Maksimilian Vološin (1877-1932)
Poesie di Maksimilian Vološin tradotte
da Paolo Statuti
* * *
Io, in preda al meriggio,
Come robusto vino,
Profumo di sole e di menta,
E di vello ferino.
La mia carne è abbronzata,
La figura è robusta e tesa,
E dell’amaro corpo
Sono umide le mani.
Nel deserto rosso-rame
Non turbare i miei sogni:
Mi sono ostili le schiave
Della luna umido-mortale –
L’odore di gigli e di muffa
E di acqua stagnante,
Il profumo di verbena e vaniglia
E della folta atrepice.
10 aprile 1910
Koktebel’
Formula magica
Dal sangue versato nelle lotte,
Dalla cenere dei mutati in cenere,
Dai tormenti delle progenie giustiziate,
Dalle anime segnatesi nel sangue,
Dall’amore che odia,
Dai delitti, dai furori –
Nascerà la retta Russia.
E per essa soltanto prego,
E credo ai propositi immemorabili:
La forgiano con un colpo di spada,
Essa si pone sulle ossa,
Essa si santifica nelle furiose battaglie,
E’ creata sulle ardenti reliquie,
Si fonde nelle folli preghiere.
19 giugno 1920
Koktebel’
Sul fondo dell’inferno
Alla memoria di A. Blok e N. Gumiljov
Ogni giorno sempre più selvaggia e più sorda
La livida notte intorpidisce.
Un fetido vento, come candele, le vite spegne:
Non si può chiamare, né gridare, né aiutare.
E’ cupo il destino del poeta russo:
Un fato inesplicabile conduce
Puškin sotto la canna della pistola,
Dostojevskij al patibolo.
Forse estrarrò una simile sorte,
Amara infanticida – Russia!
E perirò nel fondo dei tuoi sotterranei,
O in una pozza di sangue scivolerò,
Ma il tuo Golgota io non abbandono,
Alle tue tombe io non rinuncio.
Mi distrugga la fame o la rabbia,
Ma un’altra sorte io non scelgo:
Se devo morire morirò con te,
E con te, come Lazzaro, risusciterò dal sepolcro!
12 gennaio 1922
Koktebel’
* * *
Noi ci siamo persi in questo mondo.
Noi nei cupi sotterranei. Noi,
Come bambini, l’uno all’altro stretti,
Timorosi negli abissi del buio.
Sui fiumi dei morti lo scroscio dei remi;
Orfeo la cara ombra chiama.
Qualcuno ci ha gettati l’un verso l’altro,
E qualcuno di nuovo ci dividerà…
Impotente dolore. Grida senza suono.
La mano ancora nella mano brucia.
E un’umida pietra lontano
Sussurra il nome di Euridice.
29 giugno 1905, Parigi
* * *
Nell’ambrato sopore del meriggio
A te simili passano oltre le spose,
Nell’animo turbato cantano solenni
Le trombe di Tiepolo e i flauti di Giorgione.
E fastoso è il sogno: i lauri e l’acanto
Sui marmi dei terrazzi, e le arcate d’acqua,
E dei giardini chiusi i fragranti recinti
Di amaro bosso e di ghirlande di edera.
Mutando il silenzio nel lieto suono del convito,
Tu passi, ridendo, tra le piume e le spade,
Tra i volti tristi e sagaci e le brillanti favelle
Dei giullari di Velazquez e degli stolti di Shakespeare…
Ma io non li vedo…Il tuo stanco sembiante
Mi brilla isolato sullo sfondo del Rinascimento,
Sull’oro annerito delle maioliche spagnole,
Sul verde azzurro della ceramica persiana…
1 febbraio 1913
* * *
Questa notte io sarò una lampada
Nelle tenere tue mani…
Non romperla, non soffiare, non cadere
Sui gradini di pietra.
Portami con cautela
Attraverso il buio del tuo palazzo, –
Cominceranno a battere più trepidi,
Più sordi i nostri cuori…
Nella grotta dei tuoi palmi –
Piccola fiammella –
Io arderò come icona…
Non sei tu che mi hai acceso?
8 luglio 1914
(C) by Paolo Statuti
Che bravo che è signor Statuti. Poesie stupende di grandi poeti russi poco pubblicati in Italia che solo grazie a lei si possono godere. La ringrazio di cuore