Poesie di Paolo Statuti
Vita
Ogni giorno vai smerciando astuta
il logoro corredo dei tuoi stracci,
ti sforzi di ridere e scherzare
ma ogni sera l’ombra ti fa muta.
La bancarella
Anch’io ho una bancarella
nel bazar del mondo
Offro parole fatte in casa
pensieri genuini
intenzioni sincere
ricordi ben selezionati
Offro tutto ciò
che ho accumulato
con cura
e che ancora riesco a trovare
di nuovo di fresco di buono
Non devo gridare
per attirare la gente
basta un sorriso
La sera faccio il bilancio
della giornata:
non è mai poco
non è mai molto
è quello che mi aspettavo
Affrettatevi però
prima che mi scada
la licenza di vendita.
1981
Malinconia
Mi stati attaccata come una piovra
perché una buona volta
non te ne vai al diavolo!
Ti sei offesa?
Scusa non volevo
stasera ti porterò al cinema
e poi al ristorante
facciamo pace?
Lo sai che senza di te
non potrei vivere
che senza di te
non potrei nemmeno morire
1981
Capodanno 1981
Buon Anno
a mia moglie
che grazie a Chopin e ai suoi anni
è sempre giovane e piacente.
Buon Anno ai suoi amici,
provvidenziali gettoni
del suo conforto.
Buon Anno
a mio figlio –
rocchettaro
che a sedici anni
fa la comparsa muta
nel grigio teatro di famiglia.
Buon Anno a mia figlia
che crede ancora
(chissà per quanto)
che la vita
sia un incanto
(grazie Silvia!).
Buon Anno
anche a me
che in una coppa di spumante
annego la lingua –
innocuo sacripante.
Invito
Vieni
nella mia burrasca
trasformati in gabbiano
che ama il cielo plumbeo
e il livido mare
portami
i suoi scrosci di risa
e il suo modo d’amare –
ardenti sguardi
e carezza alate
1982
Riconciliazione
Quanta pena, quanta amarezza,
in fondo all’anima provare,
quando c’è un mare di tristezza
dove si può annegare…
Si vorrebbe tendere la mano,
ma l’orgoglio non lo consente,
e qualunque sforzo è vano,
perché non porta a niente…
Si vuole sorridere e dire
che un bacio è come un fiore,
che non potrà appassire
se finirà il rancore…
Ma non capiamo e non riusciamo,
a volte anche se si vuole
non si riesce a dire: ti amo…
eppure sono solo due parole!
Vecchi tram
Vecchi tram
nella vecchia stazione
fuori uso,
qua e là bucati,
corrosi, sbiaditi.
Vecchi tram
voi m’invitate:
“Perché non sali?”
Un brivido, un sorriso
e un lungo cigolìo
mi danno il benvenuto…
“Avanti c’è posto!
Scusi, scende?
Vietato fumare.
Fermata a richiesta.
E guarda dove metti i piedi!”
E ancora parole…
Vecchi tram –
vecchine
truccate di ruggine e polvere.
Primavera
Nostalgia di primavera:
il cielo solcato da nere ali,
nei campi le ultime
macchie bianche,
il verde forte, veemente,
e le perle delle pratoline,
timide nel mare di smeraldo.
Intorno il bisbiglio degli alberi –
il primo dopo il lungo silenzio.
Silenzio
La luce si stende
sui corpi di marmo
degli antichi eroi
una vecchietta prega
i santi sonnecchiano
fuori il vento
accarezza i capelli
dei campi
Mini intervista
Dica, Paolo,
cosa fa Lei in Polonia?
Cosa faccio?…
Scrivo…
dipingo…
traduco…
ascolto la musica
guardo gli alberi alti
colgo i fiori di campo
seguo le nuvole che scorrono
conto le stelle che brillano
nella corona dell’eternità –
come disse Tagore.
Che cosa ancora?
Ah, sì:
cerco di capire
cosa pensa il mio gatto
che deve sapere molte cose
cerco gli occhiali
o le chiavi di casa…
E altre cose ancora…
E’ poco? E’ molto?
A me basta.
Il gufo
Solchi i flutti della notte
senza gorgheggi senza frulli
scivoli via silenzioso
sovrano del buio
i tuoi occhi – una corona
di topazi e smeraldi.
Come vorrei potermi celare
nelle tue soffici piume
e accarezzare con te
il velluto della notte!
A Masečín
Il gallo chicchiriava presto
la mattina,
ma non m’infastidiva,
anzi mi rallegrava.
Schiamazzavano le galline
e ognuna credeva
d’essere la favorita.
Scrosciava la pioggia
e scorreva via,
scorreva via
come la vita.
Die Kunst der Fuge
Bach si siede:
davanti a lui si spalanca il cielo,
dietro – il silenzio
e il respiro dell’umanità.
All’improvviso dodici note esplodono
dalla tastiera:
potenti, profonde, maestose…
Bach sorride, è felice,
sa che è la voce di Dio.
Le note irrompono, si ripetono,
si rincorrono
tra le canne dell’organo,
si allontanano e ritornano
come eco di sfere celesti.
Seduto nella mia stanza
ascolto un disco:
Bach è con me,
Dio è con lui.
Le dodici note mi danno pace
e conforto,
di tanto in tanto mi chiedono:
senti anche tu la Mia Voce?
Rispondo come in sogno:
Ti ringrazio, mio Dio.
Essere
Essere
come foglia al vento
come fiume scintillante
come sussurro di abete
come soffice nube bianca
come l’alba nei tuoi occhi…
sarei felice
come uccello
che solca lo spazio
con le sue piccole ali.
Senzatetto
Ho dato qualcosa a un senzatetto,
mi ha sorriso e ringraziato:
grazie tante, signore…
vede, io sono schiavo
della mia povertà,
ma sono felice
della mia libertà.
Poi se n’è andato.
Lo guardavo allontanarsi:
lasciava sul terreno
le sue enormi impronte
di umanità.
Ritorni
A volte tornano immagini dimenticate
come nuovo stupore
a volte tornano parole dimenticate
come nuova scoperta
a volte tornano persone dimenticate
come nuova amicizia o nuovo amore
e ogni anno torna
il fresco odore della primavera
e il dorato sorriso dell’autunno
e ogni volta
l’anima ringiovanisce un po’
eppure è sempre più vecchia.
Giewont
Guardando il Giewont
ogni cosa intorno
si fa più piccola
solo l’anima cresce:
si dibatte
nel suo stretto
involucro
e aspira
alla Vetta.
La lettera
Il fruscio delle foglie secche
punge il corpo
come vespa invisibile
sbatte una finestra
con monotona perfidia
oggi anche il sole fa il broncio
sbocconcellato da una grigia trina
che puzza di pioggia
se tu almeno fossi qui
mi diresti
che il fruscio delle foglie
è uno scherzo di Chopin
che la finestra che sbatte
è una tachicardia
e che una lettera non scritta
non è poi la fine del mondo.
Ho visto un uomo…
Ho visto un uomo
con un buco nella scarpa
Il vestito mostrava
il lungo sfregamento
contro il tempo
Si è avvicinato al banco
dei liquori
la vodka nei suoi occhi
sgorgava dalla roccia
saltellava allegra
tra i ciottoli
la fissava pensando
com’è fresca
com’è limpida
peccato…
Mansueto mi ha sorriso
e se n’è andato
come Adamo –
cacciato dal paradiso
Ho visto un uomo
con un buco nella scarpa
Il quinto elemento
Per trovare la terra
fa’ una passeggiata
Per trovare l’aria
spalanca la finestra
Per trovare il fuoco
accendi un fiammifero
Per trovare l’acqua
apri il rubinetto
Per trovare l’uomo
prendi un specchio
Lo riconosci subito
ha testa braccia e gambe
cammina in posizione eretta
vede sente parla
come robot è inodore
come uomo spesso si lava
eppure quando passa
si lascia dietro
una scia selvatica
accumulata dai tempi
della pelle e della clava.
L’aspirina
Bisogna essere malati
e stare in letto
per vedere le crepe nel soffitto –
come i segnacci sul quaderno
per scoprire
che i fiori nel vaso
sono già appassiti
come le mani della nonna
che i libri sono impolverati
come quella strada di campagna
che il gatto nella cartolina
somiglia tanto a Mustafà
che il pavimento
è di color nocciola
come i gelati di Romolo
davanti alla scuola
che un profilo sul muro
sembra quello
del Corsaro Nero…
– A cosa stai pensando,
hai preso l’aspirina?…
Cara vecchia pasticca –
come una calda carezza
in un inverno lontano.
Morte di un amico polacco
Caro Zbyszek,
qui dove frusciano i ricordi
e il sasso geme
sotto il piede amico,
improvviso sei giunto
e subito cortese, esitante,
hai chiesto d’unirti
al coro dei silenzi,
ma immaginarti silenzio
io non posso:
troppo umana e schietta
era la tua voce.
Continuità
L’abito chiaro dell’alba
gli occhi spenti delle case
il pizzicato degli uccelli
il brontolio delle caffettiere
il viavai nei bagni
i saluti plastificati
il grugnito delle vetture
L’abito scuro della sera
gli occhi accesi delle case
le avide occhiate
il clic degli interruttori
il cigolio delle reti
i sogni i ronfi
le coscienze archiviate
Roma
Roma, ogni notte
ti getti nei vortici
del tuo amante
e scorrete insieme
finché la draga dell’alba
non ti ripesca
grondante di luce
e di amore.
Erotico
Taci. Non dire niente,
ascolto il tuo respiro
come canto di uccello
all’alba,
come adagio di ruscello
montano.
Nella stanza buia
a un tratto i fari d’una macchina
e il lampo dei tuoi seni –
come due coppe dorate.
Taci. Non dire niente,
non senti anche tu?..
– il cielo sempre più vicino,
il mondo sempre più lontano…
Le stelle
Perché tutte quelle stelle
quello spreco di argento e cobalto
a chi serve tutto quello sfavillio
perché quei miliardi di sguardi
puntati sulla nostra piccola trottola
che gira tranquilla per i fatti suoi
Forse sono lì per ricordare
che dopo il giorno viene la notte
forse sono solo un ornamento
per la gioia degli occhi
o forse – più probabile –
sono lì per sbalordire
per impressionare
per mettere a disagio
davanti a una nudità
così sfrontata e provocante
Una strada buia
in montagna
camminando a testa in su
pensando
ora la Terra è inerme
sotto il fuoco incrociato
del Cielo
Stelle leggiadre e superbe
sprofondate nel baratro dell’infinito
sembrano sapere qualcosa
e di tanto in tanto strizzano l’occhio.
Betulla
Albero – angelo
albero – ricamo
albero buono
albero pietoso
albero piangente
albero – croci
sei così bianco
che t’incontro da lontano
e subito penso:
compagna che amo
consolante rifugio
bellezza serena.
Ascoltando Bach
Mio caro, diletto Bach,
lascia ch’io ti ringrazi
per la tua musica.
Essa è una dolce visione,
dove cherubini e serafini
cantano in coro
la quiete dell’anima
e la gioia di essere.
Nel fluire delle note
il cuore torna sereno,
le pietre che lo schiacciano
diventano piume,
le catene che lo legano –
ghirlande di fiori.
Le note penetrano
sempre più a fondo,
là dove si ha più bisogno
di conforto e di amore.
Il tuo sorriso
è il sorriso che Dio
ti ha rivolto
quando morendo
gli hai portato in dono
le tue armonie…
le Sue armonie!
La pioggia
Senti?
sul davanzale della finestra
la pioggia esegue
il suo balletto:
passo semplice, passo doppio,
vivace, allegro, smorzando…
Le foglie degli alberi
applaudono in silenzio
per non disturbare la musica
che scende dal cielo.
Sui vetri gli occhi delle gocce
osservano la danza
vibrando di gioia
e di commozione.
La cantina dei ricordi
A volte scendo
nella cantina dei ricordi
prendo una bottiglia
d’una buona annata
tolgo con cura la muffa
e levo il tappo
Già pregusto un sorso
di giovinezza –
il primo segreto
la prima promessa…
ma inatteso un topo
mi passa accanto
e da lontano mi osserva
Nei suoi occhi imploranti
leggo una coltre
di calda soffice peluria
che protegge i ricordi
dalla paura
Gli alberi
Vanno tenendosi per mano
e guardandosi negli occhi
gli alberi –
i milleocchi della terra –
essi guardano soltanto
gli alberi non hanno orecchie –
come potrebbero resistere
al chiasso degli uccelli?
gli alberi non hanno la bocca –
cosa potrebbero rispondere
alla prepotenza del vento?
gli alberi sono felici
senza sentire
gli alberi sono saggi
senza parlare
gli alberi muoiono in silenzio
e il loro ultimo desiderio
è leggere ancora una pagina
di cielo.
La vita
Torno dal lavoro
cammino e penso
un’altra vite in meno
nell’ossatura dell’esistenza
Sento alle spalle
la vita che mi pungola
che ha fretta
Non le interessa
l’uomo che vende le mele
del suo giardino
il bimbo che addenta
una pagnotta
ancora calda e fragrante
la ragazza che scivola via
bella nel suo tailleur
color pesca e leggera
come un alito di vento
la vecchietta che racconta
qualcosa al suo bassotto curioso…
Le interessa soltanto
che io arrivi a casa presto
mi sdrai in poltrona
e osservi come essa
si esibisce alla televisione.
Esortazione
Dove correte!
Fermatevi un istante,
o indaffarati,
spogliatevi dell’abito che ormai
ha il peso della notte,
quando le palpebre
vacillano ubriache,
quando la mente
sta per annegare.
Tutta la vita –
come accendere una sigaretta?
Tutta la gioia –
come premere il pedale?
Sappiate!
Ancora non è spenta
la luce che ignorate e seppellite
ogni giorno nell’asfalto,
luce antica e perenne –
Poesia:
vuoi aspra, vuoi dolce,
vuoi lieta o disperata,
ma sempre ardente,
e mai famelica,
mai spietata.
Natale
Di nuovo è Natale:
sulla grotta brilla la cometa,
dal cielo scende un canto di pace.
La dolce Mamma
culla suo Figlio e tace.
Lo Sposo li guarda con amore
e sussurra:
– Maria, ha gli stessi tuoi occhi,
com’è bello!
Ma il Piccolo trema,
ha bisogno di calore,
allora un bue e un asinello
gli offrono il loro fiato buono.
Il Bambinello sorride,
ringrazia per quel dono,
poi rivolge ai genitori,
agli animali, ai pastori,
al mondo intero
queste sante parole:
– E’ Natale,
da oggi amatevi,
non fatevi del male!
Alba
La betulla si veste di rosa,
gli uccelli accorrono e gridano:
– Come sei bella!
Nell’erba il grillo sbadiglia
e accorda il violino.
Il contadino riprende
la via dei campi,
l’impiegato la via dell’ufficio,
il prete la via della sua chiesa,
ed io riprendo la via dei miei sogni,
sempre così vivi e colorati
sempre così sinceri e…irreali.
In memoria di A.M.R
Dopo tanto sfolgorìo
Dopo tanto logorìo
O incantato esploratore
Delle lettere slave
Instancabile cesellatore
Di fantasiosi accenti
Hai serrato per sempre
La tua bottega di portenti
E hai tolto l’insegna:
U zlaté studnĕ.
La Praga di Jaroslaw
La Mosca di Anna e Marina
La Pietroburgo di Aleksandr
Ti chiamano al Gran Festino…
Va’ non tardare
Sei tu l’ospite d’onore –
Angelo Maria Ripellino.
Invito alla Vergine
Vergine Santa,
sei libera stasera?
Ascolta, ho un’idea…
Per un istante voglio toglierTi
all’angoscia del Golgota,
voglio veder scomparire
le lacrime che rigano
il tuo volto dolente.
In una chiesetta di legno
annerita dagli anni
e immersa nelle betulle,
c’è un vecchio organo
che tace da tempo,
ma stasera
lo soneranno per Te
i tuoi celebri cantori:
Vivaldi, Bach, Schubert
e altri ancora.
Potrai chiedere anche
tutti i bis che vorrai,
essi non Te li negheranno.
Poi alla fine del concerto
ci saluterai felice sulla soglia
e ognuno Ti ringrazierà
e porterà a casa
le tue dolci sembianze
nel cuore.
Vergine Santa,
sei libera stasera?
Ascolta, ho un’idea…
Pasqua
Tre giorni al buio
e nel silenzio del Sepolcro,
poi esplodono la luce
e le trombe degli angeli.
In pochi secondi
la Risurrezione!
La profezia si avvera,
Cristo vola verso la sommità
dell’universo
e lancia al mondo la sua promessa:
un giorno tornerò…
La Croce cui era inchiodato
è diventata il trono
dell’Eterno Amore.
Tramonto
Le case paonazze
si coprono gli occhi
coi verdi palmi
delle persiane
Un cane scodinzola
spargendo
aghi di sole ramati
Il mare
contagiato dallo sbadiglio
dei pesci
rimbocca le onde
preparando il giaciglio
alla notte.
Passeggiata
17.00. Ti parlo,
ma non è la mia voce,
essa tace,
ti parla la voce del bosco.
19.00. Ti guardo,
ma non coi miei occhi,
essi sono offuscati,
ti guardano gli occhi delle stelle.
20.00. Ti sorrido,
ma tu non mi vedi,
ti accecano le fiamme del tramonto.
Ora scenderà dal cielo un angelo
e le spegnerà
sotto una coltre di cobalto.
Preghiera
Mio Dio,
sapienza eterna e infinita,
signore dell’universo,
creatore della vita,
essa è labile come filo d’erba
ma assai ricca di tuoi portenti.
Ascolta la mia preghiera:
dammi la forza di amare,
la saggezza per ben operare,
la speranza per non soccombere,
la fede per credere fermamente
che Tu sei il mio buon Padre,
che mi ami e mi proteggi
in ogni istante.
Lo so, tante volte ho peccato,
ma per la tua pietà
oso sperare, mio Dio,
che mi perdonerai
e mi sorriderai
nell’ora del supremo addio
alla vita mortale.
Amen.
Ascoltando Strauss
Trin…trin…trin…
tum…tum…tum…
zing…zing…zing…
zannnnnnnn!
sussurrano le note tra loro
rimbalzano sulle spalle nude
si rincorrono tra le vesti-campane
si riflettono sugli alamari d’oro
sulle scarpe-specchi
i violini accarezzano l’aria
i flauti sorridono
i tamburi esultano
i lampadari impazziscono di luce
un fiume scorre
un pipistrello fischia
un bosco racconta
donne vino canto…
caro Strauss,
dovevi essere tremendamente felice
o anche tremendamente triste.
Solitudine
Solitudine
dell’ultimo fiore
che muore nel giardino,
del nido tra i rami
d’un albero spoglio,
della cassetta della posta
eternamente vuota.
Solitudine
d’un cane abbandonato
e d’un uomo
al suo ultimo respiro.
In treno
Torno a Varsavia
il treno scivola via
sui pattini-rotaie
tempo e spazio
racchiusi nel vagone.
Nel campo una mucca
suona il fagotto
e concede bis
che nessuno richiede.
Ritorno dalla Russia
Ho fumato l’ultima Stoličnaja,
ho bevuto l’ultimo goccio di vodka,
ma rimangono i ricordi
rimane la nostalgia…
Sante chiese di Russia,
incanto di tombe – altari:
tomba di Lev , bella e solenne,
tomba a Peredelkino , come un’icona,
candele a Peredelkino, fragili e vibranti,
alla vostra luce religiosa
io dico spasibo
e ripeterò spasibo
ormai per sempre.
Don Chisciotte
Cavaliere della Mancia,
ti vedo alle prese coi giganti.
Dulcinea come sempre
ti è accanto e ammira
il tuo coraggio,
sicuramente ti ama.
Anche Sancio a modo suo
ti ama e ti dà consigli,
ma tu giustamente
non lo ascolti.
Ecco ora sei partito
a lancia bassa,
ma…che succede…?
Dei maligni stregoni
hanno trasformato i giganti
in mulini a vento
e una pala ti ha colpito in pieno.
Ora Sancio si ubriacherà
dal dispiacere.
Ronzinante farà un nitrito
di plauso,
scoprendo i denti gialli
e cariati.
E la dama del Toboso
ti bacerà ,
facendoti arrossire.
Don Chisciotte,
patrono dei poeti,
ogni notte in cielo
vedo la tua stella,
non posso sbagliare,
perché è l’unica stella errante.
Dipingendo l’autunno
Siedo
i colori attendono
e si chiedono:
quale sarà il mio posto?
Guardo:
il verde mi consola
il giallo mi illumina
il rosso mi rallegra
l’azzurro del cielo mi ispira
i colori attendono
e sanno
che troveranno un posto
sulla tela
e pazienti mi guardano…
Autunno
La pioggia
dietro i vetri
le foglie piangono
lacrime – cristalli.
Leggo un libro
a tratti guardo
e penso:
vorrei dissolvermi
nel tuo umido tepore
e lambire le tue labbra
o Autunno – Amore.
Amo la primavera…
Amo la primavera,
ma mi commuove l’autunno,
che nasce
dal caldo grembo dell’estate
e muore
nel freddo abbraccio dell’inverno.
Necrologio
Sai, è morto…
Ma no! Davvero?
Un coro di elogi
sospiri e pianti.
Ma perché?
Là di sicuro egli è felice,
la sua tomba
sguazza nell’erba,
ascolta un concerto di allodole,
un terso ruscello lo disseta
e in esso
come un chiassoso corale –
russano le rane.
Il sorriso della rosa
Ad Olga
Quando la rosa si schiude
sorride
e dai petali affiora l’anima,
come dal viso della Gioconda.
Il suo colore non conta,
la rosa è sempre bella,
e sorride…sorride
fino all’ultimo sospiro.
Le spine sono il suo destino,
il suo ornamento ingiunto,
la lieve malinconia
del suo sorriso.
Sainte-Victoire
A Catherine
Sainte-Victoire,
che tanto hai dato
e ricevuto
da Cézanne,
e sei stata compagna
delle sue gioie
e dei suoi timori,
nei ritratti che ti ha fatto
si leggono
le vostre due anime
unite,
e si sentono
le note della tua sinfonia.
Adesso siedo davanti a te
con i miei colori
e ti guardo incredulo,
provando anch’io
gioia e timore.
Perdona la mia ambizione,
credimi:
è un mio vecchio sogno
che solo oggi si avvera.
Amore
A Rosy e a Claudio
Amore, oggi pensavo…
quante belle parole scritte su di te,
che riempiono più la bocca
che il cuore.
Quante facce ti hanno dato,
quante volte ti hanno visto:
nell’uccello che imbecca i suoi piccoli,
in un pane dato a chi ha fame,
nella cura di un lebbroso,
nel pianto di una vedova
e in quello degli orfani,
nella gioia dell’amore corrisposto
e nel dolore di quello respinto…
Quante volte ti hanno letto:
nelle poesie e nei quadri,
nella lettera di san Paolo,
nelle lettere di un soldato dal fronte…
Quante volte ti hanno sentito
nella musica di Chopin…
Anch’io ti ho incontrato tante volte
e ho creduto
di capire il tuo segreto,
eppure mi sei sempre così lontano…
E pensando,
a un tratto mi è venuto in mente
l’amore mercenario
della Maddalena
e le parole di Cristo:
– Io ti perdono, va’ e non peccare più!
Dimmi dunque, amore,
è questo il tuo volto più vero?
E’ questo il tuo segreto?
Musica
E’ l’alba. La luce
bacia le tenebre
e il silenzio del cielo
accoglie il risveglio
della terra,
i suoni ritornano,
le voci umane
si fondono e coprono
il pianto di chi nasce
e il gemito di chi lentamente
si spegne,
come le note di un accordo.
Il sospiro del vento
accompagna
la marcia dei pellegrini
e i rintocchi della campana
portano sollievo,
come fresca mano
su una fronte ardente.
Giulietta
A Verona
c’è un balcone
scoperto da un poeta
guidato dall’amore.
Quando cala la sera,
sotto la luna,
diventa il salone
dove Giulietta
ballava con Romeo.
Chiunque può salirci,
incontrare Giulietta
e dirle: ti amo.
Un giorno lo feci anch’io,
sorrise e rispose,
lo sguardo fisso lontano:
– Conosci la mia storia,
io sono morta con lui…
Romeo…Romeo…
forse solo il suo amore
era vero…
Natale polacco
A Marek Baterowicz
Caro Zbyszek,
neppure a Prima Porta
riposi in pace.
Sognavi una Vigilia
di gioia serena,
ma di colpo
è cambiata la scena:
fischia un vento gelido
che scuote la Grotta,
in ginocchio nel fango
la Madonna trema,
sparano ai pastori,
la neve si arrossa.
Inoltre piange a dirotto
e mancano gli ombrelli
della rassegnazione.
Sognavi il Natale,
ed è la Passione.
Roma, Natale 1981
La finestra della vita
Sul muro del convento
c’è una piccola nicchia
chiusa da una finestrella.
Qualunque madre può aprirla
e deporvi il “frutto del suo seno”.
Tu inizi così il tuo cammino:
da una parte respinto,
da un’altra accolto da un sorriso.
Tu ancora non capisci
le vicende della vita,
guardi tua madre
che si allontana furtiva
e aspetti che torni…
A un tratto senti un campanello
e il grido di gioia
della suora che ti ha visto,
ma tu ti spaventi
e scoppi a piangere:
no, non è tua madre,
lei aveva gli occhi chiari…
Poesia
Se non sai cos’è la poesia,
immagina d’esser sordo
e udire scendere
dal cielo un accordo…
immagina d’esser cieco
e vedere accendersi
il fuoco del tramonto…
immagina d’esser muto
e poter dire:
tu piccola stella
risplendi, tremando
d’infinito…
Riflessione di Capodanno
Mio Dio,
sono stanco:
stanco di vedere le ossa sporgenti
e gli occhi spenti
dei bambini che muoiono di fame,
stanco di vedere i vecchi
tristi e abbandonati,
stanco di guerre, violenze,
intolleranza, incomprensione,
tradimenti, ipocrisie, disprezzo e odio,
stanco perché nella vita
mi hai concesso di fare molto.
Tu hai creato la Terra e l’uomo,
ma gli hai dato la possibilità
di fare il male.
Perché? Perché l’hai fatto?
Certo, hai creato anche il bene,
ma quanto è difficile
incontrare questo sfuggevole compagno,
guardarlo negli occhi,
piangere di gioia e sussurrare:
finalmente ti ho trovato,
d’ora in poi cammineremo insieme…
In questo fine anno
auguro a tutti questo luminoso e felice incontro.
Mio Dio,
perdonami questo sfogo
e sorridimi…
sono stanco, tanto stanco.
Quando mi chiamerai?
Quando potrò riposare?
2009
Amore
Amore che incanti e tradisci
che infiammi e ferisci
che illudi
che ami, che uccidi…
Quante volte ti ho chiesto:
dimmi, in realtà chi sei –
il buon samaritano
o l’eterno ciarlatano?
E in risposta ho sempre visto
sul tuo dolce viso
un ironico sorriso.
Il vecchio albero e il fiore
Vedi, cara?
La mia corteccia è già crepata
come argilla arsa dal sole,
il sole che ho tanto amato
pur essendomi così lontano…
Nella mia lunga vita
ho visto tanti fiori
intorno a me,
ma non tutti mi apprezzavano,
non tutti mi amavano,
e nessuno era come te
che senti tra i rami
il mio cuore pulsare
e vedi con le foglie
i miei versi vibrare.
Ti ringrazio,
come la vela ringrazia il vento
che ancora la spinge sull’onda
verso l’ultima sponda.
Sherazade
Sei ancora a Bagdad,
il tuo abito è sempre lo stesso:
tulle, seta, ricami dorati,
gioielli alle dita,
un diadema sui capelli sciolti,
cammini agile e leggera,
quasi danzando.
Sì, sei sempre la stessa,
ma adesso nei tuoi occhi ambrati
leggo fiabe diverse
di rovine e morte.
Sei sempre a Bagdad
ma soltanto io ti vedo,
nessuno ti riconosce
e forse neanche ti ricorda.
Ti chiamo, ti chiedo
di fermarti un istante,
ma tu non mi vedi,
non mi senti e prosegui
alla ricerca
del tuo mondo incantato
delle tue notti inebrianti.
Addio, Sherazade!
Pittura all’aperto
Siedi davanti alla natura:
guarda, concentrati, sii umile
e pronto a sentire
i suoi fremiti e sussurri,
il suono dei suoi colori.
Essa guiderà la tua mano,
affinché nel tuo quadro
ci sia un soffio
della sua immensa anima
e almeno una piccola ombra
del suo immenso amore.
10 aprile 2010
prima silenzio
poi un rombo
uno schianto
uno scoppio…
poi di nuovo silenzio
nel bosco di Smolensk
e in milioni di cuori
polacchi.
Foglie d’autunno
Chi dice che l’oro non arrugginisce?
Guarda le foglie d’autunno
che muoiono smentendo la Natura…
Prendine una che già adorna il suolo,
accarezzala con lo sguardo
e posala tra le pagine d’un libro…
Un giorno ti servirà per ricordare:
l’oro – i momenti più belli,
la ruggine – che sei mortale,
e quando sarà giunta l’ora
restituiscila all’aria, alla pioggia,
al vento, al sole, alla terra,
alle tante compagne care
che l’hanno preceduta,
come aprendo la gabbia a un uccello
che ancora canta e scuote le ali,
ma che ormai non sa più volare.
Dalla mia finestra
I rami oscillano,
le foglie tremano,
il cuore ricorda
un motivo antico:
forse una ninnananna,
forse una barcarola;
intorno lo spazio riempito
di soffi colorati,
come in un paesaggio
di Cézanne.
La nostra Terra
Su questo granello dell’Universo
c’è chi odia anziché essere indulgente
chi uccide anziché amare
chi vuole la guerra anziché la pace
chi distrugge anziché proteggere
chi arraffa anziché elargire
chi delira anziché ragionare…
e i saggi animali guardano increduli
e non riescono a capire
mentre l’occhio di Dio
che tutto vede
aspetta tollerante
che l’Uomo ritrovi il senno
finalmente
su questa nostra Terra
così inerme e tuttavia
così arrogante.
2010
Vecchio violoncello
Vecchio violoncello
annerito dal tempo
e accantonato
come una cosa inutile
ora sei come un fiume
di voci imprigionate
di carezze represse
sei come un nido abbandonato…
Ricordo il nonno
che ti stringeva a sé
per eseguire “il Cigno”
tutta la casa allora si fermava
per ascoltare
e anche gli uccelli tacevano
solo le tende vibravano
la sala si mutava in un lago
e il cigno scivolava via
fiero della sua bellezza
e del suo soffice candore
e noi lo seguivamo…
Com’è irreale
ora il tuo silenzio
rotto soltanto
dai rumori della strada
che non cessano mai…
HAIKU
Pittore – autunno
con l’ultimo colore
indora il bosco
Il lago indossa
il cappotto di ghiaccio
e si addormenta
La foglia cade
e con le labbra arse
bacia la terra
L’arpa del fiume
e gli zufoli – uccelli
danno un concerto
Quiete di neve
qua e là interrotta
dalle cornacchie
Coi mille occhi
gli alberi leggono
brani di cielo
Sereno il grano
attende il carnefice:
la falciatrice
La vela gonfia
scortata dai gabbiani
gioca col vento
La formichina
trascina il suo fardello
ha il fiato grosso
Cigola il carro
lontano gli risponde
una campana
La mia Musa
Non so dove vive la mia Musa:
forse in una conchiglia
in fondo al mare
in un soffione dissolto dal vento
in un fiocco di neve
o anche in un tenero bacio
in un mite sorriso
in un pianto sommesso
in un grido disperato
forse vive in tutto questo
e in altro ancora…
La mia Musa è parca e modesta
non mi lusinga non mi vizia
anzi mi visita di rado
appare sempre all’improvviso
con un lampo di gioia
si avvicina sfiora
le mie docili corde
col suo magico archetto
e mi sussurra:
adesso ascolta e scrivi…
Domani
Domani di nuovo
il chiarore dell’alba mi sveglierà
con un respiro di sollievo
con un soffio di speranza
Domani di nuovo
le ore passeranno veloci
come antilopi in fuga
Domani di nuovo
cercherò risposte
ad astruse domande
e di nuovo ascolterò
il lieto canto della Natura
e le chiacchiere della gente
Domani di nuovo
spegnerò la luce
e mi addormenterò
nella gioia del silenzio.
L’ultimo desiderio
Morire solo
all’improvviso
senza un commiato
senza un sorriso
tendendo le braccia
come estremo saluto
al mondo perduto
ed entrare nel nuovo
serenamente
senza pretese
senza chiedere niente
solo di poter volare
nell’infinito
leggero e contento
come foglia al vento
Riflessione di Capodanno II
Vedo un ragno che tesse la tela,
la falena pazza di luce,
l’onda che rincorre l’onda,
il sole che sorge e tramonta,
l’iride che fende il cielo,
vedo un sorriso, un fiore…
di questo – grazie, o Signore!
Sento le note di un corale,
il fischio di un uccello,
le carezze del bosco,
la pioggia sul tetto,
la voce del mare,
il battito del cuore…
anche di questo –
grazie, o Signore!
E guardo la volta celeste
in una notte serena
e vedo miliardi di stelle,
e Ti chiedo: perché?
Perché hai creato
questo firmamento
misterioso e infinito,
che nel mio mondo
mi fa sentire
inerme e smarrito,
e come in bilico
su uno strapiombo?
Perché?
Tendo l’orecchio ad una spiegazione
e dall’alto mi giunge la Tua voce:
– E’ così com’è e non c’è una ragione!
2011
Il terremoto
Quando la terra comincia a tremare
all’improvviso
in un’ora qualunque
del giorno o della notte,
il cuore si stringe,
il sangue si gela,
negli occhi leggi la paura,
un istante sembra un’eternità.
Non sai quanto durerà ancora…
Che fare?
Sai soltanto che devi scappare,
scappare prima che il tetto –
tuo rifugio finora –
diventi la tua tomba.
E intanto la terra romba
e senti solo boati e schianti,
e grida e pianti,
e intanto qualcuno muore…
Ti guardi intorno:
la strada è deserta e spaccata,
le case sventrate,
le chiese crollate
e in mezzo al polverone
tra le macerie,
un cane cerca il suo padrone…
2012
La mia ultima preghiera
Mio Dio,
quando mi chiamerai,
accoglimi con un sorriso
per come sono,
per quello che ho fatto
e non fatto nel bene e nel male,
non essere un giudice severo,
sii misericordioso,
ma con tutto il cuore t’imploro,
non farmi tornare mai più
su questo Pianeta:
potrei essere un corrotto
o un terrorista,
un padre senza lavoro
oppure un analfabeta,
un mafioso o un camorrista,
un bambino che muore di fame,
un clandestino annegato,
una donna violentata,
una pianta malata tra i rifiuti,
un pesce soffocato dalla plastica,
un uccello avvelenato
dall’aria inquinata.
Se devo rinascere, mio Dio,
trovami un luogo
nell’immenso universo,
lontano dall’uomo
e vicino ai saggi animali,
e se mi vedrai triste e solo
mandami un Tuo angelo
con tre ali,
sì, un angelo poeta,
musicista e pittore,
con una poesia da tradurre,
una cantata da ascoltare
e una tela da dipingere insieme.
Grazie, mio Dio e adesso –
l’ultimo favore –
che la mia anima
sia per sempre preda
del Tuo Infinito Amore!
Canto amaro
Tre soldati sopra un carro,
tre come tanti altri.
– Che fai?! E’ disarmato!
– Fermo! E’ un ragazzo!
– E con questo? Lo stendo io!
– Perché lo hai fatto?!
Quando il sole cala
perché non riposi?
Non profanare il silenzio,
nascondi il fucile,
taci, dunque!
Le tue vane parole
offendono la notte.
Quanti torti, mio Dio!
Quanto sangue e pianto,
le lacrime sono cristalli
che brillano invano,
lo so, ma il riso è infame.
Ascolta! Qualcuno chiede:
– Vuoi morire?
Non temere,
un cieco non vede,
un sordo non sente.
Quei soldati sul carro
li conosco da tanto:
uno mi difenderà,
uno mi libererà
e uno mi ucciderà.
E così finirò
tra le mummie del passato
accanto a un fiore che nasce
per milioni di affamati,
per milioni di condannati
all’odio eterno.
Sventola un vessillo bugiardo
e il vento è suo complice,
c’è scritto: “Pace e libertà”.
Ma quando sarà?
Ride il vento e mi risponde:
– Non lo saprai mai.
Triste presagio…
Cammino lentamente
lungo un sentiero erboso,
mentre la luna
lascia a malincuore
un filo d’erba, un fiore,
l’impronta dei miei passi
al primo sole.
Un cane abbaia,
forse cerca una compagna,
passa un vecchio e mi guarda
indifferente,
sembra chiedermi:
– Dove vai?
Tanti anni ho trascorso
e nessuno mi conosce…
Cosa pensi? Che vuoi fare?
Passa una vecchia
in abito nero,
la faccia bianca,
lo sguardo amaro…
Barcolla e sputa
sulle verdi foglie
coperte di rugiada.
Mi grida: – Hai sbagliato strada!
Il sentiero è chiuso,
ci sono i soldati
che non lasciano passare.
Mi annoia la sua voce roca:
– Ci sono i soldati, ti spareranno,
torna indietro,
oltre quel sentiero
non c’è amore,
non c’è speranza.
Mi guardo intorno e ascolto:
silenzio e solitudine.
Mi nascondo, sento uno sparo,
il sole all’improvviso
non riscalda più il mio corpo,
ho paura,
ma perché…
se già sono morto?
1969
Quando me ne andrò…
Quando me ne andrò
resteranno le medicine
che prendevo mattina e sera
(se mi ricordavo)
i vestiti le scarpe
che forse andranno
a un immigrato
peccato che non vedrò
come gli stanno
resterà un calzino bucato
che mia moglie
voleva rammendare
un mucchio di carte e di libri
che poi bruceranno…
una poesia non tradotta
una tela non dipinta
un corale non ascoltato
un “ti amo” non detto
un sorriso non fatto…
e una macchia di caffè
sulla scrivania
che per quanto abbia fatto
non è mai andata via.
Quando me ne andrò
Resterà tutto questo.
27.1.2015
Lampedusa
L’Italia! Lampedusa!
Sono arrivati
sfiniti affamati
ma felici
si abbracciano
sorridono
piangono di gioia
vogliono lavorare
vogliono vivere!
Sognano un’officina
un cantiere
una pizzeria
un supermercato
sono in tanti
su quel barcone sgangherato
e tutti vogliono
la stessa cosa:
un sorso d’acqua
un po’ di pane
ora la terra
è a portata dei sogni
è così vicina
incredibilmente vicina
eppure…no…
è lontana
ancora lontana
troppo lontana
inaspettatamente lontana…
lontaaa…looonnn…
looooo…
lll…aaa…!
4.10.2013
Il pianoforte
Pianoforte di casa mia,
pieno di tarli e di nostalgia,
che bel suono un tempo avevi,
quanti applausi ricevevi!
Ora sei solo con le corde antiche –
le tue mute care amiche.
Ricordo che cantavo con te
Fior di giaggiolo: eravamo in tre
con la mamma che accompagnava,
mentre Beethoven ci guardava.
Vicino a te pende ancora il diploma
che la mamma prese a Roma.
Ora vivi solo di ricordi
di tante note, di tanti accordi.
Chopin ti ha lasciato la sua impronta
e quando fuori la pioggia gronda,
risuona il preludio della goccia,
che batte e ribatte sulla roccia…
Vecchio pianoforte così scordato,
Pieno di acciacchi e così forato,
La polvere che copre la tua armonia
è la cipria del tempo che vola via.
2015
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