La poesia “All’entrata della valle” di Zbigniew Herbert contiene riferimenti sia all’Apocalisse di san Giovanni che ai campi di concentramento nazisti. Là i prigionieri venivano divisi e privati delle loro cose, i bambini venivano tolti alle madri. Successivamente aveva luogo la selezione che doveva stabilire chi restava nel campo e chi invece doveva morire nelle camere a gas. Coloro che nella poesia cantano i salmi sono le persone uccise, mentre coloro che digrignano i denti sono quelli che dovranno soffrire nella realtà del campo. Sembra che questa da me tradotta sia la versione censurata della poesia, e che quella non censurata, ma introvabile, contenesse anche un chiaro riferimento all’invasione dell’Ungheria nel 1956 da parte delle truppe del Patto di Varsavia.
La poesia “Canzone della fine del mondo” di Czesław Miłosz, diversamente dalla poesia di Herbert e dall’Apocalisse, presenta un Giorno del Giudizio tutt’altro che spettacolare, come si prevede che sarà. Fu scritta da Miłosz nel 1943 a Varsavia occupata dai nazisti. Nella sua “Storia della letteratura polacca” (1969), il poeta scrive: «Nella breve e ironica poesia “Canzone per la fine del mondo” Armageddon è permanente, ma sempre seguito dagli alberi in fiore, dai baci degli amanti, dalla nascita dei bambini». Da queste parole di Miłosz possiamo dedurre che il “Dies irae” è un fenomeno quotidiano, e che il mondo materiale esiste come se in realtà nulla fosse successo.
Zbigniew Herbert: All’entrata della valle
Dopo la pioggia di stelle
Sul prato di ceneri
si raccolsero tutti sorvegliati dagli angeli
dall’altura scampata
l’occhio abbraccia
l’intero gregge belante dei bipedi
veramente non sono molti
contando anche quelli che verranno
dalle cronache dalle fiabe e dalle vite dei santi
ma tralasciamo queste considerazioni
spostiamoci con lo sguardo
nella gola della valle
da cui proviene un grido
dopo il sibilo delle esplosioni
dopo il sibilo del silenzio
quella voce suona come fonte di acqua viva
è come ci spiegano
il grido delle madri che vengono divise dai bambini
perché risulta
che saremo redenti separatamente
gli angeli guardiani sono inesorabili
e bisogna ammettere che svolgono un duro lavoro
lei prega
– nascondimi in un occhio
in una mano nelle braccia
siamo stati sempre insieme
non puoi abbandonarmi
adesso che sono morta e che ho bisogno di affetto
l’angelo anziano
sorridendo spiega il malinteso
una vecchia porta
la salma di un canarino
(tutti gli animali sono morti poco prima)
era così dolce – dice piangendo
capiva tutto
quando parlavo –
la sua voce si perde nello strepito generale
perfino il taglialegna
che è difficile sospettare di simili cose
vecchio tarchiato ingobbito
si preme l’ascia sul petto
– tutta la vita è stata mia
anche adesso sarà mia
mi manteneva là
mi manterrà qui
nessuno ha il diritto
– dice
non la consegnerò
quelli che a quanto pare
ubbidivano rassegnati agli ordini
vanno a testa bassa in segno di riconciliazione
ma stringono nei pugni
brandelli di lettere nastri capelli tagliati
e fotografie
che ingenuamente pensano
non verranno tolti loro
così appaiono
un momento
prima dell’ultima divisione
in quelli che digrignano i denti
e in quelli che cantano i salmi
(Versione di Paolo Statuti)
Czesław Miłosz: Canzone della fine del mondo
Nel giorno della fine del mondo
L’ape vola e si posa sui nasturzi,
Il pescatore ripara la sua lucente rete.
Saltano in mare allegri i delfini,
I passerotti si aggrappano alle grondaie
E il serpente ha la pelle dorata, come deve avere.
Nel giorno della fine del mondo
Le donne vanno nel campo sotto gli ombrelli,
L’ubriaco si addormenta sul bordo di un’aiola,
Chiamano sulla strada gli erbivendoli
E una barca con la vela gialla raggiunge l’isola,
Il suono di un violino si diffonde nell’aria
E la notte si apre alle stelle.
E chi si aspettava lampi e fulmini,
Resta deluso.
E chi si aspettava segni e trombe di arcangeli,
Non crede che stia già avvenendo.
Finché il sole e la luna restano lassù,
Finché il bombo visita la rosa,
Finché i bambini nascono rosati,
Nessuno crede che stia già avvenendo.
Solo un vecchio canuto che sarebbe un profeta,
Ma profeta non è, perché ha altre occupazioni,
Dice legando i pomodori:
Una diversa fine del mondo non si sarà,
Una diversa fine del mondo non ci sarà.
(Versione di Paolo Statuti)
(C) by Paolo Statuti
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