molte lingue.
Poesie di Joanna Kulmowa tradotte da Paolo Statuti
Chagall
La fidanzata, la fidanzata,
guarda, l’asinello raglia sul prato.
Io non andrò, là tre candele,
tre angeli che cadono.
Non aspettiamo neanche un istante,
il cielo intreccia corone di pioggia.
Qui si soffoca per troppe farfalle.
Tu ancora vivi? Ancora vivo.
Il fidanzato, il fidanzato,
per me suona il morto Herszel.
Cose terribili in questo villaggio.
Tu ancora vivi? Ancora vivo.
Va’ in cielo. Là riposerai.
Solo non guardare. Non pensare.
Voleremo di sbieco, di sbieco,
finché non ci troveremo mai.
1959
L’infallibile opinione
Oltreoceano in Pennsylwania
lontano da qui eccome!
un tale lasciò in deposito
la sua infallibile opinione.
L’assicurò per una somma ingente
foderandola con dodici tele
poi chissà dove se ne andò.
Si smarrì e non tornò.
Ma l’infallibile opinione trapelava
ed era più insidiosa della lebbra
e scoppiò a un tratto in Pennsylvania
un’epidemia d’infallibili opinioni.
I virus a tiro rapido e precisi
correvano in città come vento velenoso
che diventò davvero mortale
e per molti indecisi fu l’eterno riposo.
Di certo sarebbe morta tutta la nazione
per via di quell’appestamento –
ma qualcuno finalmente alla buon’ora
scoprì la fonte di quel funesto evento.
Se non avesse buttato via quell’opinione
non sarebbe rimasta pietra su pietra.
Grazie a Dio l’infallibilità va in malora.
Anche con l’assicurazione.
1967
Lazzaro
Cos’è?
Una rappresentazione?
Perché io mi strappi di dosso il sudario?
“Guardate come scompare la rigidità cadaverica!”
E voi
sapete freddarvi?
Sapete che significa inerzia?
Già in polvere lentamente mi mutavo –
questo dalla polvere di nuovo mi forma.
Non voglio i vostri occhi sgranati.
Ridatemi il sudario.
Per questo morire nel sudore della fronte,
per questo faticare mortalmente,
per burlarsi di me?
Ecco come si tratta Lazzaro
per la vostra gioia.
Pietosamente lo risuscita dai morti.
Crudelmente lo fa morire due volte.
1988
Le poesie
Le sospetto di pochezza e imponderabilità
mi sospetto di logorrea
grondante al pensiero di mordere il mondo.
Non me ne vogliono per questo
accettano di essere la mia saliva
sono disposte a farlo.
Saltano fuori dalla bocca
con la formula magica di una lepre
volgendo la lingua in metafora
chiudendo una rondine in una gabbia di tre sillabe.
Sgambetto nella mia breve distanza coi piedini dei versi.
Mi affretto.
Tengono il passo con me.
Tengono il passo con le mie parole.
1988
Giuda
Ho creduto alle parole e ai miracoli,
non sapevo fare niente, tranne aver fiducia.
Allora Lui mi chiamò: – Giuda,
tu mi ami più sinceramente degli altri.
Posò una mano sulla mia testa,
dicendo attraverso il calore e il tatto:
– Ho scelto te, perché sei un UOMO,
Ascolta, ascolta, tu bello di bruttezza.
– Ricorda, da te voglio questo:
aprimi la via del martirio,
non secondo me, ma contro di me
tu devi fare la tua scelta.
E la morte del Tuo corpo,
è il Tuo trionfo e il mio peccato.
Per cosa ho ascoltato la Tua dottrina,
ah, io devoto, piccolo uomo innamorato?
Dunque cedere alle Tue esigenze
significa il proprio essere degradare?
Dovevo pur uccidere, perché tu potessi,
o Idea, tramite me te stessa diventare!
1988
Lettera ad Andersen
Io la ringrazio
signor Hans Christian
per le favole molto infantili.
Per lo spazzacamino che amava la pastora.
Per l’usignolo –
perché aveva un cuore vivo.
Per il vetrino della regina della Neve.
E per la triste sorte del soldatino di stagno.
Per la principessa sul chicco di pisello.
Per l’Ombra
che dappertutto mi accompagna.
E per ogni brutto anatroccolo
il quale adesso sa
che diventerà
un cigno.
La polvere
E io amo la polvere.
Amo la polvere
e basta.
Perché quando il sole entra nella stanza
accende granellini danzanti
e balleranno così bene senza musica
i dorati fili
le dorate scintille
i dorati dorati puntini.
E quando si coprirà di polvere il ripiano
si possono con un dito fare righe e cerchietti
e una navicella disegnare e le onde
e andare su di esse quanto più lontano
fino al paese sul tavolo
dov’è la polvere dorata sul campo
e sulla strada dorate nubi danzanti.
E in quet’oro
il sole tramonta.
Non crescere troppo per il sogno
Sembra che per questo si cresce troppo,
che il tempo cambia più del bisogno,
Tu non cambiare, rimani così,
non crescere troppo per il sogno.
Anche se non ti ci trovavi bene,
anche se con esso stavi male,
cambialo un poco, un tantino,
ma non gettarlo a mare.
Diranno che sei ancora bambino,
forse ti rifaranno il verso,
ma tu non badare a loro,
sii così come sei, non diverso.
E anche se non riuscissi a cavartela
nel mondo che cambia più del bisogno,
non preoccuparti, resta come sei,
non crescere troppo per il sogno.
Come sono
Come sono?
A volte alta alta
lacero le nubi coi rami della testa
di aghi
e di scorza di pino mi vesto.
A volte
piccola piccolina
una coccinella davvero
sotto gli arbusti di mirtilli giro
e penso che sia il bosco intero.
A volte
sono una fiamma, un lago ardente
canto
odoro di falò.
A volte sono
un mare verde chiaro.
Negli occhi isole lontane e vicine.
E a volte ancora –
il più volentieri il più spesso –
sono come il cielo stesso
il più vasto
che abbraccia tutto ed è ovunque.
Nella notte aperta con la chiave di violino
O Dio che hai creato gli usignoli senza peccato
e il silenzio della notte per loro nelle fronde
perdonaci per lo stridio dei megafoni
per il torrente inquinato
e per non essere degni di questo mondo.
Per aver tutto intorbidito
stordito
logorato
e per tacere solo quando morti
perdonaci.
Lasciaci sulla nota dell’usignolo
quando il silenzio sull’acqua trilla e cinguetta.
Fa’ che io di nuovo impari il vento la pioggia la quiete
nella notte per l’eternità aperta
dalla chiave di violino
dell’usignolo.
2015
* * *
Si è stretto un poeta a una nuvola.
Il mondo chiassoso passa accanto.
Si è stretto il poeta si è smarrito.
Sta la gente ai bordi e niente vede
stupida.
Istupidite stanno le auto
i tram.
E sulla città il frastuono tace cessa.
La città tace in sé oltre se stessa.
Una nuvola soltanto c’è
non più in alto
non più lontana.
E nella nuvola brilla
la p a r o l a.
2017
Pensi a me
Sono passati inverno primavera estate autunno
e tu pensi a me
o mio bosco lontano.
Quando le api ronzano sui gelsomini
tu pensi a me
con la resina dei pini.
Quando il faggio arrossisce
tu pensi a me
con il rosso che marcisce.
Quando la quercia nuda le foglie indossa
tu pensi a me
con amarezza e con forza.
Dovunque la morte mi porterà
sarò con te
sarò te
o bosco.
2017
(C) by Paolo Statuti
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