Michail Lermontov: 6 nuove versioni di Paolo Statuti

26 Mag

                   *  *  *

Come fiamma di stella filante

Per il mondo non servo a niente.

Il cuore come pietra è pesante,

Eppure sotto c’è un serpente.

L’ispirazione mi ha salvato

Da ogni frivola vanità;

Ma all’anima non sono scampato

Neanche nella felicità.

La felicità che ho implorata,

Alfine è giunta ma, ahimé,

Essa pesante è diventata,

Come la corona per il re.

Ho ripudiato i sogni che avevo,

Ed ora vivo solitario –

Come di un vuoto cupo maniero

Il miserevole proprietario.

1832

Russalca

                            1

Nel fiume turchino russalca nuotava,

E la luna piena l’illuminava;

Cercava di spruzzare fino alla luna

Delle onde l’argentata schiuma.

                           2

Il fiume scrosciava e si torceva

Cullando le nubi che rifletteva;

Russalca cantava e le sue parole

Giungevano alle ripide prode.

                          3

E lei cantava: «Nei nostri fondali

C’è il bagliore dei raggi solari;

Ci sono pesci dorati e perfino

Città di vetro cristallino.

                          4

Là, su un cuscino di sabbia, disteso,

All’ombra di un folto canneto,

Dorme preda della gelosia dell’onda

Un guerriero di una lontana sponda.

                          5

Amiamo i ricci di seta pettinare

Quando scende il buio serale,

E nelle ore del giorno la fronte

Baciare del bel giovane più volte.

                          6

Ma ai baci ardenti, non ho mai saputo

Perché, rimane gelido e muto;

Egli dorme e col  capo sul mio petto

Non respira e mai parola ha detto!…

                          7

Così cantava sul fiume azzurro

Ricolma di travaglio oscuro;

E il fiume tumultuoso scorreva

Cullando le nubi che rifletteva.

1832

Ci lasciammo

Ci lasciammo; ma il tuo ritratto

Io custodisco sul mio petto:

Vaga ombra di anni migliori,

All’anima mia reca diletto.

Sono preda di nuove passioni,

Ma esso è rimasto ancora mio:

Così un tempio vuoto – resta un tempio,

E un idolo abbattuto – resta dio!

1837

Noia e tristezza

Noia e tristezza, nessuna mano tesa

Quando c’è inquietudine nel cuore…

Desiderare è una vana pretesa…

Gli anni passano – il tempo migliore!

Amare…ma chi?…per poco – a che è valso?

Amare in eterno chi mai potrà?

Ti guardi dentro – il passato è scomparso:

La gioia, il tormento, tutto è futilità…

E la passione? – Una dolce affezione

Che prima o poi il senno risana;

E la vita, se osservi con attenzione,

E’ una burla vuota e balzana.

1840

Da solo mi metto in cammino…

Da solo mi metto in cammino;

Nella nebbia il selciato splende;

Silenzio. Il deserto ascolta dio,

E stella con stella s’intende.

Il cielo è mirabile e solenne!

Dorme la terra nell’azzurro manto…

Perché questo dolore e stento?

Qualcosa aspetto o qualcosa piango?

Dalla vita più niente mi aspetto,

E non ho rimpianti del passato;

Io cerco libertà e pace!

Vorrei non pensare, addormentato!

Non nel freddo sonno della tomba…

Sarò felice se dormiranno

Le forze vitali nel mio petto,

E il petto respirerà senza affanno;

Se notte e giorno al mio udito

La voce dell’amore giungerà,

E su di me una verde quercia,

Chinandosi, per sempre stormirà.

1841

 La morte del Poeta

Perì il Poeta – schiavo dell’onore –

Cadde, dalla calunnia diffamato,

Col piombo nel petto e sete di vendetta,

La testa orgogliosa ha piegato!..

All’infamia delle grette offese

Il suo cuore non ha resistito,

E’ insorto contro i pareri del mondo

Lui solo, come sempre, e l’hanno ucciso!

Ucciso!.. Perché ora quei singhiozzi,

Le vuote lodi dopo la morte

E il pietoso mormorio di assoluzione?

Si è compiuta la sentenza della sorte!

Non foste voi i primi a schernire

Il suo libero e audace talento

Attizzando l’incendio che covava

E provando un segreto godimento?

Godete allora…egli non ha resistito

All’ultimo tormento sofferto:

Il suo genio si è spento come torcia,

E’ sfiorito il suo superbo serto.

A sangue freddo il suo uccisore

Ha sparato il colpo mortale:

La pistola non tremava nella mano,

Il vuoto cuore batteva normale.

Come stupirsi?.. Da un paese distante

Egli è giunto come un evaso,

A caccia di fortuna e di gradi.

Gettato a noi dal volere del caso;

Ridendo, ha voluto disprezzare

La nostra lingua e la nostra storia,

Non poteva graziare la nostra gloria,

Non capiva in quell’istante fatale

Su che cosa egli osava sparare!..

E’ morto – e la tomba l’ha ghermito,

Come quel cantore ignoto, ma diletto,

In balìa di un cieco sospetto,

Celebrato da lui con tale passione, e come lui,

Da una mano spietata colpito.

Perché da placide gioie e amicizia sincera

E’ entrato in questo mondo dove impera

L’invidia – per il suo cuore così opprimente?

Perché ha dato la mano a vili diffamatori,

Perché ha creduto a falsi amici e favori,

Lui, che già da giovane capiva la gente?..

Gli hanno preso la sua corona, con una di spine

E di lauro l’hanno sostituita:

Ma crudelmente i segreti aghi

La sua nobile fronte hanno ferita;

Hanno avvelenato i suoi ultimi istanti

Col perfido mormorio di persone abbrutite,

Ed è morto – con vana sete di vendetta,

Con la segreta pena di speranze tradite.

E’ cessato il suono dei suoi magici canti,

Mai più essi echeggeranno:

Il rifugio del cantore è cupo e austero,

Le sue labbra mai più  si schiuderanno.

__________________

E voi, arroganti discendenti

Di padri resi celebri dalle vili condotte,

Voi che avete calpestato le vestigia

Di famiglie offese dal gioco della sorte!

Voi, rapaci ambiziosi attorno al trono,

Carnefici del Genio e della Libertà!

Vi nascondete all’ombra della legge,

Davanti a voi tacciono giustizia e libertà!..

Ma c’è anche il giudizio divino, corrotti confidenti!

C’è un giudice tremendo che vi attende;

A Lui il suono dell’oro non accede,

E pensieri ed opere a priori egli intende.

Perciò non vi gioverà nuovamente

la vostra calunnia consueta,

E non laverete col vostro nero sangue

Il puro sangue del Poeta!

1837  (anno della morte di Puškin)

A M.A. Ščerbatova

Per le catene mondane,

Per i balli estenuanti,

D’Ucraina ha lasciato

Le steppe verdeggianti,

Ma della terra natale

Un’impronta ha conservato

In questo gelido mondo,

In questo mondo spietato.

Come le notti ucraine

Nello scintillio stellare,

E’ intriso di mistero

Il suo fragrante parlare,

C’è il cielo del suo paese

Nei suoi occhi trasparenti,

Le sue carezze scaldano

Come nei deserti i venti.

Come la prugna matura

E’ il suo viso di velluto,

E tra le chiome dorate

Il sole i raggi ha tessuto.

E rispettando l’esempio

Del triste paese natio,

Serba la fede d’infanzia

E la speranza in Dio;

Come tutta la sua gente,

Rifiuta l’altrui sostegno

E con serenità sopporta

La malvagità e lo sdegno.

In lei uno sguardo audace

Non accende la passione,

Ama e non cessa di amare

Se non ha una ragione.

1840

(C) by Paolo Statuti

5 Risposte a “Michail Lermontov: 6 nuove versioni di Paolo Statuti”

  1. Francesco Maggio 26, 2017 a 6:18 am #

    versi molto armoniosi e tradotti con attenzione a trasferire nell’altra lingua tutta l’armonia, e il risultato è meraviglioso. Naturalmente disconoscevo questo autore e ti ringrazio per l’ennesima volta, perchè grazie a questo tuo lavoro riscopro un altro mondo di poesia.

    Buona giornata
    Francesco

  2. bruno bedoni - firenze Maggio 26, 2017 a 3:40 PM #

    bisognerebbe che in giro ci fossero tanti, ma tanti Paolo Statuti. Di conseguenza la gente
    leggerebbe più Poesie e il mondo andrebbe meglio. Ciao. – bruno

    • Paolo Statuti Maggio 26, 2017 a 4:04 PM #

      Grazie per la stima, forse ci sono ma restano sconosciuti…:)

    • Francesco Maggio 26, 2017 a 9:39 PM #

      E’ vero Bruno, la poesia che circola intorno a noi non è mai abbastanza,e questa che arriva dall’Est e sempre fresca, semplice, immediata e genuina. Il lavoro di cesello che Paolo applica nella traduzione è encomiabile
      Saluti

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